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Cronaca

"La pagliuzza e la trave", conferenza ornitologica a Padova

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PadovaOggi

"Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo? Come puoi dire al tuo fratello: 'permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio' e tu non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello".

"La pagliuzza e la trave" è il titolo scelto dagli ornitologi Stefano Bottazzo e Aldo Tonelli per la conferenza tenutasi il 19 febbraio a Padova. L'argomento della serata riguardava principalmente le specie ornitiche che stanno scomparendo dagli ambienti padovani e quelle che, nonostante tutto, continuano a vivere. 
"Ci avviamo verso primavere silenziose - affermano Tonelli e Bottazzo citando la biologa statunitense Rachel Carson - ma non certo a causa di gabbiani reali, dei corvidae e ancor meno degli utilissimi rapaci. Il dito lo dobbiamo puntare contro di noi".
"Ci dedichiamo a vere e proprie cacce alle streghe nei confronti di alcuni uccelli e altri animali solo perché onnivori e altamente adattabili - spiegano gli ornitologi della Lega Italiana Protezione Uccelli - ma ignoriamo e ci discolpiamo dei veri problemi che stanno mettendo in ginocchio la biodiversità: i cambiamenti climatici causati dall'uomo, la caccia legale e illegale, l'inquinamento, l'urbanizzazione, l'agricoltura, l'allevamento e la gestione forestale intensivi, i nostri comportamenti insostenibili per l'ambiente e per il Pianeta".
I due ornitologi, stanchi di sentir parlare di "corvi", mostrano la scheda da loro compilata nell'aprile del 2003 per la Commissione Ornitologica Italiana, dove segnalano una grossa scoperta ornitologica: la nidificazione di una coppia di corvo comune (Corvus frugilegus) nel comune di Due Carrare, nella pianura ad est dei colli Euganei, lungo un canale stretto tra la campagna intensamente lavorata a monocolture, i mezzi agricoli in movimento e il traffico stradale dall'altra parte.
Eh sì, perché di corvi comuni, specie Corvus frugilegus, se ne vedono proprio pochi. Notizie del corvo come specie nidificante in Italia, fino alla scoperta di Tonelli e Bottazzo nel 2003, risalivano alla fine dell'Ottocento e ai primi anni del Novecento.
"Ma come?! Se se ne vedono tantissimi?!" penserà il "Riccio curioso". Ma quello che il "Riccio curioso" non ha la pazienza di imparare è che i Corvidae sono una famiglia di passeriformi di taglia medio-grande e che quelli che si vedono negli ambienti padovani sono perlopiù gazza (Pica pica) - che non è ladra - e cornacchia grigia (Corvus cornix). Non solo, il "Riccio curioso", nonostante il nome, non ha la spregiudicatezza mentale di conoscere che i Corvidae non si alimentano solo di uova e juvenes di altri uccelli (comportamento per di più limitato a pochi mesi all'anno) ma anche di insetti, semi, nocciole, bacche, rifiuti, carogne, ecc. Ecco un esempio di come, nell'immaginario collettivo, una "pagliuzza" possa trasformarsi in una "trave". Non solo. Gli ornitologi, con l'aiuto di molte fotografie da loro scattate, hanno mostrato come la ghiandaia (Garrulus glandarius), anch'essa della famiglia dei Corvidae e anch'essa diffusa negli ambiente padovani, trasporti nel becco e nel gozzo ghiande, faggiole e semi di carpino che nasconde come riserva invernale. Dimenticandosi poi di queste riserve, favorisce la diffusione sul territorio di querce, faggi e carpini (piante autoctone, pregevoli e benefiche).
La taccola (Corvus monedula), laddove si insedia, tiene sotto controllo le popolazioni di piccione torraiolo (Columba livia varietà "domestica"), divenuto selvatico a seguito di fuga da colombaie e allevamenti a opera dell'uomo, originato dalla selezione in cattività del piccione selvatico (Columba livia), quest'ultimo sempre più raro e a rischio estinzione come specie pura, a seguito dell'inquinamento genetico da parte del piccione torraiolo (quindi, ancora una volta, a causa dell'uomo). Piccione selvatico presente solo in siti remoti e selvaggi dell'area mediterranea e dell'Europa orientale.
"In una campagna in buona salute - proseguono i due arguti osservatori - convivono diversi microhabitat, come rii e risorgive d'acqua graditi alla ballerina bianca (Motacilla alba), campi, pascoli e radure dove il gheppio (Falco tinnunculus) trova da mangiare, siepi campestri, fasce boscate tampone e frangivento dove si posa l'averla piccola (Lanius collurio) alla ricerca di insetti, campi coltivati dove arriva la pavoncella (Vanellus vanellus), boschetti alternati a coltivi dove si raggruppano i colombacci (Columba palumbus), stagni e fossati prediletti anche da rane, rospi, utili e non pericolosi serpenti.
È invece nella campagna degradata da monocolture intensive, da sempre nuovi e interminabili quartieri residenziali e zone industriali, strade, rifiuti, spogliata di alberi e filari, stagni e fossati, che resistono le gazze, le cornacchie, i gabbiani (solo perché adattabili, non perché cattivi), così come fanno uomini e ratti".
Come a dire che il fatto di notare solo gazze e cornacchie, oltre alla nostra incapacità di vedere la natura che ci sta attorno, è soprattutto un indicatore di quanto abbiamo già distrutto l'ambiente che ci circonda e nel quale viviamo. Salvo poi dare la colpa all'ambiente, di cui gazze e cornacchie fanno parte da sempre.
E mentre il genere umano se la prende con la natura per giustificare le proprie catastrofi, Aldo Tonelli e Stefano Bottazzo sciorinano le vere cause dei disastri ambientali: persistenza, solubilità, tossicità e mobilità dei pesticidi presenti nel terreno e in tutti i corsi d'acqua, fertilizzanti di sintesi, biocidi insetticidi come i neonicotinoidi e erbicidi come il glifosato che uccidono api e altri insetti (non solo impollinatori), oltre che uccelli granivori (passeri) e insettivori (rondini ma anche passeri durante la riproduzione).
Gli ornitologi Bottazzo e Tonelli hanno concluso la loro conferenza con una piccola provocazione: "Le cornacchie sono animali selvatici, predano 3-4 mesi l'anno solo come fonte di cibo, hanno predatori naturali e sono considerati nocivi. I gatti sono domestici, predano 12 mesi all'anno non solo per cibo, sono spesso ipernutriti, generalmente non hanno predatori, sono i felini col più vasto areale nel mondo e con la popolazione più numerosa a causa dell'uomo; allora, per coerenza, perché non apostrofare il gatto con epiteti come "nocivo" e perché non avviare campagne di sterminio contro il gatto?". 

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