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Cronaca

Processo caso Cimento, la sentenza: assolti i 7 medici

La morte nel 2008 per setticemia di Marta Cimento, 31enne psicologa e vicepresidente dell'Opera nomadi, non è imputabile a una negligenza dei medici dell'azienda ospedaliera di Padova. Così ha sentenziato ieri il giudice Cristina Cavaggion al termine del processo per omicidio colposo

Nessuna “superficialità” né “negligenza” nei comportamenti dei medici dell'azienda ospedaliera di Padova che hanno visitato Marta Cimento, la psicologa 31enne vicepresidente dell’Opera nomadi della città, morta nel 2008 per una setticemia diagnosticata soltanto dopo l’autopsia.

TUTTI ASSOLTI. Queste le motivazioni che hanno portato alla sentenza di assoluzione emessa ieri dal giudice Cristina Cavaggion al termine del processo per omicidio colposo relativo alla morte della ragazza. Tutti assolti i 7 medici imputati: Adam Mechthilde, Federico Angelini, Maria Bianchini, Andrea Borgo, Giulia Castiglione, Alberto Dall'Antonia e Alberto Lauro.

LA TESI DELLA DIFESA. Accolta quindi la tesi della difesa, secondo la quale la patologia, al momento del primo accesso al pronto soccorso, non era riconoscibile e al momento del secondo ricovero in pronto soccorso era comunque troppo avanzata per poter fare qualcosa.

LA VITTIMA. Originaria di Villavernia (Alessandra), Marta Cimento morì il 5 gennaio 2008 a causa di una fascite necrotizzante, una setticemia diagnosticata soltanto dopo l’autopsia. Due giorni prima della morte si era presentata al pronto soccorso di Padova con febbre, diarrea, nausea, forte dolore alla spalla e limite funzionalità del braccio. Rispedita a casa, tornò in ospedale il 5 in ambulanza: “dimenticata” per ore su una barella, fu stroncata da uno shock settico.
 

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