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Martedì, 23 Aprile 2024
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Magistrati e giudici in silenzio per protestare contro i crimini umanitari di Erdoğan

Incontro fuori dal tribunale di Padova dopo la redazione di una lettera indirizzata al Presidente Sergio Mattarella in occasione della visita in Italia del capo di stato turco

Davanti al tribunale, in toga e in silenzio per alcuni minuti. Questo è l’invito fatto dal giudice Mariella Fino ai colleghi di Padova, in linea con il messaggio lanciato dall’Associazione Nazionale Magistrati per prendere posizione contro le ripetute violazioni dei diritti umani e della libertà d’espressione messe in atto da Recep Tayyip Erdoğan, presidente della Turchia, in questi giorni in visita in Italia.

L'appello a Mattarella.

L'incontro si è svolto stamattina alle 11 davanti al palazzo di giustizia e fa seguito alla lettera indirizzata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella da Consiglio Nazionale Forese, Associazione Nazionale Magistrati e Federazione Nazionale della Stampa Italiana. A firmare la missiva sono i presidenti delle tre associazioni, rispettivamente l'avvocato Andrea Mascherin, il dottor Eugenio Albamonte e Giuseppe Giulietti.

La denuncia.

La lettera si scaglia contro le continue violazioni dei diritti umani e le ripetute epurazioni in Turchia: "Magistrati, giornalisti, avvocati, insegnanti, funzionari pubblici, medici, militari sono stati licenziati, in molte occasioni arrestati, e ancora si trovano in stato di detenzione in assenza di contestazioni puntuali delle condotte a loro attribuite e in uno stato di sospensione dei diritti difensivi".

Erdogan in Italia.

La situazione, si legge ancora, "viola i principi fondamentali dello Stato di diritto ed è stata ripetutamente segnalata dalla Comunità internazionale". La drammatica condizione turca viene dunque segnalata con maggiore forza in occasione della visita del presidente Erdoğan in Italia, auspicando che negli incontri istituzionali in programma, il presidente Mattarella ponga il giusto accento sull'importanza dei diritti umani e del loro rispetto, sollecitando la liberazione delle persone ingiustamente detenute.

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