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Cronaca Carmignano di Brenta

A Rovigo processo Guerra: minacce di morte al carabiniere imputato per omicidio

L'avvocato difensore dell'imputato ha chiesto l'udienza a porte chiuse, rigettata dal giudice. Ascoltate in aula la sorella e la madre del 32enne ucciso, Mauro Guerra

Dopo le immagini delle ultime ore di vita di Mauro Guerra, diffuse tre settimane fa da "Chi l’ha visto?", entra nel vivo il processo per l’omicidio del 32enne di Carmignano Sant’Urbano, freddato il 29 luglio del 2015 dall’ex comandante della stazione dei carabinieri dopo un’estenuante trattativa per sottoporre il ragazzo a un Tso. Imputato davanti al tribunale di Rovigo è Marco Pegoraro, alla sbarra per omicidio come conseguenza di un eccesso colposo di legittima difesa. Davanti al giudice monocratico verrà sentita la famiglia Guerra, che si trovava in casa il pomeriggio del 29 luglio quando i carabinieri tentarono di convincere il 32enne, commercialista ed ex parà, ad andare in ospedale dopo visto che, a detta degli investigatori, il giovane aveva dimostrato segni di squilibrio “pericolosi per sé e per gli altri”.

Porte chiuse?

Il clima non è dei più distesi, come era logico aspettarsi. All'esterno un serio dispiegamento delle forze dell'ordine. L'udienza si apre con la richiesta dell'avvocato della difesa, di interrompere le riprese della trasmissione Rai, "Un giorno in pretura" e con l'allontanamento dei fotografi dei quotidiani. Questo perché, dice l'avvocato della difesa Stefano Fratucello: "Il maresciallo Pegoraro ha ricevuto una lettera anonima con esplicite minacce di morte”. Per questo motivo il legale dell’imputato chiede che l’udienza si svolga a porte chiuse, il giudice però respinge l'istanza. Sono da poco passate le 15 e si comincia con la testimonianza della sorella della vittima.

La testimonianza di Elena Guerra

Sono le 16 e 50 quando Elena Guerra, la sorella di Mauro, finisce di deporre. “Ho sette anni più di Mauro. Per quello che ho potuto vedere Mauro era sereno in quel periodo. Non c’erano situazioni particolari, lo vedevo quotidianamente. Il 29 luglio al mattino ero passata a casa dei miei genitori, tra le 10 e le 11. Abbiamo parlato dei bambini, Mauro mi ha chiesto se a pranzo i ragazzi sarebbero passati dai nonni. Verso le 13 e 30 è venuto Jacopo, mio fratello più piccolo, ad avvertirmi di quanto stava accadendo a casa. Quindi sono andata dai miei e ho trovato tre sanitari, un’ambulanza, fuori c’erano i sei carabinieri”. La sorella di Mauro, Elena, li nomina uno ad uno. "Sardo, il carabiniere, ha ripetuto più volte di portare via Mauro. Quando sono arrivata nel cortile retrostante sentivo mio fratello che ripeteva ai carabinieri che loro non avevano nessun mandato. La maggior parte del tempo, comunque, l’ho passato fuori casa. Nei pochi momenti in cui sono stata in casa ho sentito Mauro che offriva il caffè ai carabinieri". Poi arriva il momento del racconto dell'inseguimento di Mauro: "Quando Mauro è fuggito, in mutande, scalzo, è stato rincorso. E’ scappato verso la piazza del paese, cento metri da casa nostra. Da casa alla piazza è pieno di abitazioni. Ho visto qualcuno dei carabinieri rincorrere Mauro a piedi, altri in ambulanza. Oltre ai sei che erano in casa era rincorso anche da tutti quelli che erano presenti. Dieci carabinieri più i tre addetti sanitari". E' molto lungo l'interrogatorio di Elena Guerra, che entra nei particolari di quel giorno: "Sono sopraggiunta vicino al campo dove Mauro è stato fermato, ma vedevo in lontananza. Quando arrivò il maresciallo Billeci, che noi tutti conoscevano molto bene ed era in confidenza con mio fratello Mauro, mi disse che lo avevano colpito di striscio e che lo avrebbero portato in ospedale. Erano le 15 e 45 circa. Poi alle 16 è arrivato l’elicottero. Anche in quel momento mi hanno rassicurata che era presente solo per fare più in fretta. Ma io ambulanze che si sono avvicinate lui non ne ho viste".

Manette

Uno degli aspetti più dibattuti è quello delle manette. Per la sorella Elena, c'è un secondo paio di manette che vengono messe a Mauro, dopo che è stato colpito dal colpo di pistola. L'avvocato dell'imputato Pegoraro, l'avvocato Fratucello insiste su questo particolare, la sorella Elena conferma ciò che sostenuto: “Me lo ha detto il maresciallo Billeci, è stato ammanettato dopo lo sparo. Quando gli chiesi perché lui rispose che era la procedura”. Questa domanda al maresciallo Elena la fa dopo aver letto le perizie. Sette otto mesi dopo il fatto, quindi.

La deposizione della madre Giusy

Quando è il turno della madre di Mauro, Giusy, la prima questione affrontata riguarda le dichiarazioni che il maresciallo Truglio fa al comando provinciale quello stesso pomeriggio, quando deve rendere conto di cosa è accaduto. "In quella comunicazione si dice che siamo stati noi genitori a rivolgerci ai carabinieri. Cosa che non è affatto vera". La signora Guerra poi racconta di un dialogo avuto proprio con l'imputato, il maresciallo Pegoraro, che a detta della madre della vittima, avrebbe usato frasi insultanti e gravi nei confronti del figlio. 

Le parole dell'imputato Pegoraro

"Nego con forza di avere mai insultato Mauro Guerra, come è invece sostenuto dalla madre Giusy". Interviene per la prima volta, l'imputato, per chiarire questo punto. Non lo guarda mai in faccia a Pegoraro, la signora Guerra. Si rivolge e risponde sempre e solo guardando il giudice. Solo a un certo punto si lascia per un attimo andare, quando dice: "Mi chiede di tante del cose del passato, avvocato, ma mai una domanda su quel 29 luglio 2015, su quello che è successo a mio figlio". 

Si riprende il 3 ottobre alle 14 e 30, sempre nell'aula del tribunale di Rovigo. 

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