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Cronaca

Frode milionaria e società fantasma: quegli agrumeti in Sicilia comprati con le tasse evase

Un complicato sistema basato sui prestanome ha permesso a otto persone di intascare centinaia di migliaia di euro con la loro ditta di autotrasporti. Sequestrati conti e immobili

Società fantasma, servizi inesistenti e fallimenti pilotati: sono otto gli indagati per una maxi frode fiscale scoperta dalla guardia di finanza a Padova.

Gli indagati

Un'organizzazione complessa con un giro di soldi milionario, costruito risparmiando sui contributi dei dipendenti e sulle tasse. A coordinare l'indagine la Polizia economico finanziaria, che su ordinanza del gip ha sequestrato nei giorni scorsi 1 milione e 300mila euro tra immobili e conti bancari. Sono otto le persone iscritte nel registro degli indagati, intestatari dei beni sequestrati e accusati di bancarotta fraudolenta. Dietro la facciata di una società di autotrasporti con sede a Padova, avevano messo in piedi un giro di fatture false per frodare il fisco.

La frode

Gli amministratori aprivano altre società intestate a prestanome: con queste assumevano (solo sulla carta) i dipendenti senza mai versare i contributi previdenziali. Inoltre emettevano fatture relative a servizi di trasporto e di logistica, per le quali però non versavano un centesimo di tasse. Quando la situazione finanziaria era ormai compromessa e a rischio di essere scoperta, la società fantasma chiudeva i battenti e dichiarava il fallimento. Il valzer ricominciava con un nuovo prestanome, e il copione si ripeteva.

Il maxi sequestro

Con questo stratagemma gli indagati sono riusciti a intascare centinaia di migliaia di euro risparmiati sui contributi dei dipendenti e il mancato pagamento delle imposte allo Stato. Un'accurato controllo dei registri contabili, delle operazioni bancarie e una serie di perquisizione hanno permesso di portare a galla il giro sporco. Sono stati sequestrati 12 conti correnti per oltre 1 milione di euro, a cui si aggiungono 5 immobili per altri 300mila euro. Tra questi anche alcuni agrumeti che due degli indagati avevano comprato in provincia di Messina. Tutti i beni diventeranno proprietà dello Stato.

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