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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Nel 2050 spariranno dal 20 al 50% degli abeti mediterranei: lo studio dell'ateneo patavino

Pubblicati i risultati della ricerca di un team internazionale e del Dipartimento di territorio e sistemi agro-forestali dell’Università

Per i cambiamenti climatici si prevede, entro la fine di questo secolo, una maggiore frequenza e un intensificarsi dei periodi di siccità e di ondate estreme di calore. Le proiezioni delle condizioni future si basano sui modelli climatologici più aggiornati e per due differenti scenari sono legati alle future emissioni di gas serra nell’atmosfera. In entrambi i casi si prevede un aumento delle temperature nell’ambito di 1.7 - 4.8 °C. Il risultato sarà che eventi estremi come la siccità e le alte temperature, ampiamente sperimentati negli ultimi mesi, saranno la norma entro la fine di questo secolo.

LO STUDIO

Già oggi siccità e ondate di calore hanno causato episodi di sofferenza e mortalità in molti abeti nell’area del Mediterraneo. Partendo da questo dato un team internazionale di ricercatori tra cui quelli di sistemi agro-forestali dell’università di Padova) ha pubblicato su “PNAS” l’articolo: il cui focus è il censimento delle diverse specie di abeti in una fascia particolare dell’area mediterranea. L’ambito comprende la penisola iberica, la catena montuosa dell’Atlante in Marocco, la parte centrale e meridionale della nostra penisola e le regioni a pari latitudine nell’altrI versante dell’Adriatico (Serbia, Albania, Montenegro, Macedonia), la Grecia, Turchia e Siria nella parte prospiciente al Mediterraneo e infine il Libano. In queste zone si sono osservati fenomeni di deperimento e morte legati alle eccessive temperature e soprattutto alla carenza idrica.

ATENEO PATAVINO

Nello studio si evidenzia una “anomalia”: anche nelle aree più colpite, non tutti gli individui reagiscono allo stesso modo. “Alcuni abeti sono più sensibili e deperiscono mentre altri si rivelano più resistenti riuscendo a superare i periodi critici”, sottolinea Marco Carrer ecologo forestale del dipartimento territorio e sistemi agro-forestali dell’università di Padova: “La differenza nelle risposte potrebbe essere dettata dalla variabilità genetica tra gli individui e le ricerche future dovranno tenere conto di questo aspetto per meglio comprendere le cause alla base di questa variabilità. Evidenziare queste criticità rispetto alle future condizioni climatiche rappresenta però un contributo significativo, poiché la conservazione di tali specie forestali marginali dipenderà non solo dal clima che ci troveremo ad affrontare ma anche dalla corretta comprensione di quanto siano vulnerabili queste specie arboree. Se si adottasse questa visione ampia del fenomeno potremo censire le popolazioni di individui particolarmente resistenti e pre-adattate alle future e più difficili condizioni ambientali e pensare di attivare strategie di conservazione delle specie. Alla luce di quanto osservato"- conclude Marco Carrer- "sarebbe auspicabile l’attuazione di politiche di gestione volte alla mitigazione dei futuri impatti, favorendo ad esempio la riproduzione e diffusione degli individui o delle popolazioni che si sono rivelate più resistenti. Si potrebbe anche pensare, in casi estremi e con massima cautela, a operazioni di migrazione assistita per le specie particolarmente minacciate di estinzione le quali potrebbero trovare, in aree più a nord o a quote più elevate, condizioni più idonee per lo sviluppo e la crescita rispetto alle attuali aree di diffusione".

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