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Cronaca Cartura

Imprenditore spara al dipendente a Cartura, padre consegna la pistola

Il genitore di D.B., 32enne titolare della ditta "D.B. Tecnoimpianti" di Cartura, arrestato per tentato omicidio, accusato di avere sparato ad un suo lavoratore, U.M., 37 anni, ha portato l'arma in caserma: "compatibile"

C'è la pistola. Ormai la vicenda di U.M., 37 anni, lavoratore di Cartura, raggiunto da un proiettile alla nuca, e miracolosamente salvo, non sembra lasciare più spazio ai dubbi. Sin da subito, la vittima, finita sotto i ferri per estrarre la pallottola dalla scatola cranica, aveva puntato il dito contro il suo datore di lavoro, D.B., 32enne titolare della ditta individuale "D.B. Tecnoimpianti". Quest'ultimo gli avrebbe sparato, nella sua stessa abitazione, dopo che il dipendente si era recato da lui per discutere dei suoi arretrati in busta paga.

LA VICENDA. In un primo momento, l'imprenditore aveva negato ogni addebito. Ma la sua estraneità ai fatti di giorno in giorno sembrava meno plausibile. Tant'è vero che il pubblico ministero titolare delle indagini, Vartan Giacomelli, aveva aperto un'inchiesta a suo carico, confluita nell'arresto dell'uomo, lo scorso venerdì, 27 marzo. L'accusa era stata rimodulata (da lesioni volontarie gravi, a quella ben più pesante di tentato omicidio), a seguito degli inquietanti elementi emersi durante l'operazione chirurgica, cui era stato sottoposto il lavoratore di Cartura: la pistola non era affatto ad aria compressa (come si era pensato in un primo momento), bensì un'arma vera. A confermarlo, l'ogiva in piombo rinvenuta nel cranio del malcapitato.

CONSEGNATA LA PISTOLA: È DI FINE '800. Lunedì sera, il padre di D.B., di 59 anni, ha consegnato spontaneamente in caserma un revolver di fine Ottocento, marca Rast&Gasser, calibro 7.65. L'arma - che probabilmente è stato lo stesso accusato, ormai con le spalle al muro, a chiedere al padre di portare ai carabinieri - era detenuta illegalmente (forse si tratta di un residuato bellico degli austriaci), con munizionamento mal conservato. Questo spiegherebbe il depotenziamento e gli effetti poco lesivi del proiettile. Infatti, il lavoratore era uscito dalla casa del suo aggressore con le proprie gambe e aveva avuto il tempo di recarsi in ospedale; questo aveva fatto presumere, inizialmente, che a colpirlo fosse stata una pistola ad aria compressa, proprio perché, con un'arma vera, sembrava impossibile che l'uomo potesse essere ancora vigile, ma soprattutto vivo.

LE INDAGINI. Nei giorni scorsi, i carabinieri, cui sono state affidate le indagini, avevano passato al setaccio l'abitazione dell'imprenditore. Il pm aveva inoltre disposto alcune verifiche tecniche, come lo "stub" (per trovare tracce di polvere da sparo sul corpo e sui vestiti della vittima e del suo aggressore) e una consulenza biologica sulle tracce ematiche trovate a casa di D.B.

"PISTOLA COMPATIBILE". La vicenda risale a lunedì scorso, quando U.M., secondo la versione da lui sempre sostenuta, si sarebbe recato dal suo capo per discutere degli stipendi arretrati. Quest'ultimo lo avrebbe fatto accomodare in sala da pranzo, ma poi, prima che si sedesse, gli avrebbe puntato l'arma alla nuca esplodendo un colpo. La vittima era riuscita a lasciare l'abitazione e a raggiungere l'ospedale. La pistola consegnata ai militari sarebbe quindi compatibile con quella utilizzata per sparare al 37enne di Cartura, proprio in virtù del cattivo conservamento delle munizioni. Questo potrebbe avere provocato il depotenziamento dell'arma, spiegando quindi come la vittima si sia salvata da morte certa. Al vaglio degli inquirenti, adesso c'è anche la posizione del padre di D.B..

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