Veneto Banca: arrestato Consoli, indagato anche l'ex presidente prof. dell'Università
L'operazione della Guardia di Finanza martedì all'alba. Ai domiciliari l'ex amministratore delegato e direttore generale. Quattordici le persone indagate, tra cui Francesco Favotto
Nelle prime ore di martedì mattina, i militari della Guardia di Finanza, in forza al Nucleo speciale di polizia valutaria e al Nucleo di polizia tributaria di Venezia, hanno proceduto all’esecuzione di un’ordinanza emessa dal gip del tribunale di Roma, con la quale sono stati disposti gli arresti domiciliari nei confronti di Vincenzo Consoli, ex amministratore delegato e direttore generale di Veneto Banca, per i reati di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza ed aggiotaggio. Le fiamme gialle hanno anche eseguito un sequestro che il pubblico ministero aveva disposto in via di urgenza per 45,425 milioni di euro e che ha consentito di apprendere, in pregiudizio dello stesso Consoli, un immobile il cui valore è stimato in 1,8 milioni di euro, nonché liquidità e titoli. Sono state inoltre eseguite perquisizioni domiciliari nei riguardi di 14 indagati. Tra questi c'è Francesco Favotto, 69 anni, economista dell’Università di Padova, presidente del cda dall'aprile del 2014 alla fine dell'ottobre del 2015.
LE INDAGINI. L'indagine, diretta dalla procura della Repubblica di Roma e delegata al Nucleo speciale di polizia valutaria e al Nucleo di polizia tributaria di Venezia, ha permesso di fare luce su "plurime condotte di ostacolo perpetrate in danno di Bankitalia e Consob". In particolare è stata contestata una serie di operazioni (cosiddette "baciate") in virtù delle quali sarebbe stata la stessa banca a finanziare importanti clienti perché gli stessi acquistassero azioni del medesimo istituto di credito. Il significato economico reale di queste operazioni - celate sotto una veste apparentemente lineare - è chiaro, secondo gli inquirenti: il cliente "finanziato" deteneva titoli di Veneto Banca per conto della Banca. A volte ciò sarebbe avvenuto anche mediante l’"arruolamento" di compiacenti investitori, disponibili ad intestarsi temporaneamente ingenti quote di obbligazioni subordinate, sollevando la banca dall’onere di detrarne il controvalore dal patrimonio di vigilanza, come invece prescritto dalla Banca d’Italia. Anche in tali casi sarebbe trattato, in pratica, di veri e propri "parcheggi" temporanei di titoli che, in realtà, sarebbero rientrati nella titolarità dell’emittente, Veneto Banca.
IL PATRIMIONIO "VIRTUALE". Tutto questo sarebbe stato accompagnato dalla concessione di finanziamenti a soggetti in difficoltà economiche, in stato di decozione o comunque non in grado di restituire le somme ricevute, senza un’adeguata verifica della capacità di rimborso da parte dei richiedenti, all’insegna di un diffuso e sostanziale disinteresse del merito creditizio. L’effetto era di offrire, all’esterno, l’immagine di una solidità patrimoniale dell’istituto ben maggiore di quella effettiva, idonea ad ingannare la platea dei risparmiatori e gli altri azionisti, rafforzando così – secondo la ricostruzione, in modo fraudolento – l’immagine della banca e la fiducia nel management. Inoltre, secondo gli elementi acquisiti, mediante queste operazioni i vertici di Veneto Banca potevano falsamente rappresentare agli organi di vigilanza (Banca d’Italia e Consob) una consistenza patrimoniale superiore al reale, così da rientrare nei parametri di sicurezza che la legge esige per gli istituti bancari. Infine, la creazione di questa situazione di patrimonio "virtuale" avrebbe consentito di fissare il sovrapprezzo delle azioni su valori assai elevati rispetto allo stato dell’azienda.
IL PATRIMONIO EFFETTIVO. Secondo il grave quadro indiziario emerso, tali condotte avrebbero determinato l’"annacquamento" del patrimonio di vigilanza della banca, che, secondo le regole della Banca d’Italia, avrebbe dovuto essere rettificato in modo da evidenziare il suo valore reale, indicando il vero ammontare dei prestiti ancora effettivamente riscuotibili. Invece, nelle segnalazioni periodiche alla Banca d’Italia, Veneto Banca avrebbe continuato ad indicare un valore del patrimonio di vigilanza sovrastimato rispetto a quello effettivo, mascherandone la reale consistenza. Grazie alle ispezioni di Banca d’Italia e di Consob, che hanno portato alla luce l’effettiva situazione dell’istituto, e alle indagini contestualmente condotte dalla Guardia di Finanza, si è quindi potuta ricostruire l’effettiva situazione patrimoniale di Veneto Banca ed individuare le ipotesi di responsabilità che sono alla base dei provvedimenti eseguiti.