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Cronaca Savonarola

Zilio: "Dietro al Libeskind una società indifferente"

Il presidente Ascom Confcommercio di Padova interviene sugli atti di vandalismo che hanno preso di mira il monumento dedicato alle vittime della strage dell'11 settembre 2001 a New York

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PadovaOggi

I vandalismi ai danni del monumento di Libeskind alle Porta Contarine credo siano stati derubricati al livello minimo di "ragazzata" con troppa fretta e, direi, anche con un tantino di superficialità. E' vero che vuoi per la crisi, vuoi per il mammismo da noi così ben radicato, oggi i "ragazzi" sono tali ben oltre la soglia dei loro primi 40 anni, ma un pelino di riflessione in più, partendo dal Libeskind, ritengo debba essere fatta.

La domanda è ineludibile: abbiamo, ognuno per la nostra parte, un po' di responsabilità in ciò che sta succedendo non solo al monumento delle Porte Contarine, ma un po' a tutta la città e, più in generale, un po' a tutto il Paese? Vediamo di andare con ordine partendo dal Libeskind. Dedicato alle vittime dell'11 settembre è stato battezzato "Memoria e luce". Forse, un po' per convenienza, un po' perchè le cose terribili vanno eliminate, abbiamo offuscato la memoria e, già che c'eravamo, abbiamo anche spento le luci. Può essere questo un incentivo al vandalismo? Non so.

So però per certo (e direi anche per esperienza di commerciante) che là dove si spegne una luce là arriva il degrado. Lo andiamo ripetendo da anni: salvaguardiamo il commercio di vicinato perchè senza le luci delle vetrine le città muoiono. Si diceva: "ragazzate". Probabilmente è così, ma non ne sarei proprio sicuro. O, quanto meno, starei attento a formulare questa ipotesi con certezza. Senza gli anticorpi che un tempo venivano iniettati nel corpo sociale dalla famiglia, dalla scuola, dai patronati, dagli stessi ambienti di lavoro, lo stesso corpo sociale fa fatica a riconoscere ciò che è lecito da ciò che non lo è.

Un tempo abituati a salvaguardare quel che era pubblico perchè era "di tutti", ora ci vediamo costretti a sopportare che si sfregi ciò che è pubblico perchè, nella nuova accezione, "non è di nessuno". Non sono di nessuno le fermate del tram (ed infatti vengono bersagliate da sassaiole), non sono di nessuno i marciapiedi, non sono di nessuno i parcheggi dove, oltre alla tariffa devi pagare anche l'abusivo insistente/violento pena la rigatura della fiancata, non sono di nessuno nemmeno i mezzi pubblici dove il rilievo di un autista può diventare motivo per giustificare un'aggressione al conducente stesso.

Hanno fatto scalpore, nei mesi scorsi, le mutande stese al sole davanti agli Scrovegni, nuovo spot (decisamente non richiesto) di una Padova che non è più la città dei "tre senza", ma dei "quattro": senza nome il Santo, senza erba il Prato, senza porte il Caffè, senza rispetto i suoi abitanti che, se non imputabili di responsabilità diretta nel degrado avanzante, lo sono senz'altro di omessa denuncia.
In troppi, di fronte alle biciclette rubate ad un ritmo che nemmeno le produzioni cinesi riescono a starci dietro, preferiamo girare lo sguardo dall'altra parte sempre convinti che, in fin dei conti, non è capitato a noi.

Invece tutto questo sta capitando proprio a noi e proprio perchè facciamo fatica ad accorgercene, rischiamo di essere travolti da un degrado e da una criminalità che - mi si perdoni la digressione "professionale" - ha pure nella proliferazione delle grandi strutture di vendita che sorgono (o vorrebbero sorgere) ai margini della città, una bella fetta di motivazione.

Un piccolo negozio che chiude e spegne per sempre le luci, infatti, è anch'esso un pezzo di quel "buon rispetto di una volta" che se ne va. Piccolo il negozio, piccoli, ma tanti, i "controllori" che, se era il caso, ti riprendevano potendo contare, a prescindere, sull’approvazione dei tuoi genitori ai quali era riservato, semmai, il compito di rincarare la dose.

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