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Economia

Tra e-commerce e web tax: Ascom Padova lancia l'allarme

Il presidente Bertin: "Necessaria la parità di trattamento fiscale per non condannare a morte il commercio tradizionale"

Lo spauracchio, adesso che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha deciso di intraprendere questa strada, si chiama dazio. Ma c’è un altro problema, che ai più sembra sfuggire, che sta mettendo in seria difficoltà l’intero sistema Paese: le transazioni esentasse (o quasi) realizzate dai colossi del web.

"Danno economico enorme"

“Le transazioni on-line di beni e servizi effettuate dalle grandi multinazionali dell'e-commerce – mette in chiaro il presidente dell’Ascom, Patrizio Bertin – stanno creando un danno economico enorme. Un danno che viene prodotto da queste multinazionali del 'web' ai settori del commercio e dei servizi tradizionali per disparità di trattamento fiscale, sia per maggiori adempimenti amministrativi che per maggiore tassazione”. Un problema non solo italiano. Prova ne sia che il 21 marzo la Commissione dell’Unione Europea presenterà una propria proposta che non dovrebbe però distanziarsi troppo da ciò che l’Italia ha previsto con l’ultima legge di bilancio (anche se la pratica applicazione avverrà solo dal prossimo 1° gennaio), ossia un prelievo che si applica sul valore delle singole transazioni digitali (nella misura del 3%) a tutte quelle imprese che erogano servizi digitali. “Il danno – continua Bertin – è doppio: da un lato consente ai grandi operatori mondiali dell’e-commerce di operare con un vantaggio competitivo non indifferente nei confronti del commercio 'classico' visto che i loro prodotti vengono venduti quasi esentasse e dall’altro generano mancate entrate all’Erario visto che le (poche) imposte vengono dichiarate e versate in Paesi esteri con regimi fiscali più vantaggiosi del nostro”.

"Bene la web tax, ma..."

E’ pur vero che a fronte degli enormi introiti dei colossi internazionali del 'web' come Apple e Google (ma Amazon e Facebook sono sulla stessa lunghezza d’onda) sono stati siglati accordi con il Fisco italiano che prevedono il versamento di imposte per quanto dovuto negli anni passati, con il proposito, per il futuro, di attivare procedure di 'ruling internazionale' per determinare la percentuale delle imposte da corrispondere in Italia, ma l’impressione è che, anche in questo caso, si raccolga molto meno di quanto sarebbe lecito attendersi. “Si tratta comunque – puntualizza il presidente dell’Ascom – di somme che, per quanto rilevanti in termini assoluti, sono ridicole in termini di rapporto ai volumi sviluppati in questi anni. Non possiamo, quindi, che salutare con favore l'introduzione nel sistema fiscale del nostro Paese della 'web tax' anche se riteniamo che debba essere uniformato il sistema impositivo europeo. E’ noto infatti che 'i cavalli di Troia' si chiamano Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi e Malta, Paesi ben dentro l’Unione (addirittura è lussemburghese il presidente della Commissione) dove vengono realizzati veri e propri aiuti di Stato nei confronti di quei colossi del web che decidono, in cambio di qualche migliaio di posti di lavoro, di fissare in quei Paesi il proprio domicilio fiscale”. “Ciò che chiediamo – conclude Bertin – sono regole certe e di equità anche nel campo dell'imposizione fiscale. Altrimenti è chiaro che l’e-commerce, nel breve volgere di qualche anno, non solo si sostituirà al commercio tradizionale, ma farà mancare allo Stato le risorse per i servizi ai cittadini”.

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