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Economia

Ascom: rischio usura e infiltrazioni mafiose, declassamento bancario di due livelli per commercio e turismo

Patrizio Bertin: «Per venire incontro alle imprese lo stato si accolli per intero i 25mila euro chiesti all'inizio della pandemia

«Delle due l’una: non è possibile infatti che dal Prefetto e dalle Forze dell’Ordine ci arrivi l’invito ad affidarci alle istituzioni per contrastare eventuali fenomeni di usura o infiltrazioni malavitose e dal fronte bancario arrivino messaggi del tipo: le aziende del commercio e del turismo vengono declassate di due livelli per quanto attiene al rischio. Non credo sia questo il modo per aiutare chi è in grandissima difficoltà». Il presidente dell’Ascom Confcommercio di Padova, Patrizio Bertin, è, ancora una volta basito di fronte alla dicotomia che sembra avvolgere ogni questione connessa alla pandemia.

Controsensi

«Per qualsiasi aspetto – spiega – c’è sempre un’altra faccia della medaglia. Ci dicono che l’Alto Adige è “zona rossa” come la Sicilia ma poi scopri che, di fatto, è “zona bianca” prima ancora che venga istituita visto che da Salorno a Predoi si può andare al ristorante sia a pranzo che a cena mentre ad Auronzo questo è vietato. Adesso, mentre sale l’allarme per possibili acquisizioni di bar, alberghi e ristoranti da parte della malavita, si lascia al sistema bancario la possibilità, peraltro legittima visto il suo punto di vista, di muoversi come se le attività, tutte non solo quelle che ho citato, non fossero da un anno o chiuse del tutto o comunque chiuse per buona parte di esso». Il risultato? «Se la banca non finanzia più le imprese del commercio e del turismo o, addirittura, se chiede il rientro dei fidi – continua Bertin – molti colleghi potrebbero essere nella condizione di rivolgersi agli strozzini o, in alternativa, di accettare un pacchetto di contanti secondo lo schema classico del “pochi, maledetti e subito”.  Per cui diventa difficile poi gridare “al lupo, al lupo” visto che si fa poco o nulla per evitare che questo avvenga».

I 25mila euro

Una situazione che, paradossalmente, potrebbe essersi aggravata per quelle imprese che, nella prima fase della pandemia, hanno chiesto alla banca i famosi 25 mila euro. «Un prestito - segnala Bertin - garantito, nei confronti della banca, per la quasi totalità dallo Stato ed introdotto forse nella speranza che tutto potesse finire in poco tempo. Non è stato così e adesso molti imprenditori, non certo per colpa loro visto che sono stati obbligati a chiudere, non sono in grado di far fronte al debito. A nostro giudizio sarebbe logico che, per come si è evoluta la situazione, lo Stato si facesse carico interamente del debito e lo coprisse lasciando così l'imprenditore nella condizione di poter riprendere l'attività senza il peso di una segnalazione alla centrale rischi che, di fatto, lo porterebbe al fallimento».

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