Colli Euganei, uva divorata dai cinghiali: allarme tra i coltivatori
Sui Colli fino ad un -50% di produzione di uve nere e un -30% di bianche, in particolare nell’area compresa fra Fontanafredda, Cinto Euganeo e Arquà Petrarca a causa dei cinghiali. Anche da Turri provengono delle segnalazioni di questo stesso tenore, di cinghiali che per mangiarla danneggiano i filari
Sui Colli fino ad un -50% di produzione di uve nere e un -30% di bianche, in particolare nell’area compresa fra Fontanafredda, Cinto Euganeo e Arquà Petrarca a causa dei cinghiali. Anche da Turri provengono delle segnalazioni di questo stesso tenore, di cinghiali che per mangiarla danneggiano i filari.
«Questi sono i giorni clou della vendemmia – sottolinea Cia Padova – Le previsioni erano ottime, tanto in termini di quantità che di qualità. Salvo scoprire che decine di filari sono stati attaccati dagli ungulati, alla costante ricerca di acqua e cibo». Presi d’assalto, soprattutto, i vigneti che non sono stati adeguatamente recintati. «Dove scorrazzano, fanno fuori tutto. Non abbiamo ancora una stima dei danni, ma l’ordine di grandezza è sicuramente quello delle centinaia di migliaia di euro». Delimitare un appezzamento agricolo di un ettaro attraverso un’apposita recinzione, a prova di fauna selvatica, costa (in media) tra i 5mila e gli 8mila euro. «Si tratta di un’ulteriore spesa per gli imprenditori agricoli – precisa il presidente di Cia Padova, Luca Trivellato – Tra rincari generalizzati e eventi atmosferici avversi, questa è una nuova batosta; non esiste più la certezza del reddito al termine dell’annata agraria».
Peraltro, capita che nottetempo i cinghiali riescano comunque a sfondare le recinzioni: si arrampicano sui vigneti e mangiano interi grappoli di uva. «E sembrano pure scegliersi con cura gli acini – aggiunge lo stesso Trivellato – Vanno a colpo sicuro. Si tratta di un’emergenza, divenuta cronica, che va affrontata una volta per tutte dalle autorità competenti». Se fino a cinque anni fa la presenza degli ungulati nel Parco Colli veniva stimata in circa 10mila esemplari, oggi sarebbero aumentati fino a 15mila capi. «Continuano a riprodursi in maniera incontrollata – osserva Trivellato – Per ogni esemplare che viene contenuto da parte dei selecontrollori autorizzati, ne nascono altri due». Una delle soluzioni immediatamente praticabili, precisa, «è dare continuità a queste operazioni, pure mediante l’utilizzo di gabbie e chiusini. Altrimenti, si va verso una proliferazione crescente: a rischio, di conseguenza, l’intero comparto agricolo degli Euganei». E non solo, dato che negli ultimi tempi mandrie di cinghiali sono state avvistate anche in pianura, a Montegrotto e a Ospedaletto Euganeo, sempre alla ricerca di cibo e acqua. Questi animali, inoltre, rappresentano il principale vettore della peste suina africana. «Si è già manifestata in modo significativo in Piemonte, Liguria e Lombardia”, ricorda Cia Padova. Non è trasmissibile all’uomo, ma per i suini domestici e selvatici risulta altamente contagiosa. Motivo per cui, conclude Cia Padova, “in Veneto è emersa la necessità di adottare misure di biosicurezza maggiormente stringenti al fine di raggiungere l’obiettivo di una totale eradicazione del virus dagli ungulati».