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Economia

«Siamo sull’orlo di una rivolta sociale dagli esiti imprevedibili»: l'allarme di Confcommercio Veneto

«Già la chiusura per Pasqua è un dramma, ma pensare di mantenere tutto come adesso fino a fine aprile è addirittura una provocazione. Fateci tornare a lavorare e a vivere»

«Fateci tornare a lavorare e, lavorando, fateci tornare a vivere». Patrizio Bertin, presidente di Confcommercio Veneto, chiede che, realmente, ci sia il tanto agognato «cambio di passo» altrimenti «siamo sull’orlo di una rivolta sociale dagli esiti imprevedibili che le associazioni rischiano di non poter più governare come, invece, hanno fatto seppur con fatica fino ad adesso».

Confcommercio

Il presidente è preoccupato: «I colleghi presidenti provinciali mi chiamano per riferirmi dell’esasperazione di migliaia di commercianti e di operatori del turismo che non sopportano più le diversità di trattamento tra categorie e nemmeno sopportano più che il turismo interno sia bloccato mentre quello estero sta facendo faville sottraendoci anche, in prospettiva, milioni di turisti. Già la chiusura per Pasqua è un dramma, ma pensare di mantenere tutto come adesso fino a fine aprile è addirittura una provocazione. Ristori, indennizzi, moratorie, sostegno alla liquidità, ammortizzatori sociali, insieme a sgravi fiscali adeguati e urgenti, sono necessari per l'economia, ma dove sono? E poi è chiaro che non bastano per ripartire. Per ripartire c’è una sola opzione: permettere alle imprese di restate aperte». Bertin vuole continuare a mantenere un profilo collaborativo con il governo, ma non può non chiedersi perché non sia possibile avere un bar o un ristorante aperto e non si possa comprare una camicia. «L’industria viaggia a pieno regime e, buon per il Paese, conquista addirittura quote di mercato: Amazon apre centri logistici in Veneto e viaggia a ritmi del +30%, noi invece quel 30% l’abbiamo perso perché abbiamo i negozi chiusi, i bar e i ristoranti costretti all’asporto che è una negazione di quelle professioni, il turismo, addirittura, beffato dai viaggi all’estero e le palestre, le piscine e i lavoratori dello spettacolo chiusi dal marzo dello scorso anno. Questo stato di cose non può proseguire, per cui chiediamo con forza che la data del 6 aprile sia l’ultima data del “tutto chiuso».

Appello

Bertin sottolinea «come dopo Pasqua, con una campagna vaccinale che si spera sia in grado di accelerare ulteriormente a difesa della salute dei cittadini (di tutti, non di qualche categoria che si sente “più uguale” delle altre), si deve prevedere un sistema di ripartenze, parziali fin che si vuole, ma a ritmo costante in modo che, dopo 13 mesi di inedia, si possa pensare che la normalità sta per tornare». E chiude con un appello al governo e ai partiti. «Dateci delle date certe e dei fattori oggettivi. Ad esempio: il turismo riparta in presenza di vaccino o tampone, i negozi riaprano se l’indice scende sotto l’1. Ma senza aspettare 15 giorni. E intanto si vaccini il più possibile, perché la salute non può essere un benefit di chi può stare a casa mentre lo stipendio continua a correre. La salute, fisica e mentale, deve essere un benefit anche delle partite Iva»

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