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Economia

«Impedendo anche l’asporto dopo le 18 darebbero il colpo di grazia»: l'appello di Confartigianato

«Vietandolo migliaia di piccoli imprenditori non potrebbero neppure mantenere quel contatto diretto con la clientela, indispensabile per avere una speranza di futuro per la propria attività»

«Mi appello al senso di responsabilità del Governo perché non ci siano ulteriori limitazioni all’attività di bar, ristoranti, pizze al taglio, gastronomie, pasticcerie, cioccolaterie etc, nella somministrazione da asporto. Così facendo, oltretutto, verrebbero pesantemente discriminati i pubblici esercizi, in modo del tutto insensato, rispetto ad altre attività come le gastronomie dei supermercati che resterebbero invece aperte al pubblico. I nostri imprenditori hanno già un’attività ridotta pressoché al lumicino: impedire, come sarebbe ipotizzato per il prossimo Dpcm in vigore dal 16 gennaio, anche l’asporto dopo le 18 sarebbe un vero e proprio colpo di grazia, anche psicologico per migliaia di piccoli imprenditori che non potrebbero neppure mantenere quel contatto diretto con la clientela, indispensabile per avere una speranza di futuro per la propria attività»: questa l'accorata richiesta di Nicola Trentin, presidente provinciale degli alimentaristi di Confartigianato Imprese Padova.

Asporto

Le anticipazioni dei contenuti del nuovo Dpcm, che entrerà in vigore dal 16 gennaio fanno emergere che si sta profilando una ulteriore stretta su specifiche attività economiche colpevoli, per il Governo, di poter generare assembramenti e diffondere il contagio. A bar, ristoranti, pizzerie, gastronomie, pasticcerie, rosticcerie, ecc. sarà vietato vendere cibi e bevande da asporto dopo le 18. Aggiunge Trentin: «È una scelta iniqua, che penalizzerebbe in provincia di Padova circa 900 imprese artigiane, 628 attività di ristorazione e cibi da asporto e 250 tra pasticcerie gelaterie e cioccolaterie. Si genera una disparità di trattamento rispetto alle attività commerciali, in particolare con le medie e grandi strutture di vendita del settore alimentare, dove spesso è presente anche il reparto di cibi pronti al consumo. Non ha senso. Bisogna intervenire là dove ci sono gli assembramenti con controlli e relative sanzioni ai comportamenti scorretti. Gli assembramenti, quando ci sono, sono infatti più legati a particolari luoghi dove si consumano bevande, non cibo. Sullo sfondo, dunque, rimane il tema dei controlli, che andrebbero intensificati per disincentivare comportamenti scorretti».

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