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Economia Carmignano di Brenta

Guerra in Ucraina, mais alle stelle e allevamenti dell'Alta ko

Oggi un quintale di mais costa 28 euro al quintale, quando fino ad un anno fa il prezzo si attestava sui 16 euro al quintale (+87%) anche a causa del fatto che la Cina si sta accaparrando tutte le scorte e degli effetti dei mutamenti climatici

La guerra in Ucraina, a ragione considerata il granaio d’Europa, rischia di far schizzare alle stelle il prezzo del mais, con pesantissime ricadute sugli allevamenti, soprattutto nell’area dell’Alta Padovana. Il granoturco, infatti, è il principale ingrediente delle diete del bestiame.

Mais

La denuncia arriva da Cia Padova, che spiega: «L’Italia non è autosufficiente in termini di produzione di mais. Da un decennio a questa parte le importazioni dall’estero di questo cereale, che arrivano pure dall’Ucraina, sono passate dal 15% al 50% del fabbisogno nazionale e veneto”. Oggi un quintale di mais costa 28 euro al quintale, quando fino ad un anno fa il prezzo si attestava sui 16 euro al quintale (+87%), anche a motivo del fatto che la Cina si sta accaparrando tutte le scorte e degli effetti dei mutamenti climatici. In pratica, non conviene più coltivare mais. Ciò accade, in particolare, nella Bassa Padovana a causa dei sempre più frequenti fenomeni di siccità nel periodo estivo (a tal proposito Cia calcola che nel 2022 le superfici dedicate a questa coltura, nel padovano, diminuiranno addirittura del 30%). A questo si aggiunga l’aumento dei prezzi dell’energia: di fatto, oggi allevare un capo costa almeno 60 euro in più rispetto ad un paio di anni fa». Precisa in merito Maurizio Antonini, direttore di Cia Padova: «La crisi in atto fra Russa e Ucraina ha dei risvolti anche a casa nostra, con rincari alla lunga insostenibili. I rialzi sul mais rendono decisamente poco remunerativa la produzione di carne di qualità controllata e mettono in grossa difficoltà gli allevatori di vacche da latte, già adesso in lotta per l’aumento di quei pochi centesimi al litro del prezzo del latte che farebbero la differenza».

Dati

Per quanto riguarda i numeri, in provincia vengono allevati 130.113 capi. L’Alta Padovana resta, appunto, ai primi posti di questa speciale graduatoria: Carmignano di Brenta (24.998 capi, il 19,21% del totale), Campodoro (20.892, 16,05%), Massanzago (12.846, 9,87%), Trebaseleghe (6.903, 5%), Gazzo (5.654, 4,34%) i Comuni più “vocati”. La sola provincia di Padova vale un quinto del settore lattiero veneto. 580, complessivamente, gli allevamenti di vacche da latte, per un fatturato annuo complessivo di 80 milioni di euro. «Sul mais - conclude Antonini - l’Italia si trova particolarmente esposta all’attuale crisi internazionale. Per frenare il trend, auspichiamo un maggior impegno da parte del Governo ad incentivare i contratti di filiera per un mais di filiera italiana certificata, in modo da migliorare l’integrazione fra produttori e imprese di trasformazione». L’acuirsi del conflitto in atto, secondo Cia, preoccupa pure sul versante russo, dove le sanzioni in vigore da diversi anni hanno azzerato le esportazioni del vino Made in Italy

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