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Economia

Fatturato in crescita per un'azienda su due, il 97% non licenzierà: l'indagine di CNA

«La capacità di reagire delle Pmi, già messa a dura prova dalla pandemia, torna a essere fortemente sollecitata: come associazione reagiremo, come abbiamo fatto in questi due anni, rimanendo sempre più al fianco di imprenditori e imprese» commenta il presidente di CNA Padova Luca Montagnin

Tanta incertezza tra le imprese padovane, anche se le dinamiche sono positive, con il 58% che registra un fatturato in crescita e il 97% che prevede di mantenere o aumentare il proprio personale. Tiene dunque la dinamica imprenditoriale, ma la crescita per quest’anno è a rischio, a causa soprattutto della difficoltà di reperimento di materie prime e semilavorati, ma anche di personale qualificato. Attualmente più della metà delle aziende crede in un 2022 in crescita, ma le previsioni vanno riviste ogni 3 mesi. È quanto emerge da un’indagine condotta a fine aprile da CNA Padova su 134 imprese padovane. L’associazione con questa indagine lancia un servizio di monitoraggio del contesto socioeconomico in cui operano e si sviluppano le aziende, sui temi più importanti come il clima di fiducia e lo stato di salute del settore economico, il mercato del lavoro, il livello di innovazione e digitalizzazione, il ruolo della sostenibilità. Partecipando alla rilevazione, oltre al quadro generale, all’azienda verrà inviato un report personalizzato per comprendere come si posiziona nel suo mercato di riferimento rispetto alle altre aziende del territorio.

L'indagine

«La ripresa post pandemia c’era tutta e lo confermano i dati sul numero di imprese attive e sul fatturato - dichiara il presidente di CNA Padova Luca Montagnin - Anche se, in realtà, era già minacciata dall’aumento esponenziale dei costi dell’energia, dalla scarsa reperibilità delle materie prime, oltre che dalla difficoltà di reperire personale adeguato. Ora il conflitto in Ucraina aggiunge criticità e inevitabilmente avrà un impatto pesante anche sulle nostre imprese e sull’intero territorio. La capacità di reagire delle Pmi, già messa a dura prova dalla pandemia, torna a essere fortemente sollecitata: come associazione reagiremo, come abbiamo fatto in questi due anni, rimanendo sempre più al fianco di imprenditori e imprese, con servizi e soluzioni ancora più specifici per risolvere anche queste problematiche». Alla fine del 2021 sono oltre 87mila le imprese attive in provincia di Padova, per il primo anno in crescita dal 2015, quando erano ben oltre 89mila. Crescita che si registra di poco superiore alla media del Veneto. Positivo anche il dato relativo alle imprese artigiane, che si attestano a quasi 25mila imprese, con una crescita di 28 unità e per le imprese femminili, giovanili straniere. La crescita coinvolge quasi tutti i settori economici ma si concentra su alcuni in particolare. Nella manifattura va bene la fabbricazione di prodotti in metallo e macchinari (+46), ma in calo le attività che operano nel settore della fabbricazione del mobile (-20). La crescita maggiore si registra per il settore delle costruzioni, sia costruzioni di edifici sia attività relative a lavori specializzati sempre in questo ambito (+285) trainati soprattutto dal Superbonus 110%. Bene anche il mondo della consulenza per l’impresa: produzione software e consulenza informatica (+37), pubblicità e ricerche di mercato (+40) e consulenza gestionale (+101), una novità legata alla forte spinta alla digitalizzazione/innovazione come conseguenza delle politiche economiche avviate da Industria 4.0. Per quanto riguarda i dati sull’occupazione dipendente, il 2021 ha visto un sostanziale recupero delle posizioni perse nel 2020 (+27,5%), ma è evidente una certa prudenza da parte delle imprese, che si percepisce soprattutto osservando il dato sul lavoro somministrato, che ha avuto nel 2021 la ripresa più robusta tra le varie forme contrattuali (+40,9%). In ogni caso la dinamica occupazionale a Padova si attesta come particolarmente vivace, in grado cioè di resistere e reagire con maggiore slancio rispetto alla media regionale. I dati sull’export sono certamente una nota positiva per la nostra economia: nel 2021 ha superato i risultati pre pandemici (+6.3% rispetto al 2019), con pochi comparti in calo, tra cui spicca il settore calzaturiero. I partner commerciali tradizionali sono tornati a crescere nelle importazioni (Germania +8%, Francia +19.1%, USA +15.5%). Turchia e Ungheria nel 2021 (pur non essendo in termini di volumi assoluti partner commerciali di prim’ordine) segnano una crescita impetuosa delle importazioni dal padovano (+34% e +23%).

I dati

Passando ai dati relativi all’indagine campionaria, le imprese hanno ben recuperato la situazione di difficoltà economica che si era innescata a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia. Il 58% delle aziende registra il fatturato in crescita: l’aumento interessa soprattutto il sistema della Produzione e il comparto Casa mentre permangono difficoltà nel commercio, anche alimentare e abbigliamento. Anche il 2022 era iniziato con aspettative positive in termini di previsione di fatturato: la metà delle aziende prevedeva una crescita di questo parametro, in alcuni casi anche importante; solo 1 impresa su 5 pensava che anche il 2022 non fosse un anno buono. A fine aprile 2022 il giudizio sull'anno in corso si è modificato in peggio per 3 imprese su 10, e quasi la metà si sente di poter confermare le previsioni di inizio anno. Tra queste, la maggior parte sono quelle che avevano previsto un fatturato in calo, che confermano quindi le difficoltà anche per l’anno in corso. Negli ultimi sei mesi quasi 4 imprese su 10 hanno fatto investimenti, e anche per i prossimi mesi questa tendenza è confermata. Le imprese puntano su formazione e nuove tecnologie, segno di una strategia a lungo termine. Data la situazione di incertezza, la prudenza nell’effettuare nuovi investimenti coinvolge 6 imprese su 10. Tra chi non farà nuovi investimenti, oltre il 40% delle imprese ha deciso di rinviare o addirittura cancellare quelli programmati. La recente impennata dei prezzi dell’energia ha inciso pesantemente sulla bilancia dei costi aziendali, con una incidenza media del 22% circa. Per quasi 2 aziende su 10 questi costi sono anche oltre il 30% del totale. Tuttavia, al momento metà delle imprese non ha ancora attuato alcuna strategia, segno della fiducia nella normalizzazione del mercato. La strategia più adottata da chi si è mosso è l’aumento dei listini, con potenziale conseguente aumento dell’inflazione. La ricerca di personale si conferma una delle «questioni calde» delle imprese, anche in questo momento di instabilità geo-economica: il 97% delle imprese manterrà o aumenterà il personale in forze: le Pmi si confermano essere un creatore di posti di lavoro stabili, con tutti i benefici sociali che ne derivano. Purtroppo quasi il 60% delle imprese ha difficoltà a reperire operatori, a conferma di quanto emerge spesso anche nelle cronache d’impresa. Il caro energia si conferma come un problema percepito, ma in misura meno pesante degli altri, perché interiorizzabile se si riescono a confermare i volumi importanti di ordinativi che hanno caratterizzato l’avvio di anno. L’energia c’è, anche se costa molto, ma le materie prime rischiano di non esserci più e quantomeno non nei tempi necessari, e questo può comportare un freno della produzione.

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