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Economia

Lavoro, l'emblematico caso del Veneto: meno disoccupati ma più precariato, e aumenta anche il divario sociale

Il Veneto è una delle regioni coi più alti livelli di occupazioni, ma dal 2007 la percentuale dei giovani precari in Veneto è raddoppiata. E il 18% della popolazione è a rischio povertà

Verrebbe quasi da dire che “non è tutto oro quel che è luccica”. Perché è vero che ci sono meno disoccupati e più opportunità, ma l'ultimo bollettino mensile dell'ufficio statistica della Regione Veneto mette a fuoco le dinamiche economiche e sociali di un mercato del lavoro sempre più divaricato tra ‘garantiti’ e non. E tra anziani e giovani.

Più occupazione, ma anche più contratti temporanei...

I numeri non mentono: il Veneto è una delle regioni leader in Italia per dinamicità del mercato del lavoro, con i più alti livelli di occupazione, ma a crescere sono soprattutto i contratti di lavoro temporaneo dato che negli ultimi dieci anni la percentuale dei giovani precari in Veneto è raddoppiata, passando dal 18% nel 2007 al 34% del 2017. Più di un terzo degli Under 34 in Veneto, dunque, non ha un lavoro stabile. E spesso il precariato porta con sé retribuzioni più basse o, comunque, redditi medi che scontano i periodi di inattività.

… Però va meglio che in altre regioni

Va, però, anche dato a Cesare ciò che è di Cesare, visto che i giovani veneti si trovano in una condizione di vantaggio rispetto ai coetanei delle altre regioni: i Neet (cioè i giovani che non studiano e non lavorano) sono 15 su 100 (nel resto d’Italia sono 24 su 100), in flessione del 2.7% rispetto all’anno precedente, e il tasso di disoccupazione giovanile è del 20.9%, 14 punti in meno della media nazionale. Il Veneto, insieme a Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Lombardia e Valle d’Aosta, è fra le regioni dove gli indici occupazionali sono più alti e il dinamiche del mercato del lavoro sono più vivaci.

Precariato

Ma il mondo del lavoro si sta facendo sempre più precario: gli occupati dipendenti complessivi nell’ultimo anno sono cresciuti del 3.2%, quelli a tempo determinato del 15.3%. E risulta in aumento la percentuale di lavoratori con una bassa paga - che si riflette in minori opportunità e maggiore rischio di esclusione sociale per persone che comunque lavorano - e quella degli occupati con un titolo di studio superiore a quello richiesto per svolgere la professione in cui sono impiegati: nel 2017 i dipendenti in Veneto che guadagnano una retribuzione oraria inferiore a 2/3 di quella mediana sono il 6.8% e il 23.6% risultano essere i sovraistruiti, oltre 6 punti percentuali in più dal 2007. Anche in questo caso il Veneto fa meglio del resto d’Italia, dove la percentuale delle basse retribuzioni supera il 10% e quella degli assunti con titoli di studio superiori alle mansioni richieste è del 24%, tuttavia si tratta di una “magra” consolazione precarietà e basse retribuzioni producono anche in Veneto un progressivo allargamento della forbice nei redditi e, quindi, delle disuguaglianze.

Divario sociale

È sempre il bollettino statistico regionale a misurare la crescita diseguale del reddito complessivo delle famiglie venete: nel 2016 il 20% delle famiglie più ricche deteneva un reddito complessivo pari a 4.3 volte quello del 20% delle famiglie più povere, un anno prima la distanza era di 3.8 volte. Anche se in Veneto le condizioni economiche sono migliori e ci sono più opportunità di lavoro, il 18 per cento della popolazione è a rischio povertà o inclusione sociale. Le annotazioni finali di Statistiche Flash parlano chiaro: “In questi anni di crisi a pagare il prezzo più caro sono state le giovani generazioni: sono a rischio di povertà o di esclusione sociale il 21% dei minori (circa 165mila, il 35% in più rispetto al 2009) e il 19% dei giovani 18-34enni. Ma la novità, rispetto al passato, è che si può avere un posto di lavoro ma non avere un reddito sufficiente per essere sopra la soglia della povertà. La disoccupazione si conferma una causa certa di impoverimento (il 46% dei disoccupati è a rischio di povertà e di esclusione sociale), ma nel 2016 a trovarsi sotto la soglia della povertà era l’11% degli occupati. Non basta avere un lavoro per essere al riparo della povertà. Lavori sotto inquadrati, part time involontario, contratti di lavoro a termine, ingresso ritardato dei giovani nel mondo del lavoro e bassi salari, sono tutti elementi che incrementano il rischio di povertà ed esclusione sociale. Non si tratta quindi solo di creare posti di lavoro, ma anche di sviluppare qualità nell’occupazione”.

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