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Giovedì, 28 Marzo 2024
Economia

Materie prime, prezzi alle stelle e bassa qualità: «I rincari rischiano di azzoppare la ripresa»

Il rame da aprile ha visto raddoppiare il prezzo, passando da 5 a 10mila euro a tonnellata, il rincaro dell’alluminio ha toccato il 30% e quello dell’acciaio addirittura il 70%

Acciaio, rame, plastica, alluminio, legno, semiconduttori: non si ferma, anzi si aggrava il problema relativo al reperimento e ai costi delle materie prime. Aumenti di prezzo che rischiano di azzoppare la ripresa: se il rame da aprile ha visto raddoppiare il prezzo, passando da 5 a 10mila euro a tonnellata, così il rincaro dell’alluminio ha toccato il 30% e quello dell’acciaio addirittura il 70%. Una nuova tegola si abbatte dunque su imprese manifatturiere che, nonostante il Covid, il calo dei consumi e le crisi internazionali, erano riuscite fino ad ora a reggere, ricavandosi nicchie di mercato e mantenendo stabili i livelli occupazionali. Ma che ora faticano a trovare materie prime a costi accessibili o a trovarle del tutto.

Cna Padova

L’allarme viene da CNA Padova, che sta raccogliendo in questi giorni numerosissime segnalazioni di artigiani e piccoli imprenditori associati e che chiede al Governo di attivarsi affinché, grazie allo strumento del Recovery Plan, la dimensione manifatturiera dell’Italia non sia dimenticata. Afferma Matteo Rettore, segretario provinciale della Cna di Padova: «È una situazione trasversale a tutte le materie prime: acciaio, plastica, legno, rame. Sembra che tutto sia stato razionato, si faticano a trovare e i loro costi sono schizzati alle stelle. Lo scorso anno assistevamo al prezzo negativo del petrolio e oggi ci confrontiamo con il raddoppio dei prezzi di mercato di novembre. Il problema non è solo il prezzo, ma anche la qualità dei semilavorati. La lavorazione viene spesso fatta all'estero: alcune tipologie di materiali hanno qualità inferiori e quindi male si adattano agli standard che permettono alle nostre aziende di stare sul mercato. Quello della filiera della manifattura italiana è un tema importante: non basta avere imprese che sono piccoli gioielli nella lavorazione se poi i componenti sono scadenti e scarsi. Nei futuri piani di sviluppo nazionale, come il Recovery Plan, non si deve dimenticare la dimensione manifatturiera di questo paese».

Le testimonianze degli imprenditori

Spiega Guerrino Gastaldi, co-fondatore di Tecnoplastic, azienda di Saonara (Padova): «Nel nostro settore elettromeccanico, anche con il Covid avevamo avuto crescite importanti di fatturato. Ma ora ci troviamo in una situazione disperata. Il rame da aprile è raddoppiato, passando da 5mila a 10mila euro a tonnellata. Il polipropilene non si trova più perché viene prodotto all’estero, gli acciai crescono del 70%, l’alluminio del 30%. Chiediamo al Governo di tornare ad avere il controllo della produzione di queste materie prime, come avviene in paesi come Francia e Germania. Si potrebbero rimettere in campo strumenti come Cassa Depositi e Prestiti o la vecchia e tanto maltrattata IRI, ma si faccia qualcosa per sostenere le imprese manifatturiere». Aggiunge Giovanni Salvalaggio, direttore generale di Sarp, azienda produttrice di macchinari per la produzione di pasta, e vice-presidente di Cna Padova: «Tra un paio di mesi, se si andrà avanti così, ci saranno imprese costrette a fermarsi per mancanza di materiali. Il futuro degli approvvigionamenti è offuscato da numerose incertezze. Per esempio l’ex Ilva, l’azienda più grande in Europa a produrre laminati, sta lavorando a basso regime. FCA a Melfi sta fermando la produzione perché manca materiale elettrico ed elettronico. Il problema di questi mesi è che la Cina non solo sta trattenendo tutto per sé, ma è diventata anche importatrice facendo man bassa sul mercato. Anche gli Stati Uniti stanno ripartendo, facendo acquisti sui mercati internazionali. L’Europa sembra tagliata fuori, per questo è importante che i governi intervengano subito». Conferma Umberto Zampieri, titolare della Imballaggi Zampieri di Ronchi di Villafranca Padovana: «Negli ultimi tre mesi le quotazioni del legname sui mercati europei sono salite del 30-40%, ma il valore è analogo anche per i compensati. Si tratta di aumenti considerevoli, accompagnata ad una cronica carenza di materiale nei magazzini dei fornitori. Il rischio concreto a cui si va incontro è la difficoltà di rispettare i tempi di consegna, e inevitabilmente una riduzione della marginalità, perché questi aumenti saranno difficilmente riversabili sui clienti, che nel nostro caso esportano in tutto il mondo e hanno contratti di lunga durata. C’è quindi grande preoccupazione, ma anche la speranza che si intervenga per contenere questi aumenti che, in questa misura, non si erano mai visti negli ultimi anni».

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