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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia

Maialini in braccio agli operatori di piazza Affari: allevatori in protesta

Oggi, davanti alla sede milanese della borsa, gli allevatori padovani di Coldiretti hanno manifestato contro le speculazioni internazionali che hanno messo in ginocchio il settore. Una braciola costa al consumatore cinque volte tanto il prezzo della carne pagata all'allevatore

Un maialino in braccio agli operatori in giacca e cravatta di piazza Affari a Milano. Presenti all'appello anche gli allevatori padovani, stamattina, di fronte alla Borsa, dove un migliaio di imprenditori di Coldiretti hanno portato alcuni maialini per denunciare speculazioni internazionali sulle materie prime che stanno mettendo in ginocchio il settore suino. 

NEL PADOVANO. Il 15% della carne suina prodotta in Veneto - oltre 120 mila maiali - viene da un'ottantina di allevamenti della provincia di Padova. “Gli allevatori – afferma Luciano Marcato, imprenditore di Trebaseleghe, rappresentante dei suinicoltori dell’Assemblea provinciale allevatori dell’Arav - sono stretti nella morsa dell’aumento dei costi di produzione con le speculazioni sulle materie prime che hanno determinato rincari del 17 per cento dei mangimi e delle distorsioni di filiera che sottopagano il nostro prodotto ad appena 1,4 euro al chilo mentre la braciola di maiale viene venduta mediamente a 6,85 euro al chilo, secondo le elaborazioni sui dati sms consumatori. Il consumatore perciò paga 5 volte tanto la carne che esce dagli allevamenti”.

MERCATO “DROGATO”. Per ogni euro speso per l’acquisto di carne di maiale appena 15,5 centesimi arrivano all’allevatore, 10,5 al macellatore, 25,5 al trasformatore e ben 48,5 alla distribuzione commerciale. “L’indicazione obbligatoria dell’origine dei prodotti agricoli - ricorda Walter Luchetta, direttore di Coldiretti Padova - deve essere estesa a tutti i prodotti proprio per arginare l’invasione di carne suina anonima a danno degli allevatori e degli stessi consumatori. Oggi è possibile conoscere la provenienza solo di quella destinata alle Dop (Denominazione di origine protetta), ad esempio per il prosciutto Euganeo Berico di Montagnana, mentre per tutto il resto vige il completo anonimato.

L'IMPORT. Nel 2010 l’Italia ha importato quasi un milione di maiali dall’estero (+22 per cento rispetto al 2009) ed oltre un milione di tonnellate di carne di maiale (+12 per cento). Il Veneto subisce l’importazione di 38 mila tonnellate per un valore che sfiora gli 85 milioni di euro, ovvero più del 50% della produzione veneta che è pari a 160 milioni di euro. In Italia entrano 62 milioni di cosce di maiale destinate, con la trasformazione e la stagionatura, a diventare prosciutti “Made in Italy”.

UNIONE EUROPEA. “Una situazione favorita dall’inerzia dell’Unione Europea – aggiunge Luchetta - che dopo i recenti allarmi sanitari ha deciso di estendere con un regolamento l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza della carne di maiale, al pari di quanto è stato fatto con quella bovina dopo l’emergenza mucca pazza, ad esclusione però degli alimenti trasformati come salami e prosciutti dove più spesso si nasconde l’inganno”.

LA RICHIESTA. Gli allevatori della Coldiretti chiedono che vengano emanati i provvedimenti applicativi previsti dalla legge nazionale sull’etichettatura di origine approvata all’unanimità dal Parlamento italiano all’inizio dell’anno che prevede l’obbligo di indicare l’origine per tutti gli alimenti.

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