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Prezzi delle materie prime alle stelle, ma latte sottocosto: l'allarme di Cia e Coldiretti

«A queste condizioni stiamo a malapena in piedi. Se poi si rompe un macchinario, un imprevisto che può sempre accadere, la situazione diventa veramente drammatica».

«Con l’aumento dei costi delle materie prime e il latte che non ci viene pagato ad un prezzo equo rischiamo di lavorare in perdita». La testimonianza è di Claudio Guidolin, titolare insieme al fratello Stefano della Società agricola Guidolin di Santa Maria di Cittadella, un allevamento che conta 100 vacche. Il suo è un caso che fa scuola. Oggi, come ormai da molti mesi a questa parte, per un litro di latte gli vengono riconosciuti 36 centesimi al litro, quando il costo di produzione si aggira fra i 39 e i 40 centesimi al litro.

Zootecnia

Dalla fine della scorsa estate, fa notare Cia Padova, il settore della zootecnia sta facendo i conti con un ulteriore problema, ovvero un incremento vertiginoso dei prezzi delle materie prime. Il mais ha raggiunto i 30 euro al quintale; fino a qualche tempo fa la quotazione si attestava, al massimo, a 22 euro al quintale (+27%); la soia viene 45 euro al quintale (ma ha toccato punte di 53 euro al quintale), mentre a luglio del 2020 costava 34,5 euro al quintale (+24%); il cotone, che serve a fornire grasso e olio alla razione (oltre a della fibra), è valutato 40 euro al quintale, a differenza dei 25 euro al quintale (+37,5%) dell’anno scorso. La colza, infine, è passata dai 25-27 euro al quintale agli attuali 37 euro al quintale (+33%). «L’Italia - spiega il presidente di Cia Padova, Roberto Betto - è autonoma solo per il 50% in termini di offerta di materie prime. I prezzi li stabiliscono altri, dall’alto, noi non abbiamo alcun potere contrattuale». Non solo. «Negli ultimi mesi - chiarisce il presidente - una volta che è andata a scemare l’epidemia di Peste suina africana in Cina, quest’ultima superpotenza ha deciso di (re)investire fortemente nel comparto, accaparrandosi le materie prime di mezzo mondo. In primis la soia, che arriva dall’America, e il mais, che giunge dall’Europa dell’est». Da qui un aumento esponenziale dei prezzi dei mangimi che sta mettendo in crisi la zootecnia padovana e veneta. «A queste condizioni stiamo a malapena in piedi - aggiunge Guidolin - Se poi si rompe un macchinario, un imprevisto che può sempre accadere, la situazione diventa veramente drammatica».

Cia Padova

Secondo le previsioni di Cia Padova, peraltro, la situazione non dovrebbe migliorare almeno fino ad ottobre: «Al fine di tentare di uscire dalla crisi serve un’azione congiunta e strutturale da parte delle Istituzioni finalizzata alla valorizzazione delle tipicità. Oltre ad accordi ad hoc con la grande distribuzione che mirino ad un equo reddito a favore degli agricoltori. Non certo dei contratti al ribasso, siglati con la sola speranza di piazzare in qualche modo i prodotti». Occorre, puntualizza il presidente, «che nell’attuale contesto di oggettiva difficoltà tutti gli attori rimangano uniti. Ci salviamo unicamente in questo modo: la carne italiana ha un valore aggiunto rispetto a quella estera: è supercontrollata e genuina». Nell’ultima Legge di Bilancio il Governo ha inserito 10 milioni di euro per favorire la ripartenza della zootecnia. «Guardiamo con favore a questi contributi - conclude Betto - Non sono però sufficienti a ridare ossigeno al settore, va attivata un’iniziativa di sistema. Abbiamo sottoposto al Governo la proposta di prevedere, nel Decreto Sostegni bis, agevolazioni precise e puntuali a beneficio della zootecnia che tanto ha sofferto nell’ultimo anno e mezzo».

Coldiretti Padova

A denunciare invece la crisi nelle stalle dell’Alta Padovana (sempre per l’aumento dei prezzi delle materie prime) è Coldiretti Padova, che parla di «cortocircuito sul fronte delle materie prime con rincari insostenibili per l’alimentazione degli animali nelle stalle dove vengono riconosciuti compensi per il latte più bassi degli scorsi anni. Qualche esempio? La razione alimentare di una bovina da latte - spiega Massimo Bressan, presidente di Coldiretti Padova - è aumentata del 30%, i costi di produzione di un litro di latte nell’ultimo semestre,  secondo Ismea,  sono cresciuti del 6%. Lo stesso litro di latte mediamente viene pagato dalle industrie di trasformazione all'allevatore 36/37 centesimi:  si sta ancora una volta producendo sotto costo. Tutte le materie prime, in particolare le proteiche sono schizzate in alto. La soia da 33 euro il quintale ha raggiunto picchi di 60 assestandosi ora sui 55/56, il mais da 17 euro è passato a 28, il girasole da 17 a 27, anche la colza è aumentata del 60%, addirittura la paglia da 6/7 euro è passata a 12 euro. Ben venga dunque - aggiunge Bressan - la richiesta del presidente nazionale della Coldiretti Ettore Prandini di una immediata convocazione al Ministero delle Politiche Agricole del tavolo sul latte per affrontare una emergenza diventata insostenibile anche nella nostra provincia».

350 milioni di euro

La zootecnia padovana, ricorda Coldiretti Padova, vale quasi 350 milioni di euro nel complesso, tra produzione di latte e bovini da carne, suini, carne avicola e conigli. Nel 2020 il fatturato è in calo di quasi il 10% per la carne bovina, con un leggero incremento per la produzione di latte (+2%) e mentre la filiera suina risente del momento difficile e crolla del 9 per cento. A Padova, aggiunge Coldiretti, il settore lattiero caseario conta, specie nell’Alta Padova e Destra Brenta, circa 500 aziende con un fatturato di quasi 90 milioni di euro nel 2020, cresciuto di un paio di punti percentuali (dati Veneto Agricoltura), quasi 40 mila vacche da latte, e una produzione di 2 milioni 140 mila quintali di latte l’anno, un quinto del totale veneto, destinato per lo più alla produzione di formaggi Dop e di latticini. L’emergenza Covid ha inciso negativamente sui prezzi, calati di oltre il 6% soprattutto sopratutto in primavera. Questo ha portato ad un incremento della produzione di formaggi Dop anche nella nostra provincia, soprattutto gli stagionati come l’Asiago d’Allevo (+40%) e il Montasio, ma non del Grana Padano che anzi ha registrato un calo dell’1,5% proprio per le difficili condizioni dei mercati internazionali, a partite da quello Usa. Le quotazioni dei principali elementi della dieta degli animali sono schizzati su massimi storici con il mais che registra il maggior incremento del decennio mentre la soia ha raggiunto il picco da quasi sette anni secondo l’analisi della Coldiretti per i contratti future nei listini del Chicago Bord of Trade (CBOT), il punto di riferimento internazionale per il mercato future i delle materie prime agricole. Una situazione insostenibile con il rischio di non riuscire a garantire razioni adeguate agli animali soprattutto di fronte ad alcune proposte di riduzione dei prezzi riconosciuti alla stalla per il latte che mettono in pericolo la sopravvivenza della Fattoria Italia.

Futuro

«In gioco c’è il futuro dell’allevamento italiano in una situazione in cui con la pandemia da Covid – continua la Coldiretti – si è aperto uno scenario di riduzione degli scambi commerciali, accaparramenti, speculazioni e incertezza che spinge la corsa dei singoli Stati ai beni essenziali per conquistare l’autosufficienza produttiva nei settori strategici per garantire l’alimentazione delle popolazione. Nell’immediato bisogna garantire la sostenibilità finanziaria delle stalle con la responsabilità dell’intera filiera per non perdere capacità produttiva in un Paese come l’Italia che è fortemente deficitaria per i prodotti zootecnici ma c’è anche bisogno - conclude la Coldiretti - di un piano di potenziamento o e di stoccaggio per le principali commodities, dalla soia al mais fino all’atteso piano proteine nazionale per l’alimentazione degli animali in allevamento per recuperare competitività al Paese rispetto ai concorrenti stranieri».

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