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La forza e i misteri della montagna nella "Stanza delle mele" di Matteo Righetto

Il romanzo dello scrittore padovano è uno dei successi editoriali dell'anno. Ed erano in tantissimi venerdì 16 dicembre nella splendida cornice di Villa Valmarana a Noventa Padovana per ascoltare e interrogare l'autore sui temi a lui più cari

Matteo Righetto qualche settimana fa ha ricevuto, nell'Aula Magna del Bo, una importante onorificenza, quella del "Padovano eccellente". Un anno di successi quello di Matteo Righetto, che ad aprile è uscito in tutte le librerie con il suo nuovo romanzo, "La stanza delle mele", che è uno dei successi editoriali di quest'anno. A conferma di questo la sala gremita di Villa Valmarana, a Noventa Padovana, dove l'autore ha incontrato i lettori. Circa centociquanta persone, di venerdì sera, ad ascoltare non solo racconti ambientati in un'epoca che appare davvero lontana anche se non sono passati neppure cent'anni, ma anche quello che è lo scenario di oggi. Le trasformazioni dell'uomo e del territorio sono talmente evidenti che diventano una delle componenti di questo splendido e appassionante romanzo che vede come protagonista un bambino Giacomo, rimasto orfano di entrambi i genitori (il padre è morto in guerra, la madre di tifo), nel 1954 e che vive con i due fratelli maggiori insieme ai nonni a Daghè, una frazione di Livinallongo nelle Dolomiti bellunesi. Un’infanzia difficile, un nonno autoritario e violento. E' proprio Matteo Righetto che di fronte al pubblico racconta la prima scena del libro, quando proprio il nonno manda il piccolo nel bosco a cercare una roncola che hanno dimenticato lì. E in arrivo c'è un forte temporale. Giacomo è spaventato ma non si dice di no al nonno. E' proprio la sera del temporale l’undicenne vede davanti a sé la spaventosa figura di un impiccato. Un evento che cambierà la sua vita. Quando l'autore racconta questa prima scena al pubblico, uno dei momenti più belli della serata, ha creato immediatamente una empatia fotissima tra i presenti e reso ancora più piacevole la serata. Così è stato ancora più semplice toccare tutte le tematiche che stanno più a cuore a Righetto, come il rapporto uomo natura che è sempre presente in tutti i suoi romanzi. E il rispetto che bisogna portarle. Quando parla di Vaia, a tal proposito ha scritto e Andrea Pennacchi l'ha portato in scena, "Da qui alla Luna", fa notare: «Se ne parla troppo poco di quanto accaduto lassù e delle conseguenze che questo ha comportato e che ancora oggi comporta», commenta Righetto con una certa lucida amarezza. Lui quei luoghi li conosce bene. Insolitamente, non è così frequente infatti, sono tante le domande che arrivano dal pubblico, a conferma del clima che si è creato in sala. Dal suo rapporto con lo scrittore Mauro Corona, «ma io quando va in tv non lo voglio vedere, proprio perché gli voglio bene», dice tra lo scherzoso e il serio. L'ultima domanda è ancora sul romanzo e Righetto fa capire quanto sia forte il legame che si è creato con il protagonista di questo libro, Giacomo, delle sue vicende, dei suoi segreti ma anche dei suoi sogni che la sua voglia di emancipazione e libertà lo porteranno a realizzarli. Ma non in un bosco delle Dolomiti, ma in quello "capovoloto" su cui si regge Venezia. 

La stanza delle mele

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