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Cultura Piazze / Via Altinate, 71

«Ricollocare Padova tra le grandi città d’arte europee»: inaugurata la mostra “Dai romantici a Segantini”

La mostra dal 29 gennaio al 5 giugno è promossa dal Comune di Padova e da Linea d’ombra. Tutti i dettagli

La nuova, grande mostra di Padova, Dai romantici a Segantini. Storie di lune e poi di sguardi e montagne. Capolavori dalla Fondazione Oskar Reinhart (Centro San Gaetano, dal 29 gennaio al 5 giugno, promossa dal Comune di Padova e da Linea d’ombra) è il primo capitolo di un nuovo, ampio progetto espositivo, concepito da Marco Goldin con il titolo complessivo di “Geografie dell’Europa. La trama della pittura tra Ottocento e Novecento”. Una sequenza di grandi esposizioni che darà vita a un vasto scenario artistico e storico sulla situazione della pittura in Europa lungo tutto il corso del XIX e parte del XX secolo, secondo una divisione nazionale o in aree contigue.

Tutti i dettagli della mostra

Le suggestioni dell’Ottocento

Il progetto espositivo nasce in Marco Goldin dalle suggestioni del suo studio, più che ventennale, dedicato all’arte dell’Ottocento in Europa ma anche nel mondo, sfociato nel suo recentissimo e fortunato libro, uscito nell’ottobre del 2021 per La nave di Teseo, «Il giardino e la luna. Arte dell’Ottocento dal romanticismo all’impressionismo”, vastissimo e articolato affresco sulla pittura del XIX secolo. “Padova, recentemente riconosciuta Patrimonio Unesco per il suo essere “Urbs Picta” offrirà a padovani e turisti la prima mostra di questo grandioso ciclo, qualcosa di assolutamente inedito per il pubblico italiano, che si troverà coinvolto entro i confini di una storia meravigliosa, fatta di paesaggi incantati e ritratti indimenticabili».

Inaugurata la mostra “Dai romantici a Segantini” al San Gaetano

Il realismo

Dai romantici a Segantini. Storie di lune e poi di sguardi e montagne. Capolavori dalla Fondazione Oskar Reinhart è volta a far conoscere il punto di partenza dell’arte in Europa a inizio Ottocento, il romanticismo. Per questo motivo è la Germania ad essere al centro della mostra, assieme alla Svizzera con la quale condivide, almeno in una parte del secolo, intenzioni simili soprattutto sul versante del realismo. Ovviamente le distinzioni poi non mancano, poiché proprio la Svizzera, tra Ottocento e Novecento, con alcuni incantevoli pittori, da Hodler a Segantini giunto dall’Italia, fa comprendere come essa sia più aperta verso il nuovo.

La costruzione della mostra

La costruzione della mostra si appoggia sulla stupefacente collezione compresa nella Fondazione Oskar Reinhart, facente parte della straordinaria rete del Kunst Museum di Winterthur, uno dei poli artistici di maggior interesse della Confederazione elvetica. «Poco rivolto all’arte dell’impressionismo francese, contrariamente ai maggiori collezionisti svizzeri del suo stesso tempo, Oskar Reinhart aveva nei libri e nelle teorie di Julius Meier-Graefe il suo punto di riferimento” annota Goldin. “La grande mostra berlinese del 1906, che lo stesso Meier-Graefe, assieme a Lichtwark e Von Tschudi, dedicò alla riscoperta dell’arte tedesca del XIX secolo, rimase per lui sempre un esempio e da lì nacque il suo collezionismo. Fu quella l’esposizione, tra l’altro, che tornò a rivelare alla pubblica attenzione il romanticismo tedesco. Ma soprattutto riportò in auge la figura inarrivabile di Caspar David Friedrich, incredibilmente, ma comprensibilmente date le nuove spinte culturali dell’epoca, caduto nell’oblio dopo la morte avvenuta prima della metà del secolo. La collezione Reinhart include cinque dipinti meravigliosi di Friedrich, tutti presenti a Padova. Tra essi spicca il capolavoro, Le bianche scogliere di Rügen, universalmente noto e uno degli emblemi del romanticismo».

Opere tedesche e svizzere

«Sono centinaia le opere tedesche e svizzere conservate nella collezione, la cui importanza è sempre stata ben riconosciuta, tanto che quasi trent’anni fa una selezione alta viaggiò in alcuni dei maggiori musei americani ed europei, dal County Museum di Los Angeles al Metropolitan di New York, dalla Nationalgalerie di Berlino alla National Gallery di Londra. E mai più da allora».

75 opere dalla Fondazione Oskar Reinhart a Padova

Oggi, a distanza di quasi tre decenni da quella prestigiosa tournée, 75 opere dalla Fondazione Oskar Reinhart, scelte personalmente da Marco Goldin, giungono a Padova per aprire il grande progetto sulle “Geografie dell’Europa”. A partire proprio dal romanticismo in Germania, con i suoi esponenti maggiori da Friedrich a Runge a Dahl. Sei sezioni tematiche, cronologicamente distese lungo i decenni, che consentiranno al visitatore di “appropriarsi” dell’arte svizzera e tedesca dell’Ottocento.

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«Un racconto appunto nuovo e pieno di fascino»

«La mostra sarà – a indicarlo è ancora il suo curatore - un racconto appunto nuovo e pieno di fascino per il pubblico italiano, che verrà condotto a viaggiare, attraverso opere di grande bellezza, entro una pittura che dalla strepitosa modernità dei paesaggi di fine Settecento in Svizzera di Caspar Wolf, che quasi anticipa Turner, arriverà fino a Segantini. In mezzo, una vera e propria avventura della forma e del colore, con paesaggi meravigliosi e ritratti altrettanto significativi. Come detto, procedendo poi dal romanticismo ai vari realismi sia tedeschi sia svizzeri. Quindi, vere e proprie sezioni monografiche come quelle dedicate a Böcklin e Hodler, fino all’impressionismo tedesco e alle novità, francesizzanti, del colore di pittori svizzeri come Cuno Amiet e Giovanni Giacometti, il papà del grande scultore Alberto.

La montagna

Tra Hodler e Segantini nasce la devozione emozionata per la montagna che è insieme spalto fisico e categoria dello spirito. La mostra ne darà ampia e appassionata testimonianza, innalzando così alla natura un vero e proprio inno”. Del resto, il nuovo libro di Marco Goldin, “Il giardino e la luna”, dedicato all’arte del XIX secolo, inizia proprio così: “L’Ottocento è il secolo della natura”. Quella natura che, attraverso grandi immagini fotografiche farà anche da sfondo alle opere, così inserite in un vero e proprio, e straordinario, contesto naturale. Un caleidoscopio vivente.

Info e prenotazioni: https://www.lineadombra.it/ita/index.php

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Il Comune di Padova

ll riconoscimento dei cicli pittorici del Trecento quale Patrimonio Unesco dell’Umanità; il restauro e la restituzione alla città del Castello Carrarese; la politica delle grandi mostre. Erano questi i tre grandi pilastri su cui si erano impostate le politiche culturali cittadine cinque anni fa. Il 24 luglio scorso Padova ha ottenuto il sigillo Unesco per gli affreschi della Urbs picta. I lavori di restauro del Castello sono in corso, così come è pronto l’atto negoziale tra Ministero della Cultura, Demanio e Comune che conferirà definitivamente il Castello alla città di Padova. La grande mostra che qui si presenta, curata e organizzata da Marco Goldin, Dai romantici a Segantini, chiude un ciclo iniziato con Belzoni e proseguito con Van Gogh. Un insieme di azioni cui era sottesa una precisa ambizione politica: ricollocare Padova tra le grandi città d’arte europee. Tutti gli indicatori relativi ai flussi turistici e agli ingressi negli istituti museali, in primis nella Cappella degli Scrovegni, ci confortano sul fatto che tale strategia sia stata premiata. Senza enfasi possiamo sostenere che Padova, in questi ultimi anni, ha conosciuto un processo profondo e costante di mutamento: le politiche della cultura, spesso residuali e parentetiche, anche in grandi città cariche di storia, sono venute ad assumere un’inedita centralità. L’offerta culturale si è arricchita e qualificata: non solo sul piano dello spettacolo dal vivo, ma anche dei beni culturali e della loro rifunzionalizzazione. In tale ottica va inserito il notevole lavoro di restyling del Centro Culturale San Gaetano, che, anche grazie ai preziosi suggerimenti di Marco Goldin, si è venuto a configurare come uno spazio attrezzato a ospitare grandi mostre internazionali. La mostra ideata da Goldin vuole rappresentare, nelle intenzioni dello studioso, la prima tappa di un percorso ambizioso finalizzato a indagare le Geografie dell’Europa: uno scandaglio di quelle complesse relazioni tra artisti e territori nel vecchio Continente tra Ottocento e Novecento. Un universo dove accanto alle specificità e alle diversità verranno messe in risalto le notevoli aree di intersezione, le affinità e le relazioni tra le diverse culture figurative nazionali. Ci onora il fatto che tale percorso, grazie a questa stupenda mostra, possa prendere il via proprio da Padova. Una grande opportunità per tutti i nostri concittadini e i turisti che potranno immergersi nel primo spaccato di una storia meravigliosa, costellata di “paesaggi incantati e di ritratti indimenticabili”, con un ben definito terminus a quo temporale e stilistico: gli inizi dell’Ottocento e il romanticismo.

Sergio Giordani, Sindaco di Padova

Andrea Colasio, Assessore alla cultura

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Gli Sponsor

«Confesso fin da subito l’orgoglio da parte di APS di aver dato un contributo alla realizzazione di una mostra, voluta dal Comune e realizzata da Linea d’ombra, che porta a Padova una collezione di opere di altissimo livello, la maggior parte delle quali mai viste in Italia. APS è da sempre attenta ai servizi che hanno l’ambizione di rendere migliore la qualità della vita della nostra città. Non ci siamo dunque sottratti all’invito di intervenire anche su un bene immateriale qual è la cultura, che in una città come Padova gioca un ruolo di primo piano in virtù del suo patrimonio storico e artistico di livello internazionale, di recente sancito dal riconoscimento dell’UNESCO. Una grande opportunità, dunque, per sottolineare la condivisione da parte di APS di quei valori che vorrei rimanessero la guida cui ispirarsi in tutte le nostre attività».

Riccardo Bentsik, AD di APS Holding

«Siamo felici di essere partner di questa prestigiosa manifestazione culturale, che costituirà un importante impulso attrattivo per la città di Padova, per i suoi cittadini e per il turismo, un sostegno particolarmente rilevante in questo contesto ancora segnato dalla pandemia. Come AcegasApsAmga, abbiamo deciso di affiancare l’Amministrazione Comunale e Linea d’ombra in questo progetto che è in sintonia con i valori del nostro Gruppo. Riteniamo infatti importante contribuire a promuovere la cultura come risorsa e strumento di inclusione, motore ed energia dello sviluppo sostenibile, come elemento che contribuisce a migliorare la qualità della vita dei cittadini e permette al territorio servito di crescere e migliorarsi».

Roberto Gasparetto, Amministratore Delegato di AcegasApsAmga SpA

«La Camera di Commercio fin dalla sua nascita, oltre ad assicurare alle imprese numerosi servizi essenziali, opera per sviluppare il nostro territorio sostenendo iniziative di qualità e strategiche per la sua promozione a livello nazionale e internazionale. La mostra che il talento di Marco Goldin attraverso la sua Linea d’ombra presenta oggi è, senza alcun dubbio, un evento culturale che ha entrambe le caratteristiche a cui mi riferivo. Aggiungo che, a fianco dell’indubbio valore culturale, questa mostra è anche un importante volano economico per la città, soprattutto per i comparti del turismo e del commercio. Ragion per cui Camera di Commercio è ben lieta di dare il suo supporto all’iniziativa».

Antonio Santocono, Presidente della Camera di Commercio

Oskar Reinhart e la sua collezione

Graziosa e tranquilla città svizzera nella seconda metà del XVIII secolo, Winterthur conobbe una rapida espansione commerciale e industriale che la rese, nel corso dell’Ottocento, la seconda città più importante del Cantone di Zurigo. Soprattutto le industrie del ramo tessile la contraddistinsero.

Winterthur divenne anche un centro artistico famoso a livello internazionale grazie all’attività di un gruppo di mercanti d’arte e di collezionisti che dedicarono parte delle loro ricchezze a promuovere l’arte e a farla apprezzare agli abitanti della città.

Oskar Reinhart (1885-1965) era il successore di questa generazione di pionieri nel campo del collezionismo e nel primo decennio del 1900 iniziò a mettere insieme una raccolta destinata a diventare celebre in tutto il mondo, in sintonia con il suo ceto sociale e con la sua famiglia che amava dedicarsi alle arti e alla letteratura. Un collezionismo nato non come speculazione economica ma come risultato appunto di una particolare educazione familiare.

Il padre, Theodorus Reinhart, direttore della casa di commercio Gebrüder Volkart che importava ed esportava ogni sorta di merce – in particolare cotone, caffè, cacao e altri prodotti agricoli – era un mecenate di numerosi artisti, tra i quali Ferdinand Hodler, Karl Hofer e Hermann Haller.

Il figlio maggiore, Georg, divenne collezionista di arte europea e asiatica. Hans fu un poeta che promosse anche letteratura e teatro. Werner fu assistente di grandi musicisti come Stravinsky, Schönberg, Webern, Hindemith. Offrì tra l’altro l’ultimo domicilio della sua vita a Rainer Maria Rilke, a Château Muzot nel Canton Vallese.

Come il padre e il fratello maggiore, Oskar si impegnò nel collezionare opere d’arte. L’arte stessa per loro doveva essere accessibile a tutti e quindi anche a coloro che non avevano il denaro per acquistare le opere.

Dopo aver lavorato per qualche tempo nella casa di commercio di famiglia, appartenente al ramo materno, nel 1924 si ritirò dal mondo degli affari per dedicarsi esclusivamente alla sua collezione. Nello stesso anno acquistò la villa medievale “Am Römerholz”, situata nella parte alta di Winterthur e a essa aggiunse una grande galleria per la sua collezione.

La Fondazione Oskar Reinhart, in accordo con la città, aprì le sue porte nel gennaio 1951. Vi fu esposto un gruppo coerente di opere selezionate dalla collezione, alla quale Reinhart aggiunse acquisizioni importanti negli anni.

Oggi il lascito consiste in circa 600 quadri e sculture di artisti tedeschi, svizzeri e austriaci dal XVIII al XX secolo. Ci sono inoltre circa 7000 disegni, acquerelli e stampe.

Nel mettere insieme la collezione, Reinhart guardava alla qualità artistica che, dal suo punto di vista, era espressa compiutamente dai pittori francesi, che quindi vi occupano un posto di rilievo: da Poussin a Chardin fino a Van Gogh e Cézanne. Reinhart prediligeva «il contenuto poetico ed emozionale» al semplice virtuosismo pittorico. Per questo gli impressionisti sono un po’ ignorati. Ci sono solo due opere di Alfred Sisley, due di Camille Pissarro, solo una di Claude Monet. Al contrario, Auguste Renoir è meglio rappresentato con Confidences e La Grenouillère, che sono una celebrazione di colore.

Per l’arte tedesca seguì gli stessi criteri che lo avevano guidato nella scelta di opere francesi del medesimo periodo, prediligendo l’eccellenza più spiccatamente pittorica.

Ispirato dalle teorie sull’arte di Julius Meier-Graefe e dalla grande esposizione Berlin Centenary Exhibition del 1906, in cui lo stesso Meier-Graefe e gli altri due curatori, Von Tschudi e Lichtwark, avevano riscoperto la poesia dipinta dei romantici e il sentimento per la natura dei realisti, Reinhart incluse nella sua collezione molti artisti. Tra essi soprattutto Friedrich, e poi Runge, Dahl e Kersting, che ritornarono in auge proprio grazie alla mostra berlinese, e altri il cui merito è stato riconosciuto di recente, tra questi Marées, Leibl e Thoma. In questa parte della collezione campeggia il quadro Le bianche scogliere di Rügen (1818-1819) di Friedrich, uno dei fondamenti più celebri del gusto romantico.

Oskar Reinhart ebbe anche il merito di riscoprire alcuni pittori svizzeri dimenticati come François Ferrière, Caspar Wolf, Friedrich Simon, Frédéric Dufaux e Daniel Ihly e fu il primo a considerare Wolf il più importante paesaggista svizzero del XVIII secolo. Un altro fiore all’occhiello della collezione sono i 27 lavori di Ferdinand Hodler, uno degli artisti più significativi in Europa a cavallo tra i due secoli. La parte della collezione dedicata all’arte svizzera tocca, a mano a mano che arriva la conclusione del secolo, maggiori connotati di modernità rispetto a quella tedesca, procedendo, dopo Wolf, dai paesaggisti come Calame e Menn fino ad artisti come Segantini giunto dall’Italia, Amiet e Giovanni Giacometti.

Le sezioni della mostra

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Di acque, prati e montagne
Il paesaggio in Svizzera da Wolf a Calame tra Settecento e Ottocento

La prima sezione della mostra ripercorre la storia della pittura di paesaggio in Svizzera dall’ultimo quarto del Settecento, con l’opera nuovissima di Caspar Wolf dedicata alla montagna, fino agli anni sessanta dell’Ottocento. Un lungo percorso che segnala anche i due ambiti linguistici della Confederazione elvetica nei quali si sviluppa la nuova descrizione della natura rispetto alle regole del classicismo. La parte francese legata principalmente all’esempio di Corot, come in Alexandre Calame e Barthélemy Menn e quella tedesca legata all’esempio di Courbet, come in Robert Zünd, Rudolf Koller e Frank Buchser.

È evidente come agisca profondamente, nei quadri di Wolf, l’idea del Sublime che da metà del Settecento si manifestò negli studi di filosofia e di estetica, da Kant a Schiller. È seguendo questi concetti che egli dipinge le sue montagne e soprattutto i ghiacciai, spingendosi in zone fino a quel momento non percorse. La sua pittura è in effetti anche testimonianza. Questo accade nei quadri con il ghiacciaio di Grindelwald.

Con il giungere dell’Ottocento le cose cambiano e la pittura svizzera guarda ripetutamente alla Francia. Calame e soprattutto Menn vivono entro uno spirito che fa loro ammirare le luci di Corot, ma nel primo sono ancora molti i riferimenti al Sublime romantico. L’idea della realtà ha poi in Courbet il suo riferimento irrinunciabile, come dicono i quadri in questa sezione dei pittori invece di lingua tedesca, da Zünd a Koller a Buchser. Essi ci mostrano, al pari di quanto accadeva in Francia, anche l’altro lato della pittura di metà Ottocento, meno legato al “paesaggio intimo” e invece attento alla trascrizione fiduciosa del vedere nelle sue strutture, comunque sempre fatte di luce nuova.

Il lume della luna e altre storie
L’età romantica in Germania attorno a Friedrich

La seconda sezione della mostra è il trionfo della pittura romantica in Germania, da Runge a Dahl, ma specialmente grazie all’eccezionale esposizione di cinque dipinti di Caspar David Friedrich. Egli, in modo poetico e toccante, coniuga l’osservazione talvolta microscopica con la vasta contemplazione, trascorrendo quindi dall’elemento soltanto legato al vedere fisico a quello psicologico.

Ha scritto: “Il compito dell’artista non consiste nella fedele rappresentazione del cielo, dell’acqua, delle rocce e degli alberi; la sua anima e la sua sensibilità devono al contrario rispecchiarsi nella natura. Riconoscere, penetrare, accogliere e riprodurre lo spirito della natura con tutto il cuore e con tutta l’anima è il compito di un’opera d’arte.” Quindi, con un linguaggio di precisa aderenza alla realtà, tendere alle regioni, e alle ragioni, dello spirito. Tanto che le figure che ci volgono la schiena e guardano il paesaggio fanno acquisire allo spazio una identità sacra. In questo senso, Friedrich ha dipinto quadri nei quali si attua una fusione piena tra figure, su un limite che si fa presto illimite. È la forza misteriosa e segreta che palpita nel capolavoro Le bianche scogliere di Rügen. Ma poi sono i quadri, amatissimi, con la luna al suo sorgere, prima bassa e poi alta nel cielo, quella luna inviolata dentro il groviglio e la matassa delle nuvole. Ci sono alcune belle frasi che sono state trovate e dedicate all’amore di Friedrich per la luna: “Fin dalla sua infanzia la luna esercitava una strana attrazione su di lui. Ed egli ne aveva coscienza. Diceva che, se gli uomini dopo la loro morte venivano trasportati in un altro mondo, lui lo sarebbe stato sulla luna. Era per lui l’emanazione dell’anima del mondo, il ponte luminoso tra qui e l’universo.”

L’Italia, la mitologia e il viaggio
Böcklin, Pan e l’amore per il Bel Paese

La terza sezione della mostra ha al suo centro l’opera di un pittore, Arnold Böcklin, molto particolare sulla scena europea della seconda metà del XIX secolo. Campione di un simbolismo piuttosto eccentrico, l’artista di Basilea, sulla scia delle teorie di Burckhardt e soprattutto Nietzsche, che proprio nell’università di quella città insegnarono, ebbe negli ideali e nelle raffigurazioni del mondo classico il suo punto di supremo interesse. Mondo che poi, in perfetta sintonia con il suo tempo, viveva di un’adesione alla psicologia che gli fece evocare il mondo dell’interiorità, pur attraverso figure come quelle dei centauri, delle ninfe, dei satiri e molte altre ancora. I quadri dipinti da Böcklin nel primo periodo romano (1850-1857) risentono di uno sguardo profondo sulla natura. Lui, assieme a Feuerbach e Von Marées, era uno dei cosiddetti Deutschrömer, piccolo gruppo di tedeschi operanti a Roma. Le caratteristiche animalesche e dionisiache esplorate da Böcklin, lo portano alla rappresentazione della scena cardine del periodo, quella con Pan nel canneto. Tratta dalle Metamorfosi di Ovidio la storia riesce a tenere insieme tanto l’elemento dionisiaco quanto quello apollineo. La rinuncia al desiderio sensuale per l’assenza della ninfa si volge in melanconia espressa da una musica elegiaca.

Elemento musicale che torna nel sensibilissimo dipinto Bambini che intagliano zufoli, a simboleggiare l’origine della musica, che nasce direttamente nella natura. Molti dei quadri più importanti di Böcklin sono stati realizzati in più versioni ed è questo il caso anche di Tritone e Nereide. Assieme a Pan e al suo seguito, l’altro grande tema preferito dal pittore per quanto riguarda la mitologia erano le creature del mare. Il mare, principio maschile, è personificato da Tritone, mentre la terra, principio femminile, dalla nereide.

Lo sguardo e il mistero del silenzio
Ritratti e realtà in Svizzera da Anker a Hodler

La quarta sezione della mostra include, nell’ambito del ritratto e della figura, con prove fortemente legate alla realtà, i due pittori più popolari in Svizzera nel secondo Ottocento, Albert Anker e Ferdinand Hodler. Quest’ultimo anche straordinario pittore di paesaggi, sia nel corso del XIX secolo sia, ancor di più, nei primi due decenni del successivo, come si vedrà nella sezione conclusiva.

Anker ha dipinto moltissime scene di vita quotidiana, diventate occasioni per un diario sentimentale che con frequenza si volge al racconto della vita dei bambini, come nel meraviglioso ritratto della figlia Louise, a Parigi nel 1874, o in L’asilo, uno dei suoi quadri di maggior successo con gruppi di figure. Assieme alle tante immagini dei vecchi lungo le strade o nelle locande, del soldato che torna dalla guerra, dei funerali e dei matrimoni, del mondo della scuola e dell’intimità domestica, egli compone un vero e proprio poema che evoca il senso dell’identità nazionale.

I ritratti e le figure di Ferdinand Hodler, dipinti negli stessi anni di quelli di Anker, hanno da un lato un’ascendenza ugualmente francese che origina da Courbet, ma anche l’amore verso il naturalismo acuminato di Holbein. Il soggiorno a Parigi, tra il 1877 e il 1878, aveva intanto messo Hodler in contatto con un ambiente ricco di suggestioni straordinarie e gli aveva fatto visitare i grandi musei. La convalescente raggiunge certamente un punto avanzato, tra i rapporti tonali alla Degas e l’annuncio delle inquietudini munchiane. Lo stesso spirito ormai più moderno che emerge nel ritratto di Louise-Delphine Duchosal figlia del poeta simbolista, in cui Hodler apre all’individuazione della complessità psicologica esplorata proprio dai simbolisti.

Il racconto della vita
Dal realismo all’impressionismo tra Austria e Germania

La quinta sezione della mostra indugia specialmente sulla situazione del realismo in Germania nella seconda metà dell’Ottocento, fino alle prove di alcuni pittori, da Liebermann a Slevogt a Corinth, nell’ambito impressionista. Tutto questo preceduto da un pittore austriaco molto interessante, Ferdinand Georg Waldmüller, il quale assai precocemente offre della natura una visione fresca e libera per il suo tempo, pregna di luci che amava cogliere soprattutto nelle ore del mezzogiorno.

La pittura di metà Ottocento in Germania è introdotta da una delle figure più ammirate in quella nazione nell’intero secolo, Adolph Menzel, colui che Degas considerava, di certo con il gusto dell’iperbole, “il più grande maestro vivente”. Menzel ha incarnato da un lato il pittore storico per eccellenza, il favorito della Corte, essendogli stato anche assegnato il titolo nobiliare, ma dall’altro, soprattutto con i quadri a cavallo della metà del secolo, ha saputo dare prove di straordinaria sensibilità di luci e atmosfera.

In Germania è la figura di Courbet ad avere influenzato in modo assoluto la generazione di pittori nati tra la fine degli anni quaranta e i primissimi anni cinquanta, raccolti attorno a Wilhelm Leibl in una cerchia a Monaco di Baviera. La forza di verità della pittura del maestro di Ornans diede a tutti loro la certezza di poter finalmente abbandonare gli insegnamenti delle accademie che tendevano sempre al classicismo e alla idealizzazione delle figure e del paesaggio. La mostra di arte internazionale al Glaspalast di Monaco, nel 1869, con i quadri ci Courbet che vi furono esposti, ma anche i ritratti eseguiti da Manet, aprirono gli occhi a pittori come Leibl, Thoma, Von Uhde e Trübner, presenti in questa sezione.

La valle incantata
Tra occhi, villaggi e montagne nella Svizzera che cambia colore da Segantini a Giacometti

La sesta sezione della mostra mette in scena il passaggio, nella pittura svizzera tra Otto e Novecento, verso la descrizione di un colore che cambia e si fa modernissimo, tanto da appaiarsi alle migliori situazioni europee. È questo il caso soprattutto di Giovanni Segantini e Ferdinand Hodler, esponenti, seppure in maniera diversa, della grande famiglia del simbolismo internazionale. Ma a esiti di indubbia modernità, tra Van Gogh e Gauguin, giungono anche Cuno Amiet e Giovanni Giacometti, praticamente coetanei essendo nati entrambi nel marzo 1868. Essi sono parte fondamentale della poesia in immagini della montagna svizzera, avendocome spazio dell’anima i luoghi attorno al passo del Maloja. Vi sfugge soltanto Hodler, quasi sempre centrato sull’Oberland bernese.

Il quadro di Segantini è stato dipinto negli anni trascorsi a Savognino, in val Sursette nei Grigioni prima del trasferimento a Maloja. Vi presiede un senso di sospensione cosmica, di calma, di beatitudine quotidiana e di spazialità quasi immisurabile, tanto da confinare con l’eterno. È evidente come la tecnica divisionista non suggerisca soltanto la chiarità e perfino la trasparenza dell’aria, ma esprima anche la visione panteistica che fa diventare la natura non soltanto la cosa osservata ma anche visione interiore.

L’altra vasta tela compresa in questa sezione, e con cui si chiude la mostra, Sguardo sull’infinito, ci porta a Ferdinand Hodler. Ci porta a uno dei suoi temi più famosi, nel parallelismo dei corpi, realizzato in più di una versione. Un’idea complessa che sembra quasi sintetizzare, al pari delle tante montagne da lui dipinte in quegli anni finali, il guardare alla conclusione della vita come a una sfuggente realtà presa ormai dall’infinito.

Alte vette, ghiacciai, cieli, silenzio e la pittura. Nella grande mostra al San Gaetano di Padova

Geografia, geologia, orografia, in altre parole, il luogo fisco di ciò che viene definito “paesaggio”, c’entra, e molto, con la pittura. E non solo con essa.

Lo conferma il saggio di Francesco Goldin, il fratello geografo del popolare critico d’arte Marco, che compare nel volume che accompagna la grande esposizione Dai romantici a Segantini. Storie di lune e poi di sguardi e montagne. Capolavori dalla Fondazione Oskar Reinhart, al Centro San Gaetano, a Padova, dal 29 gennaio al 5 giugno 2022, promossa dal Comune di Padova e da Linea d’ombra.

Francesco Goldin, partendo dai capolavori esposti nella mostra curata dal fratello, offre a essi una precisa collocazione geografica, parlando delle località dove hanno preso vita. Ed è interessante osservare il “ruolo” assolutamente primario nella genesi dei dipinti del fascino profondo dell’Arco Alpino, dei picchi più alti, dei ghiacciai un tempo considerati “eterni”, delle profonde, verdi vallate.

Francesco Goldin annota, nel suo raccontare, la scoperta di questi luoghi, oggi mete del turismo internazionale, a partire da quando qui cominciano ad arrivare “turisti” che scoprono e poi occuperanno ambienti che per millenni erano stati esclusivi degli “indigeni” e dei loro animali.

Ripercorre gli anni in cui la Svizzera si andava configurando, nell’immaginario collettivo come “la nazione alpina per eccellenza”. È un pellegrinaggio verso le alte vette che inizia in modo sistematico già nel secondo ‘700 per diventare organizzato nel corso del secolo successivo. È la natura primordiale a muovere a gara i rocciatori ma a calamitare anche i pittori. Goldin cita il caso del Grindelwald, luogo “che poteva offrire avventura e bellezza senza limiti”.

Il grande cambiamento coincise, e non poteva che essere così, con l’avvento della società industriale che comportò, soprattutto in Inghilterra, il crescere dell’urbanizzazione e, per contrasto, la ricerca “di un altrove”. A metà ‘800 esplode la pratica sportiva in montagna, culminata con la golden age dell’alpinismo, collocata tra il 1854, data dell’ascensione di Alfred Wills sul Wetterhorn, e il 1865, anno i cui Alfred Whimper completa l’ascesa del Cervino. Poi, a fare la differenza, provvidero le ferrovie che, a fine secolo, diedero il via a un turismo più largo. Realizzare certi tratti di queste linee ferrate si presentava come impresa ai limiti dell’impossibile, veri e propri temerari azzardi. Come il caso della ferrovia della Jungfrau, costruita tra il 1896 e il 1912, o quella del Bernina, impresa condivisa con l’Italia.

Per esemplare la potenza del connubio tra questi magici luoghi vicini al cielo e agli artisti, Francesco Goldin si sofferma su un luogo di confine, Maloja, il passo che congiunge la Val Bregaglia e l’Engadina, nel Cantone dei Grigioni. Luogo che chiude, in modo affascinante, la mostra curata dal fratello, tra Segantini, Giacometti, Amiet e le visite di Hodler.

Quello che per secoli era stato un alpeggio frequentato dai soli valligiani cominciò a trasformarsi, a cavallo tra Otto e Novecento, in un centro di villeggiatura, soprattutto, ma non solo, invernale, anche grazie al vantaggio di trovarsi nei pressi di Sankt Moritz, perla dell’Engadina destinata a diventare meta del jet-set internazionale.

Maloja, al di là della bellezza dell’ambiente, scrive Francesco Goldin “deve il suo prestigio all’avere ospitato il pittore Giovanni Segantini negli ultimi cinque anni della sua vita. Segantini, che abitò uno chalet e vi affiancò un atelier di propria concezione, passeggiava quotidianamente lungo un itinerario oggi percorribile dagli appassionati, dotato di dodici punti di sosta adeguatamente illustrati, tra i quali ovviamente la casa e la tomba dell’artista.

Il “Segantini-Weg” lambisce il vicino Lago di Sils, presso il quale, nel decennio precedente, aveva soggiornato a più riprese un altro grande, Friedrich Nietzsche, che lì scrisse buona parte delle opere che segnarono il suo affrancamento dal pessimismo schopenhaueriano. A Sils Maria, «seimila piedi al di là dell’uomo e del tempo», secondo la sua stessa espressione, Nietzsche venne assalito dall’illuminazione dell’eterno ritorno ed ebbe per la prima volta la “visione” della figura di Zarathustra”. A conferma di quanto la suggestione dei luoghi penetri l’anima di artisti e pensatori.

Orari e informazioni

Luogo e date

Centro San Gaetano Padova, via Altinate, 71
29 gennaio – 5 giugno 2022

Per l'ingresso nel Centro San Gaetano, è obbligatorio il green pass rafforzato e l’uso della mascherina FFP2.

Orario mostra

(ultimo ingresso 70 minuti prima della chiusura)

  • lunedì: 10-18
  • mercoledì e giovedì: 10-13 / 14.30-19
  • venerdì: 10-13 / 14.30-20
  • sabato: 10-13 / 14-20
  • domenica: 10-13 / 14-19.30

martedì chiuso

Per aggiornamenti su orari e modalità di visita, consultare https://www.lineadombra.it/

Call center per info e prenotazioni

dal lunedì al venerdì: ore 9-13.30 - 14.30-18
0422 429999
biglietto@lineadombra.it

Biglietti

(prezzi comprensivi di diritto di prenotazione)

  • Intero euro 15
  • Ridotto euro 12 studenti maggiorenni e universitari fino a 26 anni con tessera di riconoscimento, oltre i 65 anni, giornalisti con tesserino
  • Ridotto euro 8 minorenni (6-17 anni)

Biglietti con visita guidata

(prezzi comprensivi di diritto di prenotazione)

  • Intero euro 22
  • Ridotto euro 19 studenti maggiorenni e universitari fino a 26 anni con tessera di riconoscimento, oltre i 65 anni, giornalisti con tesserino
  • Ridotto euro 15 minorenni (6-17 anni)
  • Per i titolari di biglietto gratuito (bambini fino a 5 anni compiuti - accompagnatore di persone non abili) la visita guidata resta a pagamento (euro 7).

Gruppi

  • Prenotazione obbligatoria (minimo 15, massimo 20 persone)
  • Intero euro 12
  • Ridotto euro 8 minorenni (6-17 anni)

Scuole

Prenotazione obbligatoria

(minimo 15, massimo 20 studenti con 2 insegnanti accompagnatori a titolo gratuito) Ridotto euro 6

Per visite effettuate il sabato e la domenica viene applicata la tariffa dei gruppi.

Ingresso gratuito

Bambini fino a 5 anni compiuti (non in gruppo scolastico), accompagnatore di persone non abili.

Per le persone non abili che necessitino di accompagnatore è necessario la prenotazione tramite call center 0422 429999.

Visite guidate

  • Gruppi euro 100 (non sono consentite visite con guida propria)
  • Scuole euro 60 (non sono consentite visite con guida propria)
  • Privati euro 7 a persona (in gruppi di minimo 15, massimo 20 persone)

Le visite guidate verranno effettuate con l’ausilio di un apparato microfonico dotato di auricolari monouso, compreso nel costo della visita guidata.

Audioguida

Un grande racconto di Marco Goldin dedicato alla mostra.

  • Adulti euro 6,50
  • Bambini euro 4,50

Nel prezzo è compreso l'auricolare monouso disponibile in prenotazione e direttamente in mostra.

Linea d’ombra
Strada di Sant’Artemio, 6/8
31100 Treviso

Tel. +39 0422 3095
Fax +39 0422 309777

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