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Cultura Piazze / Piazza Capitaniato, 7

A Padova la bellezza non va in vacanza: tre musei dell'Università aperti a luglio

Sono il museo di Scienze Archeologiche e d’Arte, dell'Educazione e di Macchine “Enrico Bernardi”, i quali aprono gratuitamente al pubblico nel mese di luglio le loro collezioni per un’offerta di bellezza assolutamente all’altezza della fama delle opere d’arte che contengono

Sono tre i musei dell’Università di Padova (di Scienze Archeologiche e d’Arte, dell'Educazione e di Macchine “Enrico Bernardi”) che aprono gratuitamente al pubblico nel mese di luglio le loro collezioni. Un’offerta di bellezza assolutamente all’altezza della fama delle opere d’arte che contengono.

I tre musei

Al Museo di Scienze Archeologiche e d’Arte in piazza Capitaniato 7 (Palazzo Liviano) ogni martedì del mese (9-16-23-30) si potranno ammirare la Collezione Mantova Benavides, le Salette archeologiche, la Gipsoteca e la Collezione litologica. Nel Museo dell'Educazione di via degli Obizzi 23 (tutti i mercoledì del mese di luglio: 10-17-24-31) si entrerà in un passato nemmeno tanto remoto osservando gli oggetti appartenenti al mondo della scuola, alle fotografie delle classi, alle pagelle e registri scolastici o incantandosi davanti ai giocattoli d’epoca. Infine, venerdì 26 luglio, sarà una vera sorpresa confrontarsi con le intuizioni di Enrico Bernardi, precursore dell'automobile moderna e pioniere dell'automobilismo, al Museo di Macchine a lui dedicato nel Dipartimento di Ingegneria industriale in via Venezia 1 sempre a Padova.

I musei dell'Università di Padova

Museo di Scienze Archeologiche e d’Arte

Il Museo di Scienze Archeologiche e d'Arte, con le sue collezioni ricche di storia e di fascino, accoglie curiosi ed appassionati ogni martedì dalle 15.30 alle 18.30. L'entrata è libera e gratuita. Le collezioni del museo raccontano di personaggi e vicende che fanno parte della lunga storia degli studi antichistici e riflettono i mutamenti, culturali e di metodo, che hanno caratterizzato la nascita e la strutturazione della disciplina archeologica a Padova in parallelo a quanto avveniva nel resto d’Europa. L’estrema eterogeneità delle collezioni, frutto per gran parte di donazioni, acquisti e qualche raro deposito, rende possibile molti altri percorsi di visita del museo per quanto riguarda le classi di materiali conservati e la relativa cronologia. Nell’insieme una raccolta molto eterogenea che si è scelto di esporre mantenendo integri nella loro composizione originaria i nuclei della collezione Mantova Benavides e della gipsoteca e suddividendo invece in più sale le collezioni archeologiche e didattiche. Come in un’ideale macchina del tempo, le collezioni del museo raccontano di personaggi e vicende che fanno parte della lunga storia degli studi antichistici e riflettono i mutamenti, culturali e di metodo, che hanno caratterizzato la nascita e la strutturazione della disciplina archeologica a Padova in parallelo a quanto avveniva nel resto d’Europa. Ciascun nucleo ha infatti caratteristiche e composizioni differenti che rispecchiano gusti, epoche ed anche opportunità di acquisizione estremamente diversificate, successivamente ricondotte all’utilizzo didattico e di ricerca. Una parte delle collezioni tuttavia ha avuto una genesi differente, come la gipsoteca, radunata appositamente per la didattica della scultura antica rivolta ai futuri archeologi come pure i materiali da scavo. Le collezioni presenti: Collezione Mantova Benavides, Salette archeologiche, Gipsoteca, Collezione litologica e Vetrine didattiche.

Collezione Mantova Benavides

La cinquecentesca collezione di Marco Mantova Benavides in Padova fu una raccolta nella quale elementi naturalistici, manufatti artistici e reperti archeologici erano esposti senza soluzione di continuità ma fu anche Luogo delle Muse, dove l’artista moderno come pure gli umanisti del tempo potevano studiare l’antico e trarne ispirazione per le proprie creazioni. Una scelta di questi oggetti fu acquistata da Antonio Vallisneri senior, medico e naturalista emiliano professore allo Studio Padovano dall'anno 1700, per il suo museo. Successivamente il Museo Vallisneriano fu donato all'Università di Padova nel 1733 dal figlio Antonio Vallisneri iunior e divenne una istituzione pubblica. Da questo nucleo onnicomprensivo progressivamente, agli inizi del XIX secolo, si differenziarono molti degli attuali musei universitari tra cui appunto il Gabinetto di Numismatica e Antichità, l'attuale Museo di Scienze archeologiche e d'Arte. Nella sala dedicata alla collezione benavidiana, completamente riallestita nel 2008, l’esposizione privilegia alcuni filoni collezionistici presenti nell’originaria raccolta quali il ritratto antico e all’antica, accanto a calchi e modelli di artisti contemporanei al collezionista Marco (sec.XVI), tra cui Bartolomeo Ammannati e Alessandro Vittoria, o precedenti di una generazione, come Donatello. L’esposizione inizia proprio con opere dei tre artisti sopra nominati: il modello della Cariatide o Allegoria dell’Architettura di Alessandro Vittoria, quello dell’Allegoria della Sapienza di Bartolomeo Ammannati e la Testa del Gattamelata, gesso derivante dal modello di fusione del grande monumento equestre donatelliano presente in Padova, nel sagrato della basilica di Sant’Antonio. Accanto, all’interno di un pregiato ed unico esemplare di una scanzia veneta (libreria a giorno) attribuita al sec. XVI e proveniente dalla collezione originaria, si trovano piccole produzioni di botteghe venete e lombarde, databili tra fine XV e XVI secolo, quali terrecotte, marmi e bozzetti assieme a piccoli marmi antichi. ll tema principale della raccolta, il ritratto antico e all’antica, è invece esposto in una nuova vetrina che riprende la modularità di quella storica. I personaggi che vi ritroviamo raffigurati sono quelli dell’antichità romana, imperatori e divinità. Molti di essi li ritroviamo affrescati nella contigua Sala dei Giganti a riprova della circolarità di utilizzo delle suggestioni iconografiche dall’antico. L’esposizione termina con la scultura antica, greca e romana, che annovera tra i manufatti più interessanti una statuetta votiva di Athena, originale d'arte greca di IV sec.a.C. e una buona copia antica in marmo dell'Eros che allenta l'arco, un’opera originale di Lisippo (338-335 a.C.) andata perduta.

Salette archeologiche

Le dodici salette centrali del museo espongono collezioni molto eterogenee e in molti casi prive di contesto perché derivanti da raccolte di tipo collezionistico e non da scavi regolari. Nel nuovo allestimento i materiali sono stati pertanto riaggregati per insiemi culturali e cronologici che potessero fornire, in sintesi, un quadro generale per ogni ambito culturale documentato:

  • Civiltà del mediterraneo orientale ed Egitto antico con un approfondimento sugli scavi padovani nell’oasi del Fayum, villaggio di Tebtynis, negli anni '30;
  • Civiltà greca nelle sue molteplici espressioni topografiche (continentale, insulare, Magna Grecia) e cronologiche (dal Bronzo cipriota all'età ellenistica);
  • Popolazioni italiche (Apuli, Etruschi, Veneti);
  • Roma, con approfondimento su Padova romana.

Una delle salette ospita infine l’archivio e il catalogo informatizzato.Per quanto riguarda i reperti da collezione, si segnalano la storica collezione Neumann e un lotto di materiali dalla collezione Gorga che hanno arricchito il museo di ceramiche magnogreche, etrusche e romane. Recente (2006) è invece la donazione della collezione dei coniugi Michelangelo Merlin e Oplinia Hieke che hanno destinato all’Università la loro raccolta privata di antichità, regolarmente notificata. La collezione comprende 138 oggetti tra vasi greci, magnogreci ed apuli, statuine fittili, bronzi, pochi vetri e monete, qualche reperto pre-protostorico. Ai reperti più significativi della collezione sono state dedicate tre salette, rispettivamente la sala n.3 per la ceramica geometrica apula; la sala n.4 per i vasi greci e la sala n.6 per i reperti vascolari ma anche le monete e la coroplastica di area magnogreca. Il contributo, prezioso, di questa collezione ha consentito di riallestire completamente queste tre sale con reperti decisamente importanti e significativi, sia dal punto di vista didattico che scientifico. Per quanto riguarda invece i materiali pre-protostorici e romani della collezione, data la loro esigua consistenza, sono stati inseriti nei percorsi espositivi preesistenti, fornendo, in ogni caso, utili ed interessanti integrazioni. Non mancano tuttavia reperti e collezioni da scavo. Si segnalano in particolare tre steli da Padova e suburbio, alcuni reperti emersi dagli scavi dei cantieri edilizi di Bo e Liviano negli anni ’30 del Novecento e una campionatura di tombe scavate negli anni ‘70 nella necropoli veneta del Piovego, ad est di Padova. Dal 2013 è allestita un’esposizione permanente dedicata agli scavi dell’Università di Padova nell’oasi del Fayum, villaggio di Tebtynis, condotti negli anni '30 da Carlo Anti.

Gipsoteca

L’istituzione della gipsoteca si deve a Gherardo Ghirardini, che nell’autunno del 1899 fu chiamato alla cattedra di archeologia a Padova dove rimase sino al 1907. Tuttavia l’impegno maggiore per il potenziamento della gipsoteca, calcolabile tra il 60% e il 70% della consistenza finale, si deve al successore Giuseppe Pellegrini, morto nel 1918. I soggetti prevalenti dei calchi acquisiti nel primo ventennio del Novecento sono sculture classiche dai musei di Roma, Napoli, Firenze ma anche da collezioni venete (Museo Archeologico di Venezia). Sono presenti anche calchi di sculture e rilievi dal Partenone fidiaco, perlopiù acquisiti tramite ateliers fiorentini (Lelli). Rimandano invece ad opere provenienti da campagne di scavo la presenza del gesso dell’Hermes da Olimpia (calco berlinese acquisito tramite il Museo Civico di Bologna) e di 10 calchi di notissimi reperti minoici da Creta (eseguiti sull’isola da matrici formate, quasi sicuramente, sugli originali e donati da Massimiliano Ongaro). Successivamente, con l’arrivo a Padova nel 1922 di Carlo Anti, la gipsoteca, pur con ritmo più lento, continuò a crescere, comprendendo sia altre sculture classiche sia calchi derivanti da differenti tipologie di reperti quali le monete (in totale 149) e i materiali preistorici (34). Nell’ambito della costruzione della nuova sede del museo all’ultimo piano del nuovo edificio per la Facoltà di Lettere e Filosofia, il Palazzo Liviano (anni 1937-1939), la gipsoteca fu ambientata dal progettista, l’architetto Gio Ponti, in una vasta sala organizzata intorno ad una riproposizione in chiave razionalista dell’atrio di una casa romana e di un emiciclo. Solo nel dopoguerra la gipsoteca venne terminata e vennero eseguiti alcuni restauri, tuttavia con il passare del tempo fu sempre meno utilizzata. L'ultima importante acquisizione di opere si ebbe nel 1980 quando giunse in museo un deposito di 11 calchi dal Museo Correr di Venezia. Al termine degli anni ’90, dovendosi procedere ad urgenti lavori edilizi e di sicurezza in tutto il museo, si è colta l’occasione per riallestire anche il settore della gipsoteca ripristinando, là dove possibile, l’originario progetto di Gio Ponti e completandolo con un nuovo allestimento delle opere. Il nuovo progetto espositivo della gipsoteca si è posto da un lato in ideale continuità con le scelte museografiche e museologiche degli anni ’30, dall’altro ha dovuto contemperare ad esse le necessità di un’esposizione moderna e scientificamente aggiornata delle opere. A tal fine il percorso è stato organizzato per ambiti cronologici e scuole, accostando, all'interno dei vari ambiti, busti, rilievi e statue a tutto tondo prima esposti separatamente. La ritrovata armonia degli spazi pontiani ha consentito infine di conferire al percorso generale una maggiore flessibilità e la possibilità, in ogni momento e con il minimo sforzo, di introdurre approfondimenti tematici, ampliamenti e modifiche.

Museo dell'Educazione

Il Museo dell'Educazione dell'Università di Padova, con le sue collezioni che raccontano la storia dei bambini del tempo che fu, accoglie curiosi ed appassionati ogni mercoledì dalle 15.30 alle 18.30 in via degli Obizzi, 23. L'entrata è libera. Nel Museo dell’Educazione si possono trovare libri e giocattoli, foto e quaderni, sussidi didattici e arredi scolastici, registri e pagelle, diplomi di laurea e papiri, inchiostri e pennini non semplicemente raccolti ma scientificamente selezionati per documentare come, dall’Ottocento ad oggi, le giovani generazioni siano state “educate” dalla nascita all’ingresso nella vita adulta. Vanta un patrimonio tra i più ricchi d’Europa e conserva alcuni pezzi unici risalenti all’Ottocento, come il quaderno di calligrafia del maestro Vincenzo Sproviero o l’apparecchio per la fusione dei colori di Ida Pilotto Sottini, e altri del primo Novecento come il modello di ottovolante o il grande teatrino per veri spettacoli delle marionette.

Le collezioni

Dal momento della sua costituzione ad oggi il Museo ha continuamente incrementato il proprio patrimonio attraverso acquisizioni dalle scuole o da altre istituzioni educative, ma anche grazie a donazioni da parte di privati. I materiali raccolti vanno dagli arredi scolastici ai sussidi didattici, dai quaderni ai giocattoli, dalle fotografie agli abiti, dai libri di testo a quelli di narrativa, dalle pagelle a fondi archivistici e reperti di vario genere relativi all’arco di tempo che va dalla nascita all’ingresso nella vita adulta. Come si vede, si tratta di un materiale eterogeneo, ma coerentemente selezionato per offrire, innanzitutto agli studiosi, la possibilità di attingere ad una documentazione un tempo ritenuta minore, ma in grado di diventare invece strumento vivo di conoscenza del passato. Ricostruire tempi e luoghi, metodi e materiali attraverso i quali le giovani generazioni sono state sia istruite che educate a condividere cultura, comportamenti e, in definitiva, valori, è oggetto di grande interesse non più e non solo da parte dei pedagogisti. Storici, antropologi, sociologi, etnografi, psicologi sottolineano infatti sempre più l’importanza che l’indagine, e quindi la documentazione, sulla storia del sistema formativo ha all’interno dei rispettivi campi di ricerca. Le collezioni presenti: Dentro la scuola, Fotografie, Materiale d'archivio, Materiale da altre istituzioni educative e Nella casa.

Dentro la scuola

La collezione di arredi scolastici conservata dal Museo comprende banchi, cattedre, lavagne, armadi, predelle, panche provenienti da scuole elementari e materne prevalentemente venete relativi al periodo 1870/1970. La collezione di sussidi didattici è molto consistente. Questi materiali possono essere raggruppati o in funzione dell’apprendimento che essi volevano favorire o in relazione alle loro caratteristiche:

  • Sussidi per conoscere lettere e parole (alfabetieri, cartelloni per la nomenclatura...)
  • Sussidi per conoscere i numeri e le forme (pallottolieri, frazionieri, regoli, solidi geometrici, misure di capacità, peso…)
  • Sussidi per conoscere la natura (animali in scala e impagliati, collezioni di minerali, erbari, vetrini e cartelloni di zoologia e botanica…)
  • Sussidi per conoscere le leggi della fisica e della chimica (provette, macchine per il vapore, esperienze per l’elettricità…)
  • Sussidi per conoscere lo spazio (carte geografiche; mappamondi, vedute di città…)
  • Sussidi per conoscere la storia (quadri murali con scene storiche, tavole sinottiche…)
  • Sussidi per conoscere il lavoro dell’uomo (strumenti agricoli, campionari di prodotti…)
  • Sussidi audiovisivi (dalla lanterna magica ai proiettori scolastici, dalla radio degli anni ’30 distribuita durante il fascismo a quella degli anni ’60 inviata dal Ministero della Pubblica Istruzione, dal grammofono a manovella a quello assemblato dagli alunni di una scuola tecnica, dai vetrini ai dischi...) Sono raccolte inoltre circa 800 pellicole “educative” prodotte negli anni ’50 prevalentemente dall’editrice La Scuola di Brescia il cui archivio filmico è andato distrutto.
  • Sussidi realizzati da insegnanti (raccolte varie, disegni su carta bianca o ardesiata…) si tratta di sussidi di grande rilevanza prodotti direttamente dai maestri a volte “copiando” a volte “anticipando” la produzione industriale.
  • Sussidi d'autore (i doni di Froebel, alcuni materiali della Montessori, le scatole legate al metodo Decroly, la tipografia scolastica di Freinet…)
  • Sussidi in forma di gioco (tombole geografiche, sillabiche, figurine…)

La collezione di materiale di cancelleria comprende cartelle, astucci, penne e pennini, segnalibri, inchiostri e altro ancora. Si segnalano i campioni di inchiostri utilizzati per la programmazione del restauro dei quaderni di Tayat (eclettico artista attivo nel primo quarto del Novecento) conservati al Mart di Rovereto (Trento).

Fotografie

Il consistente fondo fotografico conserva più di 1000 scatti relativi ad edifici e gruppi scolastici, famiglie e momenti di gioco, in parte confluiti nel dossier La scuola nel Veneto. Storia per immagini pubblicato in collaborazione con la rivista «Fotostorica» (N. 25/26, novembre 2003). Tra le fotografie conservate ci sono albumine, ferrotipi e classiche foto di studio. L’intero fondo si riferisce al periodo 1860-1970. Si segnalano più di 200 positivi attribuiti al fotografo inglese Young-Hammerton che, agli inizi del Novecento, soggiornò ad Asolo e Castelfranco Veneto (Treviso).

Materiale d'archivio

Il Museo si caratterizza anche come archivio in quanto conserva una preziosa documentazione manoscritta proveniente da vari donatori e da alcune istituzioni educative, pubbliche e private. La collezione di quaderni ed elaborati didattici vanta circa 6000 pezzi prevalentemente relativi all’arco di tempo 1870/1970. La collezione di documenti scolastici vanta circa 1500 pagelle e diplomi relativi a tutte le scuole – pubbliche e private, dalle elementari all’università – prevalentemente datati tra il 1870 e il 1950. Il nucleo più consistente è di provenienza locale, ma ve ne sono molti di provenienza nazionale. L’archivio del Museo conserva significativi fondi personali e istituzionali:

  • Le carte di Giovanbattista Carron (comandante partigiano, docente di filosofia, preside, deputato, presidente dell’ONAIRC);
  • Gli archivi didattici di alcuni insegnanti elementari (Elisa Garbo Furlan, Wanda Vignaga Naccari, Tina Favaron), in servizio a Padova e a Rovigo nel secondo dopoguerra;
  • Documenti di Giuseppe Bruzzo, Provveditore a Vicenza tra le due guerre mondiali;
  • L’intero archivio del “Movimento Impiegati Cattolici” attivo nell'ambito dell’educazione degli adulti a Venezia dal 1962 al 1977;
  • Registri e documenti vari dell'Istituto per l'Infanzia Abbandonata di Padova (1915-1938);
  • Documenti vari provenienti da istituti scolastici o assistenziali.

Nella casa

La collezione di giocattoli è molto significativa e consistente. Essa comprende pezzi capaci di documentare le attività ludiche sia maschili che femminili dal secondo Ottocento a tutto il Novecento. Alcuni di essi sono di grande pregio, o per la loro rarità o perché prodotti autonomamente dalle famiglie o perché particolarmente capaci di testimoniare il legame tra il semplice manufatto per l’infanzia e la cultura di un determinato periodo. Tra questi ultimi va inserita la bambola “moretta” prodotta in Germania alla fine dell'Ottocento, quando le imprese coloniali da un lato, il nuovo gusto per i viaggi dall’altro, svilupparono interesse e curiosità verso i paesi lontani. Tra i giocattoli di produzione domestica si segnalano il triciclo realizzato da uno zio, il teatrino che appartenne a Miriam ed Eugenio Donadoni, ma anche la semplice barca col foglio di giornale, le automobiline di legno e tanti altri pezzi unici e curiosi. La collezione di arredi domestici vanta pezzi di grande qualità:

  • Lo studio di Giovanni e Stefania Omboni, rispettivamente docente dell’Ateneo e filantropa illuminata;
  • Il “banco ad uso famiglia”, interessante testimonianza di un periodo - l’età giolittiana - in cui le istanze dei medici igienisti influenzarono anche gli arredi domestici destinati agli scolari;
  • I cinque pezzi del salottino per bambini, rara produzione risalente agli anni Trenta.

La collezione dedicata all’abbigliamento comprende, tra l’altro, numerosi abiti per la Prima Comunione, grembiuli, fasce e vestitini da neonato, abiti per il carnevale, cappelli universitari e una toga accademica.

Museo di Macchine "Enrico Bernardi"

Visite guidate al Museo di Macchine dedicato a Enrico Zeno Bernardi (in via Venezia 1, presso il Dipartimento di Ingegneria industriale), organizzate in occasione del centenario della morte del professore dell'università di Padova che fu precursore dell'automobile moderna e pioniere dell'automobilismo. Il museo ha l'obiettivo di valorizzare l’inestimabile patrimonio lasciato alla città di Padova da Bernardi, e inoltre informare sulla vita, gli interessi e i progressi tecnologici messi a punto dallo scienziato meccanico. Grazie alla struttura innovativa del museo, oltre a visionare i manufatti presenti, è possibile, con l’ausilio di monitor multimediali, visionare sia gli scritti autografi del Bernardi sia vedere “in funzione” le macchine da lui realizzate. Le visite guidano alla scoperta del mondo dei motori a combustione interna grazie, ovviamente, ai manufatti innovativi di una delle glorie italiane dell’automobilismo: Enrico Zeno Bernardi. Il visitatore scoprirà la vita, gli interessi ed i numerosi progressi tecnologici messi a punto dalle innate doti tecnico-scientifiche di Enrico Bernardi.

Bernardi a 3 ruote

Tra le opere conservate all’interno del Museo, spicca l’originale vettura Bernardi a 3 ruote, unico esemplare al mondo di automobile Bernardi funzionante con la meccanica originale. La macchina, risalente al 1899, è spinto da un motore monocilindrico orizzontale a quattro tempi di 625 cm3 in grado di sviluppare una potenza di 2.34 CV alla velocità nominale di 770 giri al minuto. Il propulsore, messo a punto dal Bernardi stesso, è in grado di spingere il veicolo fino ad una velocità di 35 km all’ora. Questo modello di autovettura, grazie alle numerose soluzioni meccaniche originali introdotte dal Bernardi (la reticella di platino, il carburatore a getto di carburante, il radiatore a tubi d’aria ed il distributore meccanico dell’olio), è stato in grado, tra il 1898 ed il 1900, di vincere 7 gare internazionali su 12 alle quali ha partecipato.

Storia

L’istituzione del Museo di Macchine “Enrico Bernardi” ebbe luogo nel 1941 in occasione del centenario della nascita del professor Enrico Bernardi, pioniere italiano dell’automobilismo, quando, a seguito di un lascito degli eredi, fu possibile raccogliere materiali di interesse storico e scientifico che, oltre a testimoniare il genio inventivo e precursore del Bernardi, costituiscono un punto di riferimento per gli studiosi dell’evoluzione tecnologica nelle costruzioni motoristiche. Il Bernardi (Verona 20 maggio 1841 – Torino 21 febbraio 1919) cominciò ad occuparsi di motori a combustione interna intorno al 1870, in un periodo in cui era fervidamente sentita l’esigenza di macchine energetiche di piccola potenza e di modesto peso e ingombro, e perciò facilmente trasportabili. Il Museo di Macchine “Enrico Bernardi”, inaugurato il 20 maggio del 1941, fu vincolato nel lascito dei donatori ad avere sede nell’Istituto di Macchine, allora in via Marzolo. Il Museo ha quindi seguito le vicende dell’Istituto, trasferito negli anni ‘70 in via Venezia, nel nuovo insediamento universitario che andava allora sorgendo oltre il Piovego. Successivamente il Museo divenne parte del settore Macchine del Dipartimento di Ingegneria Meccanica, che dal gennaio 2011 è stato inglobato nel Dipartimento di Ingegneria Industriale. A partire dal 27 settembre 2014, il Museo Bernardi ha una nuova e più funzionale sede, ubicata nella stessa struttura di via Venezia del Dipartimento di Ingegneria Industriale e situata accanto alle aule, a diretto contatto con gli studenti. Nel Museo sono presenti tutti i principali esemplari di motori a combustione interna che hanno segnato la storia della progettazione e realizzazione di motori in Europa nella seconda metà dell’800: dal motore atmosferico al motore ad azione diretta, fino al motore a 4 tempi. Tutti gli esemplari conservati nel Museo furono costruiti dallo stesso Bernardi. La vettura a 3 ruote ivi esposta, è l’unico esemplare esistente ancora funzionante senza alcuna alterazione dei meccanismi e dispostivi originali.

La collezione

Nel museo sono conservati diversi esemplari di motori a combustione interna e di costruzioni motoristiche eseguite originalmente dal Bernardi nella seconda metà dell'Ottocento, oltre a strumenti e modelli di apparecchiature dallo stesso ideate. Il materiale esposto nell'unica sala del museo comprende:

  • Motore atmosferico a gas, costruito da E. Bernardi tra il 1878 e il 1884, potenza 1/25 CV.
  • Esemplari diversi di motori monocilindrici a benzina (motori Pia), 1882-84.
  • Esemplari di motori monocilindrici a benzina (motori Lauro), 1887-89.
  • Triciclo con le tre ruote in linea, propulso da motore a benzina E. Bernardi (anticipa i motoscooter), 1893.
  • Motrice a benzina a doppio effetto (Motrice Pia), 1893-96.
  • Vettura a tre ruote (1894), la seconda costruita dal Bernardi, propulsa da motore a benzina sviluppante un a potenza da 1.5 a 2.5 CV a n = 430 - 800 g/min., velocità fino a 35 km/h.
  • Modello di sterzo corretto.
  • Motore a benzina da 3 CV (1896).
  • Tachimetro (1880).
  • Dinamometro.
  • Macchina a induzione di Holtz.

Di notevole interesse i quaderni di appunti in cui Enrico Bernardi descriveva le sue ricerche. Tutti i documenti cartacei che descrivono i cimeli conservati presso il museo e i quaderni autografi del Bernardi sono consultabili anche in forma digitale tramite i monitor interativi presenti all’interno del museo. Sarà possibile visitare il museo venerdì 26 luglio dalle ore 17. L'ingresso è gratuito, con prenotazione obbligatoria a questo link.

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