Giuseppe Pavanini in “L’Attimo Fulgente” a cura di Giorgio Chinea Canale
Si inaugura il 5 novembre, alle ore 18.30, la mostra “L’Attimo Fulgente”, protagonista Giuseppe Pavanini. L’esposizione a cura di Giorgio Chinea Canale sarà visibile poi fino al primo dicembre alla Galleria Giorgio Chinea Art Cabinet in Piazzetta Cappellato Pedrocchi.
Giuseppe Pavanini
In “L’attimo Fulgente”
a cura di
Giorgio Chinea Canale
“L’attimo Fulgente”
Un bel giorno di blu
misi il naso all’insù
com’è bella la vita
se dipingo quaggiù..
Anche il rosa d’amor
mi fa battere il cuor
il pervinca con l’or
ma che gioia Dottor!
Poi il verde con Viola
l’eleganza che vola
Il celeste e l’argento
E si vola col vento..
Una rima col rame,
pare tutto un fogliame
Di violin Paganini?
Melodia Pavanini!
G.C.C
Di Marmi e Poesiole
Flusso di coscienza
«Questa piccola mostra vuole essere per me un esercizio di stile. Anche le pratiche curatoriali vanno esercitate. Una sorta di performance nel senso più competitivo del termine. Una competizione con me stesso per avvicinarmi all’essenza dell’estetica; la mia, il mio gusto. Voglio indagare l’essenza dell’immagine non figurativa, avvicinarmi al celebre Informale, l’astratta fetta dell’Arte Contemporanea. Ultimamente mi sono chiesto: chi sono io per soffermarmi al Figurativo? Ho bisogno di astrarmi un attimo. Vado e vengo, forse svengo ma devo farlo. Lo devo alla mia carriera, al suo aspetto più indipendente, alla ricerca».
Si sfidano i limiti
Giorgio Chinea Canale sfida i suoi limiti (strettamente curatoriali e intellettuali) con l’informale e sceglie gli action painting di Giuseppe Pavanini.
«I lavori di Giuseppe Pavanini sono molto belli. E questo per il dandy è già abbastanza. Se poi aggiungiamo il fatto che sono estremamente eleganti il gioco è fatto. Quando penso ai suoi lavori: tele, tavole, stendardi, compensati, ma specialmente a quelli di piccole dimensioni come le tavolette, io penso al marmo, alle lastre di marmo; il nobile marmo, che qui si fa vivace e variopinto. D’altronde astrazione e fantasia sono concetti spesso affini e io nelle opere di Pavanini ci vedo assolutamente delle splendide lastre marmoree, ruggenti, sfacciate, granitiche e rocciose. Non un marmo qualunque, bensì di provenienza remota: pianeti lontani, galassie inesplorate. Materia ferrea proveniente dai bastioni di Orione o forse dalle porte Tannhauser. Da qualche parte nel blu. Per questa piccola mostra di culto difatti mi sono lasciato ispirare dalle tonalità fredde, da sempre le mie predilette: celesti, verdi viola, pervinca, cobalto».
Giuseppe Pavanini
Giuseppe Pavanini è medico e chirurgo, ma è anche artista. È un espressionista astratto che ha già fatto importanti mostre istituzionali a Padova tra cui “Il Gesto e la Luce” alla Sala della Gran Guardia nel 2009 e “Superfici Dorate” in Galleria Samonà nel 2016.
Il suo principale punto di riferimento stilistico, come d’altronde per tutti gli artisti che si avventurano nell’espressionismo astratto è senza ombra di dubbio Jackson Pollock. Tutti fanno i conti con lui.
Punta di diamante della cosiddetta Scuola di New York che a partire dal secondo dopoguerra porta in dote alla storia dell’arte l’Action Painting (pittura d’azione), che con la tecnica del dripping, e il suo automatismo del gesto riesce addirittura gettare le basi per una primordiale forma di Happening.
«Ma se per Pollock e per gli altri maestri dell’informale la grande dimensione diviene massimo campo d’azione per esprimere la propria interiorità, trovo invece estremamente curioso come avvenga il contrario nel caso di Pavanini. I suoi pezzi più contenuti nelle dimensioni sono quelli che prediligo, e li preferisco per un motivo ben preciso, perché si fanno oggetti. Ecco i miei due cents: Oggetti meravigliosi, splendide superfici. Guardandoli la prima volta, fin da subito sono stato pervaso da un sentimento, un’idea inedita. Se un giorno mai io dovessi scrivere un libro di poemetti e poesiole vorrei che la copertina fosse eseguita dal maestro Pavanini, la vorrei esattamente così, ricca e materica, unica e differente per ogni volumetto, in rilievo e di spessore esattamente come le sue opere. L’Arte per l’Arte, orsù! Nella mia esperienza quotidiana, che spesso e volentieri rifletto nel mio lavoro, quando mi perdo in libreria spesso scelgo i libri dalle copertine, perché un bel libro deve essere bello anche fuori, oltre che dentro. Il libro è principalmente un oggetto, così come il dandy stesso, che nella sua manifestazione più originaria e originale è per forza di cose più un oggetto che un soggetto. La superficie così come la superficialità si fanno faccende estremamente profonde, questioni importanti per il dandy e anche per l’esteta e senza ombra di dubbio per il gallerista. Ma ora torniamo a Giuseppe Pavanini e alla sua opera. I suoi sono splendidi lavori, rilucenti a volte abbaglianti. Ed io a questo non so veramente cosa altro aggiungere! Anzi sì… In mostra troverete opere eleganti e raffinate, pezzi unici e irripetibili di un’estrema finezza e sublime composizione, per non parlare poi dell’utilizzo dell’oro! Così ammaliante e maledettamente maliardo».
Giorgio Chinea Canale
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