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Il dettaglio della bellezza: restaurati 500 pezzi di arredo di Gio Ponti a Palazzo Bo

A Palazzo Bo gli arredi erano destinati all’allestimento del piano nobile di Palazzo Bo. In Rettorato, in particolare, il rettore chiese a Ponti di realizzare il Circolo dei professori

Negli anni 1938-1943, nel corso della stagione di lavori edilizi che hanno interessato l’Università di Padova durante il rettorato di Carlo Anti (IV Consorzio edilizio per la sistemazione della R. Università di Padova), l’architetto e designer milanese Gio Ponti fu incaricato dell’ideazione degli arredi destinati a Palazzo Bo e Palazzo Liviano. Tavoli, scrivanie, sedute (sedie, poltrone, divani), tavolini, armadi, scaffali, come anche le porte e i pavimenti, vennero tutti realizzati, nel corso di pochi anni, da ditte locali (tra le altre Scanferla, Bedin, De Polo) sulla base dei disegni realizzati da Ponti appositamente per l’Università. 

Gli arredi

A Palazzo Bo gli arredi erano destinati all’allestimento del piano nobile di Palazzo Bo: il Rettorato con lo Studio del rettore e la Galleria, le sale di riunione e rappresentanza (Sala della Nave, Sala del Consiglio), la Basilica, la Sala dei Quaranta e, in Aula Magna, il fondale con i seggi d’onore e le gradinate laterali con le poltrone per gli ospiti; le quattro sale di laurea (Giurisprudenza, Medicina, Lettere e Filosofia); le sale di ritrovo per studenti e studentesse sul Cortile Nuovo. In Rettorato, in particolare, il rettore chiese a Ponti di realizzare il Circolo dei professori, ossia una serie di ambienti destinati «abitualmente da luogo di riposo da lezione a lezione, da ritrovo abituale nelle prime ore pomeridiane e dopo cena, da punto d’appoggio pomeridiano delle signore dei professori (a Padova non esiste una sala da tè possibile per una signora). Inoltre deve essere l’ambiente dove i singoli professori o l’Università come ente potranno esercitare una ospitalità veramente intima e calda» (Carlo Anti a Gio Ponti, 27 gennaio 1937). Il Circolo è costituito da salotto, sala del caminetto, sala da pranzo e cucina.

La quotidianità

La particolarità di questo ricchissimo patrimonio è la sua destinazione ad uso quotidiano da parte di quanti frequentano gli ambienti – docenti, autorità accademiche, ospiti –, fatto che ne provoca, a lungo andare, un inevitabile deterioramento e la necessità di rinnovamento. Sino a pochi anni fa gli arredi sono stati considerati come tali e non come beni culturali: la manutenzione era pertanto affidata a personale non specializzato che interveniva nell’ottica di garantire durevolezza e funzionalità, talvolta senza prestare la dovuta attenzione a forme e colori originali, alterandoli anche profondamente. Di fatto, quello che si è intrapreso è il primo restauro sistematico degli arredi Ponti e fa seguito ad altre operazioni di grande rilievo condotte negli ultimi anni sul patrimonio dell’Ateneo, quali il restauro dell’Archivio Antico, e i recentissimi restauri delle tele dei Quaranta e dei labari storici.

L’intervento

Il restauro interessa circa 500 “oggetti”: l’intero rivestimento ligneo dell’Aula Magna (boiserie, gradinate e podio Aula Magna, comprensiva del parapetto con seduta ottocentesco, per un totale di circa 632 metri quadri), i pavimenti lignei di 6 ambienti (circa 400 metri quadri), il corrimano della Scala del Sapere (22 metri), 410 pezzi tra poltrone, panche, sedie, divani, 34 tra tavoli, tavolini, scrivanie, 21 porte, 15 armadi, 6 portaombrelli, 3 appendiabiti. Si è inoltre proceduto al restauro manutentivo della cattedra di Galileo e alla revisione statica e contestuale pulizia degli stemmi dell’Aula Magna. In Aula Magna i lavori hanno interessato sia la parte novecentesca sia quella ottocentesca (le panche e i dossali): tutta la boiserie è stata trattata con antitarlo e ripristino di lacune e riverniciata seguendo le prescrizioni dell’epoca e le sedute sono state interamente rivestite. Per la Sala dei Quaranta ci si è occupati di tavolo, sedie e la porta che apre verso il loggiato erano profondamente interessati dall’attacco di animali xilofagi; il tavolo in particolare necessitava anche di una manutenzione della superficie, che recava evidenti segni d’usura. Contestualmente, si è provveduto a una manutenzione conservativa della cattedra di Galileo, il cui ultimo restauro risaliva a diversi anni fa. Nella Basilica sono state restaurate le panche copriradiatore collocate al di sotto delle finestre, che presentavano un significativo grado d’usura. Al Circolo dei professori (salotto, sala da pranzo, sala del caminetto, cucina), Sala dei bozzetti e Sala della Nave, invece, sono state rifatte tutte le sedute (divani, poltrone, sedie, panche), restaurati i tavoli della sala da pranzo, della sala dei bozzetti e della Nave, ed è a tuttora in corso il ripristino dei mobili della cucina, anch’essi originali Ponti. Infine, tutte le porte laccate sono state rimesse a nuovo, come anche i pavimenti di sala da pranzo e del caminetto. Nello studio del rettore sono stati ripristinati i pavimenti. Le sedute dello studio della rettrice (poltrone, sedie e seggio della rettrice) sono state oggetto di un restauro di poco precedente che ha destato l’attenzione sulla necessità di un approccio filologico a questi arredi. In Galleria del Rettorato sono state restaurate tutte le porte in legno a doppio battente e la bussola che apre verso la Scala del Sapere. Lungo quest’ultima è stato restaurato il corrimano ripristinando la cromia voluta da Gio Ponti.

Curiosità

Il corrimano dello Scalone aveva perso ormai ogni traccia della cromia originale, ridipinto nel tempo in un colore marrone-rossiccio. Realizzato in un primo tempo in bianco, per il corrimano Ponti chiede ad un certo punto un colore “rosso pompeiano schietto” come documenta una lettera inviata a Carlo Anti il 3 dicembre 1941, in cui lamentava «…mi dicono che la balaustra dello scalone è stata dipinta in “color gelato di fragole macchiato con crema” invece che in rosso pompeiano schietto come ho indicato» (Gio Ponti a Carlo Anti, 3 dicembre 1941). Le colonne della Basilica e certi dettagli dell’affresco, pur tenendo conto dei diversi supporti e delle possibili alterazioni del tempo, hanno aiutato nell’individuazione del “rosso pompeiano schietto”.

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