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Il crowdfunding è riuscito, i Globi del museo di Geografia del Bo saranno restaurati

Grazie all'operazione di crowdfunding lanciata nel 2019 all'apertura del museo di Geografia, l'Ateneo riuscirà a restaurare due dei pezzi più antichi e preziosi: un globo celeste e un globo terrestre che risalgono al Seicento

Il museo di Geografia dell’Università di Padova, grazie al successo dell’operazione di crowdfunding “Save the globes”, lanciata in concomitanza con la sua inaugurazione nel dicembre 2019, si appresta a restaurare due tra i suoi pezzi più antichi e preziosi: il Globo celeste del 1630 e il Globo terrestre del 1645/48. Grazie al contributo generoso del Club Lions Padova Gattamelata di 4.500 euro unitamente alle donazioni online di 1.400 euro, i globi torneranno alla loro originaria bellezza in occasione dell’avvio delle celebrazioni dell’Ottocentenario tra pochi mesi.

L’iniziativa

«Il restauro attraverso il crowdfunding rafforza il rapporto del museo con il suo pubblico – afferma Mauro Varotto, coordinatore scientifico del museo – ed è il primo tassello di un progetto di valorizzazione più ampio che prevede, oltre all’inclusione dei globi nel percorso di visita, la possibilità di esplorazione digitale dei dettagli di costellazioni e stelle comete rappresentati nel globo celeste, ciò che consentirà una fruizione del bene anche a distanza».«L'international Association of Lions Club, con il motto “We serve” (Noi serviamo) che la caratterizza, intende promuovere, a livello globale, attivo interesse al bene civico, culturale, sociale e morale delle comunità. I Lions - dice Doriano Magosso, Presidente del Club Lions Padova Gattamelata - sono quindi a servizio dell'integrazione, della coesione, del miglioramento di tutte le componenti della società. Per questo, il Lions Club Padova Gattamelata, pur in questa situazione di criticità, ha ritenuto di contribuire anche al restauro del seicentesco Globo Celeste, nella consapevolezza che questo consentirà, ancora per molto tempo, di poterlo ammirare e studiare nella sua rinnovata, manifesta, bellezza. Il piacere e l'orgoglio dei Soci del Club è inoltre amplificato dalla scelta di voler così partecipare attivamente all'Ottocentesimo Anniversario dell'istituzione della nostra prestigiosa Università». Si tratta di una coppia di globi, celeste e terrestre, di Willem Janszoon Blaeu (Alkmaar 1571 - Amsterdam 1638), uno dei più rinomati cartografi del XVII secolo, di cui proprio quest’anno cade il 450° anniversario della nascita. Dopo aver appreso i fondamenti della cosmografia e della geografia dall’astronomo danese Tycho Brahe, presso il quale fu studente per due anni, intorno al 1599 Blaeu fondò ad Amsterdam uno stabilimento per la realizzazione di globi, carte geografiche e strumenti per l’astronomia destinato a grandissima fortuna; alla sua morte, l’attività fu rilevata e proseguita dai figli Joan e Cornelis. «Tre sono le ragioni importanti dell’iniziativa “Save the Globes”. In primo luogo ci permette di salvaguardare dei beni di inestimabile valore, patrimonio della nostra Università e della collettività; in secondo luogo offre al Museo la preziosa opportunità di esporre una coppia di globi blaviani dai quali trarre spunto per far conoscere ai visitatori la storia della produzione di globi in Europa, farne apprezzarne la tecnica costruttiva e coglierne il valore scientifico. In terzo luogo - sottolinea Giovanni Donadelli, curatore del Museo di Geografia - conferma la capacità del museo di Geografia – inaugurato da appena un anno – di entrare in relazione con i propri pubblici, vicini e lontani, tanto da riuscire a coinvolgerli sia prima che dopo la visita. Emblematico ed entusiasmante, a questo proposito, il fatto che una delle donazioni sia arrivata da Edimburgo, grazie ad una giovane ragazza padovana che segue il Museo sui social, ma che non ha ancora avuto modo di rientrare in Italia per visitare il Museo».

Il restauro dei Globi

Il restauro dei globi del museo di Geografia prevede la pulitura e il ripristino della leggibilità del globo celeste, oggi parzialmente compromessa da una densa patina scura. Le due sezioni di globo terrestre invece, oltre ad essere pulite, saranno ricollocate all’interno di una struttura sferica trasparente che, oltre a garantire il recupero e la valorizzazione del bene, rappresenterà anche un innovativo strumento didattico. I globi restaurati troveranno posto accanto ad altri due globi (del XV e XIX secolo) nella Sala della Musica di Palazzo Wollemborg, sede del museo di Geografia, e saranno dunque permanentemente inclusi nel percorso di visita. I due importanti restauri si affiancano a quelli ultimati in questi anni dal Dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità grazie al sostegno economico del Centro di Ateneo per i Musei dell’Università, che hanno interessato altri tre globi e undici plastici. Ovviamente, l’elenco dei pezzi del museo che necessitano di restauro non si esaurirà con il fondamentale ripristino dei due globi blaviani. Tra i plastici in gesso, il Vesuvio e il Vulcano Laziale di Amedeo Aureli, del secondo decennio del XX secolo, rimangono da consolidare, mentre altri quattro pezzi, realizzati tra fine Ottocento e inizio Novecento in Italia e Germania, necessitano di pulitura. Due globi da tavolo e un modello di sistema solare, anch’essi risalenti ai primissimi anni del Novecento e attualmente custoditi nei depositi, richiedono interventi di tipo strutturale, mentre necessiterebbero di operazioni di pulitura e consolidamento alcune tra le oltre 300 carte murali storiche. Infine, anche nella collezione fotografica, che comprende importanti nuclei di lastre in vetro dei primi del Novecento, sono diversi i pezzi la cui sopravvivenza è a rischio.

Globo Celeste

La prima edizione del globo celeste (con diametro di 68 cm) fu ultimata da Blaeu nel 1616, dopo oltre due anni di lavoro. Ne costituiscono la base astronomica proprio le osservazioni sulle stelle fisse del maestro Tycho Brahe, ritratto in un cartiglio-omaggio. Nello specifico, le stelle vi sono rappresentate nella posizione che, secondo i calcoli di Brahe, avrebbero assunto nell'anno 1640. È la forma che assume la firma, tuttavia, che ci consente di datare il globo celeste, di cui esistono più versioni: fino al 1622 infatti Blaeu si firmava, latinizzando il cognome, “Guljelmus Caesius”, mentre nel caso dell’esemplare del Museo di Geografia la firma è nella forma “Guiljelmus Blaeuw”, che corrisponde alla terza versione (successiva al 1630). Molto del fascino dei globi celesti di Blaeu risiede nel modo innovativo, più decorativo rispetto al passato, di dare forma alle costellazioni, che fece scuola e che la critica attribuisce alla collaborazione dell’artista Jan Pietersz Saenredam: ad esempio, il Bootes o Bifolco dell’omonima costellazione boreale, normalmente rappresentato scalzo o con sandali classici, indossa calzature pesanti bordate in pelliccia.

Globo terrestre

Del corrispondente globo terrestre, purtroppo, non si conservano che due sezioni, sia pur di una certa estensione, relativi entrambi all’emisfero australe. Blaeu iniziò a produrre il globo terrestre di 68 cm nel 1616, riscuotendo un tale successo che la pubblicazione se ne protrasse per circa un secolo. Il progredire dell’esplorazione e della conoscenza della Terra richiedeva, naturalmente, continui aggiornamenti, che costituiscono altrettante, preziose tracce per la datazione degli esemplari. Nello specifico, la presenza della Tasmania a sud dell’Australia, che fu scoperta dall’olandese Abel Tasman nell’autunno del 1642, rivela che l’esemplare del museo appartiene alla IV ed ultima versione nota del globo, la cui pubblicazione iniziò, postuma, intorno al 1645/48. Il deprecabile danneggiamento, di cui non è stato possibile ricostruire l’occasione, ha consentito però di verificare le modalità realizzative del globo, la cui anima in cartapesta appare costituita da strati alternati di pagine di riuso e cartoncino scuro. Le notizie inventariali non sono in grado di chiarire la provenienza dei due oggetti, che furono quasi certamente acquisiti in coppia, com’era usanza. Essi non sono nominati nemmeno tra le Sfere terrestri e celesti analizzate da Matteo Fiorini nel 1899 o tra i Terrestrial and celestial globes catalogati da Edward Luther Stevenson del 1921, i principali repertori di globi a nostra disposizione.

I “Globi” nella storia

Storicamente, la costruzione di globi celesti precede quella dei globi terrestri: ne realizzarono i Caldei, gli Egizi e, naturalmente, i Greci, tra cui lo stesso Archimede; la tradizione fu raccolta nel Medioevo dalla cultura araba. La diffusione dei globi terrestri, o terracquei, fu sospinta invece dalle grandi scoperte geografiche: proprio al 1492 risale il più antico globo terrestre conservato, ossia l’Erdapfel o “mela terrestre” di Norimberga, che ancora non mostra le Americhe. A partire dal XVI secolo i globi divennero oggetti richiestissimi, immancabili nelle biblioteche degli studiosi come nei palazzi – e nei ritratti – dei potenti. Sorsero così in Europa numerose officine specializzate nella creazione di globi terrestri e celesti (tra le tante, quelle di Mercatore, Hondt, Coronelli e, appunto, Blaeu). La produzione di quelli celesti, tuttavia, nel corso del XIX secolo fu praticamente abbandonata.

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