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Comune di Padova, ancora tagli al sociale

Famiglie in difficoltà sempre meno seguite ed educatori professionali praticamente disoccupati

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PadovaOggi

Negli ultimi mesi, ad un bilancio comunale che già non permetteva agli operatori sociali pubblici e privati di rispondere adeguatamente ai bisogni emergenti delle famiglie padovane, è stata data un'ulteriore sforbiciata. Ma nella quotidianità questo cosa significa?

Per quanto riguarda i servizi ai minori (con obbligo di tutela da parte del Comune), fino a giugno 2014 erano seguiti per 4/6 ore alla settimana circa 90 nuclei familiari di Padova con un servizio educativo domiciliare (trasporto, accudimento o servizio educativo familiare) che interveniva nelle aree di disagio con una progettualità specifica famiglia per famiglia.

Il primo di settembre nessun di questi servizi è potuto ripartire.

Alle incertezze delle persone che chiedevano cosa fosse successo, assistenti sociali ed educatori non hanno potuto -ed a oggi non possono- dare risposte certe.

La nuova giunta ha rilevato che l'anno scorso sono stai spesi più soldi di quelli messi in preventivo per il servizio.

Due le possibili cause: i servizi sociali hanno usato maggiormente lo strumento "servizio educativo domiciliare" per arginare situazioni sempre più complesse, oppure era stata fatta una stima troppo al ribasso rispetto alle effettive esigenze da parte dell'amministrazione comunale.

E' da registrare che nonostante questo blocco iniziale, nel mese di settembre, i casi più urgenti di tutela hanno comunque costretto il Comune a riprendere i servizi: solo 35 famiglie (su 90) sono però tornate ad essere destinatarie di interventi.

Ma per il sostegno ai ragazzi in difficoltà che frequentano le scuole elementari e medie va anche peggio: lo scorso anno scolastico erano attivi 20 gruppi doposcuola con 169 ragazzi iscritti e partecipanti. Oggi è ancora tutto bloccato, come è tutto fermo nelle 8 scuole medie della città dove due educatori promuovevano l'inserimento dei ragazzi in attività sportive pomeridiane come forma di prevenzione primaria al quale hanno affluito, sempre lo scorso anno scolastico, 150 ragazzi.

Come segnalano i dati sanitari, le situazioni familiari problematiche che includono i minori, sono peggiorate: mamme psichiatriche, bambini iperattivi, adolescenti scalmanati o depressi in parte fuoriusciti dai percorsi scolastici, disabilità in famiglia, difficoltà socio-economico-culturali e via dicendo rischiano di rimanere inascoltati.

Il rischio è grande: situazioni famigliari critiche, se non seguite, possono esplodere portando a quei casi di cronaca che sono solo la punta dell'iceberg di tragedie familiari quotidiane ben più complesse che costringono il comune al dramma dell'allontanamento del minore dai genitori e all'inserimento in comunità. Anche solo guardando l'aspetto economico questi provvedimenti con carattere d'urgenza costano alla collettività dieci volte rispetto al lavoro di un educatore professionale che interviene nelle situazioni di disagio per 4 ore settimanali nelle case delle famiglie in difficoltà.

Un ragionamento simile può essere fatto per i minori stranieri che arrivano a Padova senza genitori: il comune ha deciso di fare il minimo di quanto la legge prevede rispetto agli anni scorsi, garantendo loro solo regolarizzazione giuridica e mantenimento presso famiglie affidatarie, abbandonando così ogni obiettivo educativo. Questa modalità non potrà che produrre adolescenti e poi adulti non integrati, gli stessi per i quali poi si grida all'emergenza.

Una riduzione della spesa fatta senza conoscere caso per caso alla fine genera e moltiplica i problemi invece che risolverli, creando un costo sociale maggiore del risparmio ottenuto e il un completo disconoscimento del lavoro sociale sinora svolto anche in condizioni difficili.

Chi ha operato tali scelte era effettivamente a conoscenza delle ripercussioni che avrebbero avuto? E al di là dei minori cosa è successo alle altre aree del sociale?

Nessuno desidera difendere un posto di lavoro a priori ma sono certo che coinvolgendo gli operatori sociali sia pubblici che privati si sarebbe potuto - e si potrebbe ancora - tentare di rendere la macchina dei servizi più efficace ed efficiente senza complicare ulteriormente situazioni già delicate ed anzi preparandola a rispondere meglio alle nuove emergenze, tenendo conto del contesto di crisi permanente nel quale viviamo.

Alessandro Balzan, educatore professionale
https://www.informale.org/

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