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Camposampiero: Katia Maccarrone, dalle aule di catechismo ai banchi di palazzo Tiso

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PadovaOggi

Katia Maccarrone, 52 anni, sposata con Pino, 2 figlie Francesca e Chiara, è uno dei nomi che in questi giorni continuano a girare nella chiacchiera popolare per la corsa alla poltrona di Palazzo Tiso, antica e prestigiosa sede del Consiglio Comunale di Camposampiero. "Sono nata a Camposampiero e le mie origini sono profondamente legate alla nostra cittadina. - afferma Maccarrone - Mio nonno Giovanni era uno degli affittuari del prof. Ferrari. Negli anni dell'infanzia abbiamo vissuto a Mestre e ad Adria, seguendo le destinazioni di papà che era carabiniere. In quegli anni venivamo spesso a Camposampiero. Ricordo la figura del prof. Ferrari, un grande saggio! Quando andavamo a salutarlo ci regalava un cremino, ma il nonno Giovanni ci raccomandava di salutarlo con un: Riverisco professore".

Quando avete deciso di tornare definitivamente a Camposampiero?

Negli anni dell'adolescenza i nonni si ammalarono e così i miei genitori scelsero di tornare per seguirli personalmente. Completai gli studi magistrali a Castelfranco. Qui cominciai a fare nuove amicizie.

Quindi l'impegno in Parrocchia….

A Camposampiero in quegli anni la Parrocchia era un grande centro di aggregazione. Iniziai a frequentare i gruppi parrocchiali. Il cappellano di allora mi propose di collaborare col settimanale diocesano per scrivere qualche articolo. Poi iniziai a fare catechismo. Furono anni di grande soddisfazione. Con alcune amiche e amici pensammo di cominciare il percorso dei gruppi parrocchiali fin dalla scuola elementare, com'era per gli scout. Fu così che fondammo l'ACR. Erano gli anni di Spello e delle grandi attività parrocchiali che Mons. Guido Santalucia incoraggiava proprio perché riteneva importante la nostra formazione.

E poi studio, famiglia, lavoro?

Avevo iniziato l'università con soddisfazione. Dopo soli 14 giorni di supplenza vinsi il concorso nazionale ed ebbi il posto di insegnante elementare di ruolo. Iniziai a insegnare a Fratte, plesso in cui mi sono sempre trovata bene. Con le mie colleghe siamo una vera squadra e i bambini sono sempre stati la mia passione. Poi venne il matrimonio, la famiglia, e con quella l'impegno sociale.

Come si passa dalle aule di catechismo ai banchi del Consiglio Comunale?

In effetti non è stato semplice: è stato comunque un percorso affascinante. Iniziai quasi per caso seguendo le attività di un'associazione che faceva formazione per l'attività sociale. Incontrammo Tina Anselmi, il giudice Borraccetti, Nando Dalla Chiesa e il sindacalista Santini: approfondivamo temi di cultura sociale. Partecipai anche ad alcuni incontri della scuola socio politica organizzata da Mons. Aldo Roma. Ad un certo punto mi chiesero di entrare in lista. Fu un grande passo; non ci avevo mai pensato…. Iniziai il mio percorso in consiglio comunale con la voglia di fare qualcosa per il mio paese. Non mi ero mai iscritta a un partito. Un po' alla volta trovai nell'area cattolica, allora presente nella Margherita, un ambito di formazione e di confronto che poi è proseguito all'interno del Partito Democratico.

Quali temi le sembravano più importanti per Camposampiero?

Ho seguito i temi della famiglia e dei bambini. Come mamma e come consigliere comunale sono stata nei Comitati di Gestione dell'Asilo Nido e della Scuola Materna Umberto 1°. In quegli anni, con alcuni genitori, insegnanti, associazioni, abbiamo organizzato spettacoli per bambini, giochi e animazione nelle aree verdi di Rustega e Camposampiero, percorsi sicuri per andare a scuola da soli. Convinta che "Anche i bambini sono cittadini" mi adoperai per organizzare una festa tutta loro. Grazie al contributo di tanti "Una piazza per giocare" è ancora una manifestazione tra le più riuscite di Camposampiero.

E per il futuro?

Camposampiero deve uscire dalla palude in cui si è cacciato in quest'ultimo periodo. E' importante unire le migliori forze della nostra cittadina intorno ad un progetto di sviluppo che permetta di superare anche gli aspetti negativi della crisi. Chi non ha un progetto e non lancia il cuore oltre l'ostacolo cercando di fare squadra per migliorare la nostra città, non può trovare né denari né finanziamenti. A Camposampiero purtroppo si sono spente le idee. Serve una nuova luce per ridare coraggio e speranza ai cittadini.

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