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Scienze politiche laurea inutile ? C’è chi dice no

Alessandro Loddo, esponente dei giovani di Forza Italia, interviene sulla polemica nata a seguito della trasmissione "Non è l'Arena"

Alessandro Loddo, rappresentante del corso di laurea “Scienze del governo e politiche pubbliche” ed esponente dei giovani di Forza Italia, interviene sulla polemica nata a seguito della trasmissione "Non è l'Arena" condotta da Massimo Giletti: «Ci sono molti giovani che, come me, credono in quello che stanno facendo e hanno l’obiettivo, un giorno, di poter rendere l’Italia un paese migliore».

Scienze politiche

«Domenica 27 Gennaio, guardando il programma tv “Non è l’Arena”, mi sono imbattuto in una discussione tra Francesca Sardella, laureata magistrale in Scienze politiche e disoccupata, e Alberto Forchielli, giornalista e imprenditore italiano. Il dibattito verteva sul tanto discusso “reddito di cittadinanza”, misura che mi trova assolutamente contrario, difeso dalla prima e contrastato dal secondo. Nel corso del dibattito Forchielli ha espressamente detto che “la laurea in scienze politiche non serve a niente” imputandola come causa della disoccupazione della sua interlocutrice. Da studente di scienze politiche fa certamente male sentire parole simili, soprattutto, pensando ai molti sacrifici fatti durante il percorso di studio, alle difficoltà riscontrate, e dalla gran parte sottovalutate, in diversi esami. Quello che fa più male, però, sono le posizioni di entrambi gli interlocutori.  Non posso non pensare che Forchielli, dall’alto del suo curriculum, non sappia che una laurea in Scienze Politiche all’estero (ne è esempio Science Po in Francia) porti a ricoprire i più importanti ruoli istituzionali di vertice e ad avere in mano le redini di uno stato. Pur conscio del fatto che, la domanda di laureati nelle materie umanistiche sia inferiore rispetto a quella dei laureati nelle materie scientifiche (di fatto è una condizione necessaria data l’epoca in cui stiamo vivendo), ritengo che il problema fondamentale, di cui tutti ne siamo consapevoli, sia il sistema in cui viene scelta la classe dirigente nel nostro paese. Un paese che ha l’obiettivo di rialzarsi premiando il merito, il talento, la trasparenza, le capacità professionali non si farebbe scrupoli nel selezionare una classe dirigente preparata attraverso dei percorsi di studi, come quelli presenti a Scienze Politiche, che la rende capace di amministrare e programmare su più livelli. Da questa situazione siamo decisamente distanti: a confermarlo,infatti, è anche questo governo del presunto cambiamento, dove il Ministero del Lavoro è ricoperto da una persona che in vita sua ha solamente venduto bibite allo stadio, la stessa persona che è stata l'artefice della recente nomina di Lino Banfi ad ambasciatore UNESCO, che con tutto il rispetto, rimane, pur sempre, un attore comico. In un paese normale il Ministero sopracitato sarebbe presieduto da una persona esperta in materia di legislazione lavorativa (e tra i laureati in Scienze politiche ve ne sono molti), alla Commissione nazionale italiana per l’Unesco un Governo serio avrebbe nominato una persona laureata in un indirizzo internazionale, la quale è dotata di una formazione che la porterebbe ad adempiere nel miglior modo possibile un incarico simile. Risulta indifendibile, per gli stessi motivi, anche la posizione della seconda interlocutrice: non è possibile accettare il fatto che sia solamente un reddito di sostegno a poter dare dignità a una persona qualificata come un laureato in Scienze politiche, anzi, è un’offesa al nostro percorso e alle nostre competenze ed ai nostri sacrifici».

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