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Nuova legge sugli agriturismi, l'Appe non ci sta: «Concorrenza sleale nei confronti della ristorazione»

Contestata la percentuale di prodotto non proprio, ma anche le attività di asporto e consegna a domicilio

«Benvenuti nell’era dell’agriturismo 2.0, dove tutto è concesso!»: è una battuta amara quella che si concede Erminio Alajmo, presidente dell’Appe - Associazione Provinciale Pubblici Esercizi, nel commentare le modifiche che il Consiglio Regionale Veneto vorrebbe introdurre alla legge sull’agriturismo.

Agriturismi

Ma facciamo un passo indietro: nel 2012, con la legge regionale n. 28, la Regione introduce le nuove norme che regolano il settore agrituristico: un comparto economico considerevole, con circa 1.500 imprese in attività nella Regione (179 nella sola provincia di Padova). Queste norme prevedono, tra l’altro, la possibilità di utilizzare, per la realizzazione dei pasti, una quota importante di prodotto “non aziendale”, che nei menù degli agriturismi viene utilizzato per realizzare piatti e pietanze, che naturalmente il consumatore “percepisce” come locali, territoriali, a chilometro zero. «Una parte di materie prime - specifica Alajmo - acquistate sul libero mercato, che già oggi arriva al 35% del totale, quota che si vorrebbe alzare ulteriormente, per portarla fino al 50%». Ma non finisce qui, in quanto la proposta di legge prevede che, mentre per il 50% di prodotto si debba utilizzare materia prima aziendale, per la restante metà si possano acquistare prodotti dalla grande distribuzione e da aziende artigianali ubicate in Regione. E proprio su quest’ultimo aspetto, secondo l’Associazione dei ristoratori, si concentrano molte perplessità. «Esattamente: oltre a utilizzare metà materie prime non proprie - puntualizza il presidente Appe - la proposta di legge, sembra incredibile, prevede che per una quota dell’altro 50% ci si possa rifornire da aziende artigianali venete, ma senza specificare che il prodotto debba essere veneto. Come dire, ad esempio, che l’agriturismo dei Colli Euganei può acquistare dall’artigiano rodigino i salumi toscani fatti con carne straniera». In altre regioni, sottolinea l’associazione dei pubblici esercizi, come ad esempio in Toscana, Emilia Romagna o Lombardia, è espressamente previsto che il prodotto, e non solo l’azienda fornitrice, debba essere di origine o di tradizione regionale. «Il rischio concreto - sottolinea Alajmo - è di fare l’esatto opposto che valorizzare i prodotti tipici, le produzioni locali e di qualità, nonché le tradizioni enogastronomiche del Veneto che, sotto questo profilo, detiene un patrimonio immenso».

Nuova legge

Una norma che, se approvata nell’attuale versione presentata al Consiglio Regionale, potrebbe rafforzare il fenomeno dei cosiddetti “falsi agriturismi”, vale a dire attività commerciali a tutti gli effetti, assimilabili ai tradizionali ristoranti e trattorie, che tuttavia beneficiano di importanti vantaggi fiscali e di altro genere. «Proprio così - conferma Alajmo - e va in questa direzione anche la possibilità, inserita nel disegno di legge, di svolgere attività di vendita per asporto e consegna a domicilio dei propri prodotti, che sono servizi che con l’agricoltura non hanno nulla a che vedere». Secondo Appe c’è un ultimo aspetto che deve essere affrontato dalla legge regionale, relativo ai controlli, finora decisamente insufficienti. «Vogliamo - dichiara il presidente Alajmo - che venga individuato un Ente deputato ai controlli, dotato di risorse umane dedicate, che tuteli il consumatore verificando che quello che viene proposto dagli agriturismi del Veneto sia effettivamente un prodotto regionale e non un fac-simile di origine sconosciuta». Solo così, secondo l’Associazione che in provincia rappresenta 1.500 dei 3.000 pubblici esercizi in attività, le realtà agrituristiche si potranno configurare come complementari alle aziende agricole, espressione di vera offerta turistica di stampo rurale e non “brutte copie” di ristoranti e trattorie.

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