In ricordo di Enzo Mandruzzato
Non c'era persona meno cattedratica di lui, ma per molti rimane "il professore". I suoi studenti, tutti, lo chiamano ancora così. Non importa se sono passati trenta, quaranta o cinquant'anni, non importa se all'epoca Enzo Mandruzzato era ancora un giovane docente del Liceo Tito Livio o se era già diventato il traduttore di fama nazionale che riuscì a spaziare, con assoluta disinvoltura, dal greco di Pindaro a quello del Vangelo di Matteo.
A due anni dalla scomparsa, la sua città, Padova, lo ricorda con l'intitolazione di un'aula al Liceo classico Tito Livio, dove ha insegnato per quasi trent'anni, ed una giornata di convegno dedicato alla traduzione. "All'inizio di una seconda liceo di molti anni fa - ricorda Claudia Visentini, ex allieva - ci introduceva al "Purgatorio" dantesco. "Esiste una perfezione umana - disse - è il Paradiso terrestre, dove arriviamo con le nostre forze." Ci diceva subito dove saremmo potuti arrivare se avessimo letto con attenzione ciò che dovevamo per obbligo studiare. Non era rigoroso nello svolgimento del programma, volava da un luogo all'altro, da un tempo all'altro, e se non c'era il rigore della fedeltà al programma scolastico, ce n'era un altro, ben più importante, quello della passione allo studio, sempre pronta a mettersi in viaggio verso nuove mete".
"Del professore ci sono moltissimi ricordi - racconta anche Marina Bolletti, che ha fatto parte della prima classe del prof. Mandruzzato - ma soprattutto quest'aria, anzi "aura" in cui vivevamo le sue lezioni. Per esempio, la lezione di latino. Entrava, non sedeva mai in cattedra, e leggeva direttamente il testo, camminando su e giù davanti a noi. E subito, dalla sua lettura, dal tono di voce, dalle inflessioni, senza tradurre, emergeva il senso profondo, il canto delle parole. Non tutto di quello che leggeva o di quello che diceva lo capivi interamente, ma ti scavava come dentro la mente uno spazio, che non si è più perduto". Quella classe, la prima di Enzo Mandruzzato, oggi si è riunita sotto un'associazione: "Allievi III^ F 1962". Proprio da loro è partita l'iniziativa per il convegno "Allora non so come le parole antiche…" svoltosi presso il centro culturale San Gaetano di Padova.
Tra i tanti intervenuti anche lo scrittore Andrea Molesini (premio Campiello 2012), che di Mandruzzato fu uno tra gli amici più intimi e cari. "Si dice di certi musicisti che hanno l'Orecchio assoluto, un dono degli dèi. Mandruzzato - commenta Molesini - era dotato di Gusto assoluto. Aveva una libertà di giudizio sbalorditiva. Credo fosse timido, ma certo era coraggioso. Se ne infischiava dell'opinione che gli altri potevano farsi di lui. Non c'è mai stata né accademia né vecchiaia nella sua mente. Ricordo che una volta rimbrottò un professore che stava parlando bene dell'Alfieri. "L'Alfieri… già, era posseduto da un'imbecillità cosmica: solo un fesso può vantarsi di doversi legare a una sedia per fare la cosa più semplice e bella del mondo: studiare". Le sue antipatie avevano la stessa forza mitica delle sue passioni".