Permesso di Soggiorno: patto d'acciaio per snellire le tempistiche. Ecco cosa succede davvero
Buongiorno,
Vi scrivo con l'intenzione di darvi una prospettiva diversa da quella riportata nell’articolo del 24 Gennaio 2023 chiamato: “Permesso di soggiorno: Patto d´acciaio per snellire le tempistiche”. Vorrei darvi un'idea di quello che prova una persona dall’altro lato dello sportello. Se devo essere sincera, leggere questo articolo mi ha lasciato un sapore amaro nella bocca. Purtroppo, dire che è interamente colpa dell ́immigrato che i tempi di attesa siano così lunghi, è avere una visione molto limitata, se non attivamente inconsapevole della realtà che si vive nel suddetto ufficio. Chiedere ai migranti le loro esperienze recenti là sarebbe bastato per rendersi conto che il processo non è solo lungo, confusionario, e onestamente molte volte addirittura denigrante, ma che è anche carico di incompetenza da parte dei lavoratori lì presenti. Ci vorrebbe una costante e profonda riforma del sistema della questura per veramente snellire i tempi di attesa. Siamo d'accordo sul fatto che dover aspettare 7 mesi per l'appuntamento e poi 2 mesi extra per effettivamente avere in mano il permesso, è ridicolo, specialmente quando consideriamo che per gli studenti esso ha una validità di solo un anno (l’anno si conta dal momento in cui il permesso scade, dando all'utente un periodo di uso effettivo di circa 3 mesi). Dover aspettare 9 mesi per un permesso con una validità di un anno è impensabile in un paese moderno. Ma dire che sono solo le: "Richieste incomplete o carenti che inevitabilmente fanno allungare i tempi per vie delle necessarie integrazioni" e ancora meno lungimirante. La prima volta che sono andata in questura abitavo in una residenza universitaria e avevo una assicurazione sanitaria valida in Italia, che avevo fatto nel mio paese di origine ( per ottenere il visto, è un requisito averla), questi sono stati i due documenti che sono stati presi in mira dai lavoratori della Questura di Padova. Mi hanno chiesto una dichiarazione di ospitalità corrispondente al contratto che gli avevo portato, senza ricordare che essendo un'azienda (non una persona fisica) quella che gestiva la residenza universitaria, la dichiarazione di ospitalità sarebbe stata impossibile da presentare. Con l'assicurazione sanitaria mi hanno chiesto se fosse valida in Italia, ho dovuto ricordargli che essa è un requisito per avere il visto in primo momento, quindi senza dubbi era valida in Italia. Anche dopo aver fatto questa osservazione, sono stata rimandata, per tornare un mese dopo a fare l'integrazione, questa volta sono capitata in uno sportello diverso. Ho portato gli stessi documenti, senza alcun cambio. In questa istanza, non mi è stata chiesta la Dichiarazione di Ospitalità, l'addetto mi ha pure confermato che essa non era necessaria dovuto al fatto che abitavo in una residenza universitaria. Nuovamente, però, sono stata interrogata sulla validità dell'assicurazione, ho dovuto sottolineare il numero di telefono dell'azienda gestrice in Italia sul foglio e invitare il lavoratore a chiamare il numero se non pensava fosse veritiera per che questo finalmente la prendesse. Questa vicenda è solo una delle tante che ho avuto all'Ufficio Immigrazione di Padova. Sono sicura che, una grande maggioranza dei migranti, ha esperienze che la rispecchiano. Ovviamente dare una mano al immigrato è utile, però centrarsi esclusivamente su quel aspetto, è sottostimare l ́origine del problema. Ci vuole un programma di capacitazione minuzioso e ricorrente, indirizzato ai lavoratori della Questura, per evitare di creare attese innecessarie, e frustrazioni di entrambi i lati. Vi ringrazio per la vostra attenzione, e spero di aver potuto illustrare il motivo per cui ho deciso di scrivere questa lettera.
Cordiali Saluti, Maria