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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Ragazza padovana costretta in comunità: la denuncia del Comitato per i Diritti Umani

Colpevole di essere troppo ribelle e attaccata alla mamma, la giovane e la madre diffondono appelli disperati contro il trasferimento coatto in una struttura protetta della Valle d'Aosta

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di PadovaOggi

Riceviamo e pubblichiamo:

"Questa mattina, 15 novembre, Alice (nome di fantasia), ragazza di Padova sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio e trascinata in psichiatria al fine di costringerla da andare in una comunità psichiatrica contro la sua volontà, è stata trasferita di nascosto in una comunità in alta montagna della Valle d’Aosta.

Ieri Alice si era recata dallo psichiatra assieme alla madre per chiedere le dimissioni, dal momento che il TSO era stato revocato, ma non c’è stato nulla da fare: lo psichiatra si è rifiutato di dimetterla, sebbene non avrebbe potuto trattenerla essendo il TSO revocato. La sedicenne ha anche chiesto alla madre di registrare un video-appello [che non viene reso pubblico dal mittente per motivi di privacy], in cui supplica di essere rilasciata e di non dover andare in comunità, ma di poter vivere la sua normalità in famiglia con la mamma, il fratello e il suo cane.

Ha scritto anche un disperato appello al giudice: Caro giudice, voglio vivere la mia vita con mia mamma lontano dai servizi sociali, voglio pattinare e vivere in pace senza nessuno che mi sposti come una valigia perché sono già otto volte che vengo spostata da una parte all’altra. Voglio stare tranquilla. La prego giudice mi aiuti!.

Alice si trova ora in una struttura psichiatrica in Val d’Aosta dove sarà, di fatto, isolata dal mondo e trattenuta in una condizione che, stante la sua forte contrarietà, appare più simile a un carcere o manicomio che a una situazione terapeutica. La sua colpa: essere una ribelle ed essere troppo attaccata alla mamma, secondo gli psicologi dei servizi sociali.

Anche la mamma di Alice ha lanciato un appello: Sono la mamma di Alice. Più di due settimane fa è stata prelevata da casa con la forza, legata su una barella e portata in psichiatria. L'hanno riempita di psicofarmaci, non riusciva camminare e nemmeno si ricordava che cosa aveva mangiato. [...] Mia figlia non è una malata di mente, è una ragazza molto intelligente non ha fatto niente di male. [...] Questa mattina sono andata in ospedale per salutarla, ho sentito al telefono che si lamentava di un'infermiera di reparto che la obbligava a bere una sostanza tranquillante per non fare resistenza nel momento di uscita. Io l’aspettavo vicino alla porta e volevo abbracciarla, perché non so quando potrò rivederla, ma […] hanno portato via mia figlia Alice da una porta secondaria e io non ho potuto né vederla né salutarla. Chiedo siano riconosciuti i miei diritti come mamma sofferente. Io voglio mia figlia perché lei soffre senza di me.

Quando una persona viene etichettata per un disagio mentale perde i diritti umani - denuncia Paolo Roat, responsabile nazionale Tutela Minori del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani CCDU Onlus - Qui si sta violando pesantemente il diritto costituzionalmente garantito alla libertà personale per un cosiddetto disturbo mentale la cui diagnosi non è sostenuta da alcun esame oggettivo di laboratorio. Oltre all’aspetto tecnico, qui si infrange il senso di umanità: se diventa accettabile trascinare via una bambina con la forza, ci stiamo avviando verso la barbarie”.

Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani - CCDU Onlus

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