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Sport Mandria / Via Toblino, 53

Il nuotatore paralimpico Francesco Bettella di ritorno dagli Europei, ancora a medaglia: "Lo sport mi ha cambiato la vita"

Dall'ultimo bronzo ai due argento di Rio, ci ha parlato di sport ma anche di accessibilità per i disabili: "Roma una catastrofe. Padova? Adoro il tram, peccato non poter entrare nei negozi del centro"


L’Italia del nuoto paralimpico in vasca a Dublino ha conquistato ben 74 podi, un risultato che ha più che raddoppiando le vittorie del precedente mondiale di Funchal, del 2016. Tra gli alteti a medaglia ai campionati europei in Irlanda c'è anche lui, l'ingegnere padovano Francesco Bettella. Atleta tesserato dell’associazione sportiva Civitas vitae sport education (in seno alla fondazione Oic), si è aggiudicato il bronzo nei 50 metri dorso (categoria S2). Nel palmares dell'atleta spiccano le medaglie d'argento ai Giochi di Rio de Janeiro, ma i successi in campo nazionale e internazionale non mancano. Siamo andati a trovarlo alla Mandria, per farci raccontare le sue sensazioni dopo l'ennesimo grande risultato sportivo. Una occasione per parlare non solo di sport. 

Acqua

Francesco Bettella (Padova, 23 marzo 1989) è un nuotatore italiano, dorsista di livello internazionale affetto da una malattia genetica. "Ho iniziato a prendere confidenza con l’acqua all’età di tre anni frequentando corsi di scuola nuoto, l'ho fatto fino a tredici anni e poi ho smesso. Anche per  via della malattia. Poi però due anni dopo, nel 2004 entro a far parte dell’A.S.P.E.A. Padova. Lì ho iniziato i miei primi campionati italiani, erano solo due mesi che mi allenavo. All’inizio facevo un paio di sedute a settimana, dopo un paio di anni ho cominciato ad allenarmi anche per conto mio, aiutato da due amici e lì ho capito c'era un potenziale che avrei potuto esprimere. Nel 2005 ho vinto i primi ori a livello italiano e fatto il record italiano ma non avevo in testa cosa avrei fatto poi”. Quando hai capito che lo sport non era e non poteva essere solo un passatempo? “Nel 2009 mi hanno convocato all’ultimo agli Europei e lì, in Islanda, anche se non sono arrivato a medaglie mi è servito tantissimo per fare un certo di passaggio non solo mentale ma anche di approccio e di preparazione. Lì ho anche capito che mi piaceva ma che serviva qualcosa in più”. Passa alla Civitas Vitae e entra a far parte del gruppo sportivo Fiamme Oro.

Studi

Eri già all’università: “Ero al secondo anno di ingegneria. Lì ho cominciato a pensare a modificare la mia nuotata. Seguendo il corso di meccanica dei fluidi, i primi mesi della primavera, mi è venuto qualche spunto da applicare alla mia nuotata. Quella è stata la svolta. Io non potendo lavorare sulla forza devo farlo sull’attrito che ho nell’avanzamento. A dorso nuoto con la bracciata doppia e non potendo muovere le gambe, bisogna tenerle ferme ma questo diventa un grosso freno. Così ho provato a incrociarle in modo di avere una forma più idrodinamica che mi ha portato poi a dei risultati come la prima medaglia ai mondiali. Sono l’unico che nuota così, non è semplice. Abbiamo fatto le prime prove in allenamento e visto che andavo più forte ci abbiamo provato. Ma in allenamento non si riesce mai a trovare la prestazione pura, cosa che accade solo in gara. Solo lì si è avuta la certezza che quella era la strada giusta. Era il 2010”.

Europa

Quell’anno ci sono anche i mondiali in Olanda, l’anno dopo gli europei a Berlino, siamo nel 2011, dove replica il bronzo dei mondiali. “A Londra ho migliorato i tempi ma come me anche i miei avversari, così c’è stata un po’ di delusione per la mancata medaglia. Nel 2013 i mondiali di nuoto in Canada dove c’erano però ancora le scorie di Londra. Intanto mi laureo alla triennale e mi iscrivo alla magistrale e in quei due anni sto fermo, voglio concentrarmi sugli studi”. A quel punto quando gli manca solo la tesi ricomincia ad allenarsi e si qualifica per Rio. Si laurea a settembre e va ai Giochi Olimpici. E a Rio ho vince tre argenti.

5 cerchi

I giochi di Londra hanno cambiato la storia delle manifestazioni paralimpiche: “Lo hanno detto i colleghi che hanno avuto molte esperienze precedenti, a Londra era tutto perfetto. Poi è una città accessibile, è facile girare anche se si è in carrozzina, ma anche solo parlando di villaggio olimpico ed efficienza degli impianti, un salto di qualità mai visto prima”. Rio invece, cosa è stato? “I Giochi sono stati fantastici. Un calore umano che a Londra chiaramente non c’era. La gente voleva le foto con chi vinceva le medaglie, ti circondavano ed era bellissimo. Certo, Rio non brilla per l’abbattimento di barriere architettoniche ma ha certo altre qualità di calore umano incredibili. Uno degli aspetti più belli della vita di atleta della nazionale è proprio l’opportunità di viaggiare, conoscere persone, nuove culture”.

Il tram

A proposito di mobilità, come va in generale a Padova, in Veneto, in Italia? “Vado spesso a Roma, ma dal punto di vista dell’accessibilità è una tragedia, purtroppo. Ci vado spesso ed è davvero un peccato. Però Italia in generale sono stati fatti molti passi avanti, ma si può chiaramente fare meglio. Però ci sono anche esempi eccellenti”. Gli chiediamo così di farcene uno: “Il tram è fantastico, parlo di Padova. La soglia è a livello della banchina e così posso prenderlo in completa autonomia. Io abito a Chiesanuova e spero davvero che un giorno possano fare la linea che da Mestrino porti in stazione. Sarebbe stupendo. Io non posso usare gli autobus, come il 10 che è quello che fa il percorso che mi sarebbe utile, ma dovrei o chiedere all’autista di aiutarmi o farmi accompagnare. Invece io voglio essere autonomo. Però per questo motivo perdo un sacco di tempo a cercare parcheggio e così, come vedi, il tram per me è la migliore soluzione”. Cosa invece ti viene difficile fare, a Padova? “Andare nei negozi del centro. Io non ci entro mai e mi dispiace perché ce ne sono proprio alcuni che hanno cose che mi interessano. Ma hanno praticamente tutti lo scalino, questo rende difficile entrarci. Non credo di essere il solo a pensarlo. A me piace potermi muovere da solo, se devo chiedere a qualcuno per poter fare quella data cosa in fondo vuol dire che quell’azione non la posso compiere in libertà".

Saper nuotare

Guadagnando l’uscita andando verso il parcheggio del Civitaes Vitae della Mandria, chiacchierando del più e del meno, presumiamo anche i suoi genitori siano degli sportivi. Sorride e risponde così: “Mio padre giocava a hockey su prato, ma ha smesso prestissimo. Mia madre invece non sa neppure nuotare”, e scoppia in una risata spontanea e coinvolgente.

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