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Cronaca

La liberazione di Silvia Romano e il caso Luca Tacchetto: affinità e divergenze

Alle polemiche seguite alla liberazione della cooperante Silvia Romano fa da contraltare il silenzio assordante che ha caratterizzato quella del padovano Luca Tacchetto e i dubbi su come realmente sia avvenuta la fine della sua prigionia e quella della fidanzata

Il padre di Luca Tacchetto, Nunzio, smentisce di aver rilasciato un’intervista al quotidiano Il Mattino di Padova e, anzi, generalizzando, dà un giudizio sulla stampa che non è esattamente lusinghiero. Strano sfugga a un ex sindaco che, se interpellato da una o un giornalista, quello che dice durante la conversazione possa finire in un articolo. Stupisce quindi che l’ex sindaco di centro sinistra di Vigonza, Nunzio Tacchetto, reagisca male alla nostra chiamata. Già perché ci ha molto colpito quello che abbiamo letto e siamo curiosi di saperne di più. Del figlio Luca, rapito nel gennaio del 2019 durante un viaggio di piacere con la fidanzata canadese in Africa, abbiamo preferito non scrivere nulla di più al momento della liberazione rispetto a quanto comunicato dalle note ufficiali. Proprio per non turbare un giovane che ha vissuto un’esperienza davvero dura come può essere quella di venire privati della libertà. Ma dopo le dichiarazioni rilasciate dal padre non possiamo fare a meno di chiedere delucidazioni in merito.

Intervista

Il padre, nel pezzo pubblicato da Il Mattino mercoledì 13 maggio, si lamenta del fatto che il figlio, al ritorno in Italia, non sia stato accolto da alcuna autorità e che anzi sia passato quasi sotto silenzio. Va detto, a onor di cronaca, che Luca Tacchetto ha rimesso piede in Italia a metà marzo, in coincidenza con uno dei momenti di massimo picco della pandemia causata dalla presenza del Covid 19. Il paradosso però è che Luca Tacchetto non ha dovuto subire il trattamento che invece è stato riservato a Silvia Romano, la cooperante che è stata più di diciotto mesi ostaggio del gruppo armato di Al Shabaab. Vicini ad Al Qaeda, ha base in Somalia ed è uno dei gruppi più violenti e attivi nel Corno d’Africa, proprio in un momento in cui Isis è in grande difficoltà. Dalla Libia alla Nigeria, dalla Somalia al Mali, dal Chad al Sudan, dal Bangladesh al Kenya, dal Maghreb al Sahel all’immensa area subsahariana, le forze in campo sono tante, forti, bene addestrate e ancora meglio armate: Boko Haram, al Sheebab, al-Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqmi), Ansar Al Sharia e appunto Isis.

Versione per la stampa

La versione che è stata fornita alla stampa è quella che Luca Tacchetto, rapito insieme alla sua fidanzata canadese, Edith Blais, si sia liberato nella notte mentre i loro guardiani erano distratti e, dopo aver camminato ore e ore senza che nessuno li seguisse, ha così trovato la salvezza. Non è compito nostro credere o non credere a questa versione dei fatti anche se i dubbi sono davvero tanti visto che neppure nei casi in cui a essere sequestrati sono stati esperti militari o contractors assolutamente preparati al peggio, si sono verificate fughe così ardite. Un dubbio è quindi lecito porselo: se il giovane ha davvero trovato la libertà attraverso le sue forze oppure se c’è stato, come pare più plausibile, un aiuto esterno. Questo però non è dato sapersi perché spiegazioni non vengono fornite e a precise domande non si vogliono dare risposte.

Africa

Il padre, nella già citata intervista, polemizza sul fatto che del figlio non si sia parlato perché avrebbe avuto il merito di liberarsi da solo. Se è così, quindi, dov’è il problema del poterlo spiegare? Se non è stato il ruolo dell’intelligence a determinarne la fuga, che problema c’è a parlarne? Al contrario di Silvia Romano che in Africa si è recata comunque per aiutare chi sta peggio e la cui destinazione era il Kenya, un tranquillo paradiso a detta dei tantissimi turisti italiani, in gran parte anche veneti che ogni giorno vi si recano, i due viaggiatori hanno scelto non esattamente mete facili con Burkina Faso e Mali che di turistico hanno gran poco. Il primo è il Paese dove i due giovani viaggiatori sono stati catturati, il secondo è dove sono stati condotti e detenuti. Se per Tacchetto non c’è stato bisogno di pagare o di trattare con il gruppo terroristico che li ha detenuti, dov’è il problema nel dirlo? Se è vero che sono fuggiti da soli percorrendo chilometri e senza essere rintracciati, dov’è il problema a renderlo pubblico?

Gara

Se per Silvia Romano c’è stata la gara a chi è riuscito a fare la dichiarazione più disumana possibile, soprattutto da parte di certi politici per guadagnarsi un titolo, in quest’altro caso la gara per fortuna non c’è stata e al contrario si è sentito solo un gran silenzio. Che poi sarebbe la giusta modalità da adottare quando si tratta di situazioni così delicate proprio per proteggere le persone che hanno subito una detenzione forzata. Anche se al ritorno a casa non sono vestiti o sbarbati come qualcuno vorrebbe. 

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