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Cronaca

Perseguitano e minacciano don Albino Bizzotto ottenendo oltre 370 mila euro in due anni

In due anni il sacerdote ha ricevuto 14 mila telefonate dagli 11 indagati finiti nel mirino della guardia di finanza. Gli chiedevano soldi muovendolo a compassione ma quando don Albino ha abbandonato il suo ruolo nell'ente caritatevole sono iniziate le minacce

Sono undici le persone coinvolte nell’operazione “Ricatti e bugie” della guardia di finanza padovana. Chiedevano soldi per i motivi più disparati a don Albino Bizzotto, fondatore e presidente dei Beati costruttori di pace. Ma quando il sacerdote si è dimesso dal ruolo nell’ente caritatevole, sono iniziate le minacce.

L’operazione

Alle prime luci dell’alba di martedì 18 maggio più di 70 finanzieri del comando provinciale di Padova, a conclusione di una delicata indagine coordinata dalla Procura, hanno dato esecuzione nelle province di Padova, Venezia e Vicenza a un’ordinanza nei confronti di 11 persone di etnia sinti. Per sei di loro è stata disposta la custodia cautelare in carcere, per altri quattro il divieto di dimora nei comuni della Regione Veneto e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per un soggetto. L’ordinanza è stata emessa dal gip Domenica Gambardella, su richiesta del magistrato titolare delle indagini Giorgio Falcone che contesta i reati di circonvenzione di incapace e tentata estorsione ai danni di don Albino Bizzotto. Sono state eseguite anche decine di perquisizioni nei confronti dei soggetti che sono indagati, a vario titolo, anche per atti persecutori e violazione di domicilio.

I fatti

I militari della compagnia di Cittadella hanno portato alla luce insistenti richieste di denaro da parte degli indagati che sono riusciti a ottenere oltre 370 mila euro nell’arco di due anni, in contanti o mediante ricariche di carte prepagate. Sono arrivate tra luglio 2018 e luglio 2020 ben 14 mila telefonate a don Albino, tanto che l’uomo ha cominciato a soffrire di un perdurante stato di ansia. Queste persone dicevano di aver bisogno di soldi per disgrazie familiari, incidenti, problemi giudiziari e muovevano a compassione il sacerdote. Poi, quando il prete ha abbandonato il proprio ruolo nell’ente caritatevole, gli indagati hanno cominciato a minacciarlo, gli dicevano che si sarebbero fatti del male se non li avesse aiutati. Ma lui non ne aveva più la possibilità. È stato a quel punto che don Albino si è rivolto alle forze dell’ordine, facendo scattare le indagini.

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Il commento del vescovo

«La situazione che riguarda un sacerdote anziano della nostra diocesi, fondatore e presidente di un’associazione nazionale di volontariato, ci addolora profondamente, sia per la sua persona, sia per la realtà che rappresenta, ma siamo particolarmente grati alla Guardia di Finanza per il lavoro di investigazione avviato» dichiara il vescovo di Padova, monsignor Claudio Cipolla, a seguito dell’operazione del Comando provinciale della Guardia di Finanza. «Sappiamo che l’ambito della carità è preso di mira da persone malintenzionate. Da alcuni anni siamo particolarmente vigili verso situazioni di truffe di vario genere operate a danno di sacerdoti. Per questo abbiamo avviato un intenso lavoro di collaborazione con la Guardia di Finanza per cercare di arginare il più possibile il verificarsi di tali evenienze, anche attraverso incontri di formazione specifici con i sacerdoti proprio per evitare che i preti diventino vittime di truffatori e che soldi destinati alla carità vadano a finire in mano di finti poveri o di bande organizzate. Quanto accaduto ci conferma nella necessità di portare avanti sia l’attività di formazione con i preti, sia il percorso di trasparenza nella gestione economica e nei bilanci delle nostre parrocchie. Proprio grazie ad un maggior controllo amministrativo sono emerse situazioni da affrontare con serietà e impegno. Smascherare truffe ed estorsioni non è facile perché ci si trova di fronte a persone particolarmente capaci di impietosire, ma è fondamentale che anche i preti non si sentano soli nelle scelte, specie in quelle che riguardano la gestione dei beni e, soprattutto, che non temano di denunciare laddove si profili l’ipotesi di un reato. Per questa ragione proprio nei mesi scorsi è stato distribuito un piccolo strumento in cui si enucleano in sette punti alcune accortezze da avere nella gestione dei beni, che possono essere utili anche per quelle realtà caritative e di volontariato non ecclesiali guidate da sacerdoti: la necessità della trasparenza nella rendicontazione economica di soldi che sono della comunità e non personali; l’attenzione a una carità intelligente e strutturata; la condivisione delle scelte economiche con gli organismi di comunione (il consiglio pastorale parrocchiale e il consiglio parrocchiale per la gestione economica); la necessità che i prestiti vengano autorizzati e siano sempre documentati; la trasparenza e la tracciabilità di qualsiasi operazione economica, anche quelle caritative, nel rispetto delle normative civili e canoniche. Senza dimenticare che il vescovo, i vicari e gli uffici di Curia, ma anche il Servizio Informazione e aiuto (SINAI) sono a disposizione. Cogliamo anche questa triste occasione per sottolineare ancora di più la necessità della vigilanza e del confronto».

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