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Inflazione: verdura e frutta continuano ad aumentare, ma ai produttori restano le briciole

Coldiretti chiede il prezzo minimo per gli agricoltori contro la speculazione e le pratiche sleali

L’inflazione continua a pesare sulle famiglie padovane con la frutta che registra al consumo un aumento del 9,4% che per la verdura sale al 20,2%, con i prezzi che triplicano dal campo alla tavola. Ma sono proprio i due estremi della filiera a rimetterci, da una parte i cittadini alle prese con i rincari, dall’altra i produttori agricoli che chiedono un prezzo minimo che copra almeno i costi di produzione, come prevede la legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni. E’ quanto emerge dall’analisi dalla Coldiretti sui dati Istat sull’andamento dell’inflazione ad agosto rispetto allo stesso periodo dello scorso anno che registra un aumento per l’alimentare del 9,8%.

Gli aumenti

«Gli aumenti maggiori anche nella nostra provincia - spiega Massimo Bressan, vice presidente di Coldiretti Padova e componente della giunta della Camera di Commercio di Padova - riguardano la frutta e la verdura. Nell’ultimo mese i rincari viaggiano su percentuali a due cifre per le principali produzioni come verdura fresca, lattughe, insalate, zucchine, pomodori, fagiolini, fagioli, melanzane pomodori e peperoni. In alcuni casi si supera anche il 20 per cento. In aumento anche i prezzi della frutta a partire da mele, pere, pesche, susine. In crescita anche il prezzo dell’uva da tavola, che difficilmente si trova al dettaglio a meno di 4 euro al chilo. Ma di questi continui ritocchi verso l’alto gli agricoltori vedono ben poco perché per ogni euro pagato dai consumatori sono meno di 20 i centesimi che finiscono nelle tasche dei produttori, i quali oltretutto si trovano a fare in conti con pagamenti in ritardo, contestazioni ed inefficienze della filiera. Da qui la nostra richiesta di fissare un prezzo minimo da riconoscere agli agricoltori che in questo periodo faticano anche a pagare le spese. In mancanza di un compenso adeguato c’è il rischio che anche nel nostro territorio spariscano molti frutteti e ortaggi, insieme ad altre coltivazioni e attività agricole».

I dettagli dell'incremento

Gli aumenti al dettaglio, ricorda Coldiretti, sono dovuti alla crescita esponenziale dei costi di produzione in campagna e all’andamento climatico anomalo che ha pesato sui raccolti, con tagli della produzione per caldo, siccità e maltempo che a livello nazionale quest’anno vanno dal 30% per pesche e nettarine  al 63% per le pere, secondo la Coldiretti. «Per buona parte dell’ortofrutta – aggiunge Bressan - solo dopo mesi avviene la liquidazione ai produttori ai quali vengono peraltro addebitate sia le contestazioni sul livello qualitativo che tutte le inefficienze e gli errori di chi sta a valle della filiera.  A partire dall’aumento dei costi di benzina e gasolio con l’88% delle merci che viaggia su gomma e la logistica che arriva ad incidere attorno ad 1/3 dei costi di produzione della frutta e verdura in Italia per il gap infrastrutturale del Paese». Tutto questo porta ad un preoccupante calo dei consumi di frutta e verdura che sono diminuiti dell’8% nei primi tre mesi del 2023 secondo elaborazioni Coldiretti su dati CsoItaly. Il brusco calo – sottolinea la Coldiretti – ha fatto scendere il consumo individuale sotto la soglia minima di 400 grammi di frutta e verdure fresche per persona, da mangiare in più volte al giorno, raccomandato dal Consiglio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) per una dieta sana.

Il Pnrr

«In questo contesto l’aumento di fondi del Pnrr pari a 2,5 miliardi per gli accordi di filiera, la logistica e le misure agricole – conclude Bressan - risponde alle richieste di Coldiretti ed è importante per salvare la spesa delle famiglie italiane ma anche per sostenere l’intero settore agroalimentare nella sfida ai cambiamenti climatici. Del resto proprio il nostro settore ha dimostrato concretamente la capacità di saper cogliere l’opportunità del Pnrr con richieste di investimenti superiori alla dotazione e l’incremento dei fondi va nella direzione auspicata di aumentare la produzione in settori cardine, dalla pasta alla carne, dal latte all’olio, dalla frutta alla verdura e “raffreddare” il carovita che pesa sulle tasche dei consumatori e permetta anche di garantire, nel rispetto delle norme sulle pratiche sleali, una più equa distribuzione del valore lungo la filiera».

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