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Luca Favarin: «La Diocesi non è mai venuta a vedere quello che facciamo qui»

Intervista al prete sospeso per il suo lavoro sull'accoglienza. Siamo entrati nella sua "azienda". Lui: «Non viene apprezzato il nostro metodo di lavoro, ma senza che ci sia stata una vera e propria valutazione. Qui non si è mai visto nessuno della Curia a vedere come lavoriamo. Se c'entra la nostra attività? Credo proprio di sì»

Sereno e convinto della sua decisione. Così abbiamo trovato don Luca Favarin in una settimana in cui è finito su tutti i giornali per questo suo desiderio di allontanarsi dalla Chiesa: «Ma non da Dio, sia chiaro», ci dice subito. Già perché le questioni che hanno portato a questa decisione sono assolutamente terrene, l'Altissimo non c'entra proprio niente. E' vero che in pratica è stato lui ad autosospendersi, lui a far uscire la notizia e sempre lui a rivendicare la sua scelta. Dalla curia avrebbero di certo preferito meno can can mediatico. Lo si evince anche dalle parole pronunciate proprio oggi dal Vescovo Cipolla a tal proposito. Vescovo che non manca di far sapere che non c'è nulla di personale e che l'affetto nei confronti di Favarin non cesserà di certo per questa scelta. Certo però, in anni in cui diversi preti della città hanno messo in imbarazzo la curia con comportamenti poco consoni e poco cristiani, è bizzarro che un prete che fa dell'accoglienza e della misericordia il suo biglietto da visita, non trovi spazio nella chiesa. Entro un anno la bolla papale sancirà questo passaggio ma intanto Don Luca deve smettere di celebrare qualsiasi funzione, anche se di fatto in dieci anni non ha mai avuto assegnata una parrocchia e ha sempre detto messa dove è stato invitato. «Lo slogan del camminare insieme se non trova poi riscontro nella realtà rimane una bella frase a effetto. Non ho lasciato una comunità perché non c'era. Sono sempre stato visto come uno eccentrico invece che guardare alla sostanza di ciò che ho sempre fatto dal primo giorno che sono diventato un prete», ci dice con un po' di amarezza senza abbandonare mai l'entusiasmo. 

E' passata circa una settimana dal suo annuncio di fare un passo indietro rispetto alla Chiesa di Roma e la notizia ha fatto il giro d'Italia. Alcuni titoli usciti erano oggettivamente un po' forti, gli facciamo notare. Così gli chiediamo se davvero ha pronunciato la frase che tanti hanno riportato, «c'è chi va a prostitute e si alcolizza e se la prendono con me», citiamo non testualmente volutamente, e che sarebbe rivolta ad altri preti. «Ci conosciamo da tanto - ci dice  - ed è evidente che non posso aver detto una frase così. Ho invece stimolato un ragionamento rispetto a un concetto semplice che è quello di non aver protetto questa esperienza, non me. E che magari in casi di altro tipo c'è stata più attenzione da parte della Chiesa magari per vergogna o imbarazzo». Vogliamo quindi capire, glielo chiediamo direttamente, se è più un crisi di vocazione o un problema che riguarda le attività che don Luca Favarin ha messo in piedi in questi anni. «Non viene apprezzato il nostro metodo di lavoro ma senza che ci sia stata una vera e propria valutazione. Qui non si è mai visto nessuno della Curia, ad esempio. E quando qualcuno è venuto a trovarci, rarissimi casi in tanti anni, non hanno neppure rivolto una parola a ospiti e operatori per capire che clima ci fosse, o chiesto se il nostro modo di impostare il lavoro porta a dei risultati». Dove ci troviamo con Don Luca è al Percorso Vita Onlus che si trova in Via Varmo 6 a Padova in  zona Sacro Cuore. E' una delle attività avviate in questi anni. Qui ci sono operatori che seguono quotidianamente ragazzi con difficoltà. Molti di loro facevano parte di quelle che vengono definite baby gang di cui si è tanto scritto. «Qui si pensa a proteggerli, a dargli una educazione, li si fa studiare e poi apprendono un lavoro. Qui, proprio in quest'area nascerà una osteria gestita da questi ragazzi che non potendo allontanarsi troppo perché con limitazioni di legge rispetto ai luoghi dove sono stati assegnati, lavoreranno proprio qui. A queste persone bisogna non solo offrire conforto ma occorre dar loro gli strumenti per costruirsi una vita». Perché tutto questo va a cozzare con il vangelo? «Il problema è con la Chiesa, non con Dio». E come facciamo a spiegare a devoti e credenti che un prete che si occupa degli ultimi per farlo con criteri diversi rispetto a quelli tradizionali e consolidati, deve per forza farlo fuori dalla Chiesa? «E' uno dei grandi dilemmi che ci portiamo dietro da secoli. Ma, anche solo guardandoci intorno, mi chiedo: dov'è il male?!?». 

Luca Favarin

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