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«Pagate in contanti le consumazioni sotto i 20 euro»: la richiesta dell'Appe alla clientela

Spiega il segretario Filippo Segato: «È una soluzione di buon senso che non impone nulla, ma che responsabilizza tutti: i consumatori a considerare le difficoltà degli esercenti e questi ultimi ad accettare i pagamenti elettronici anche per piccoli importi, se il cliente non ha contante con sé»

È tornata alla ribalta in queste settimane la tematica dei pagamenti elettronici, visti da taluni come fondamentale passo verso il progresso digitale della Nazione e strumento formidabile di contrasto all’evasione fiscale. Nella maggior parte dei casi, la frase tipica che si cita è «all’estero con la carta di credito si può comprare anche un caffè»: l'Appe - Associazione Provinciale Pubblici Esercizi, che rappresenta i baristi, ci tiene a puntualizzare alcuni aspetti relativamente all’uso del denaro elettronico al posto del contante.

Moneta elettronica

«Premesso - afferma il segretario Filippo Segato - che già oggi nei bar è possibile pagare le proprie consumazioni con bancomat o carta di credito, ci chiediamo come mai vi sia così tanta attenzione sui pubblici esercizi, quando è noto che i veri evasori sono le grandi aziende che, magari con pochi click al computer, spostano milioni di euro da un paradiso fiscale all’altro». Ma il ragionamento dell’Associazione degli esercenti cerca di fare un passo in avanti, segnalando quelle che sono le conseguenze di una diffusione generalizzata di questi strumenti di pagamento. «Abbiamo fatto delle simulazioni - dichiara Segato - ipotizzando il pagamento di una consumazione al bar in contanti e uno in moneta elettronica: il tempo medio del pagamento in monete o banconote richiede 15 secondi, contro i 35 secondi medi necessari per il pagamento elettronico, senza contare eventuali perdite di tempo inattese per trovare la tessera smarrita, ricordare il Pin dimenticato, attendere ritardi di connessione o dover sostituire il nastro degli scontrini». Aspetti organizzativi, quindi, che significano costi indiretti (dovuti, per esempio, a una persona dedicata agli incassi, soprattutto negli orari di punta) per i gestori di bar, pasticcerie e altri pubblici esercizi: costi che si sommano a quelli, noti, di noleggio del Pos (fino a 20 euro al mese) e di commissioni sul transato (fino al 2%). «Oltre ai costi - puntualizza Segato - occorre anche tener conto dei disservizi: pensiamo un momento a quanta attesa potrebbe generare la gestione, ad esempio, di tutti gli incassi in moneta elettronica, al bar durante la pausa pranzo o al momento delle colazioni del mattino». La contrarietà, quindi, degli esercenti, non riguarda soltanto i costi, ma anche le difficoltà gestionali. «Non ho timore di dire - sottolinea Segato - che i costi sono un problema superabile: abbiamo delle buone convenzioni con banche che li azzerano per le micro-transazioni e, per evitare il canone sul Pos, si può comprare in autonomia il dispositivo. Il problema, semmai, è educare il cliente a evitare i pagamenti elettronici sotto un certo importo, proprio per non contribuire a creare disservizi».

Cartello

Anche per questo, APPE è pronta a distribuire un cartello che inviterà la clientela a pagare in contanti le consumazioni sotto i 20 euro. «È una soluzione di buon senso - conclude Segato - che non impone nulla, ma che responsabilizza tutti: i consumatori a considerare le difficoltà degli esercenti e questi ultimi ad accettare i pagamenti elettronici anche per piccoli importi, se il cliente non ha contante con sé». In ogni caso, prima di distribuire il cartello l’Associazione attende la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di bilancio, che dovrebbe avvenire entro fine anno, per conoscere quali saranno i contenuti definitivi del provvedimento.

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