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Cronaca Piazze / Via Soncin

Scagionato il titolare dell'Anfora Non stava a lui denunciare il vaso

Alberto Grinzato è stato assolto dall'accusa di mancata dichiarazione del reperto archeologico in suo possesso e a cui è intitolata l'osteria di via dei Soncin a Padova. Doveva farlo chi gli ha venduto il locale nel 1992

Finisce un incubo durato tre anni per Alberto Grinzato, titolare dell'enoteca L'Anfora di via dei Soncin. A mandarlo nei guai, nel settembre 2010, proprio l'oggetto che dà il nome allo storico locale. Già, perché, come riportano i quotidiani locali, quel vaso in terracotta si è rivelato un reperto archeologico, sebbene di scarso valore commerciale, e il gestore dell'esercizio si è visto puntato il dito contro per non averne denunciato il possesso, come invece previsto - sembrava - dalla normativa a tutela dei beni culturali.

L'ANFORA DELLA DISCORDIA. Quell'anfora era in mostra da decenni nel locale cui aveva persino dato il nome. Poi, un carabiniere di passaggio, notandola, ha deciso di segnalarne la presenza al Nucleo tutela patrimonio culturale di Venezia, per accertarne il lecito possesso. Da lì sarebbero iniziati i guai per l'oste del centro cittadino, e l'accusa di mancata denuncia di detenzione del reperto. Finalmente, venerdì, l'assoluzione da parte del giudice Nicoletta De Nardus "per non aver commesso il fatto".

A CHI TOCCAVA LA DENUNCIA. Un fascicolo d'indagine aperto da tre anni. Ad un'esperta il compito di studiare l'oggetto e appurarne il valore commerciale e storico. Ebbene, l'anfora è sì un bene archeologico, ma di scarso valore, in quanto derivante da una produzione seriale. Si tratterebbe di una lavorazione nord-adriatica risalente ad un periodo compreso tra il primo secolo avanti Cristo e il primo dopo Cristo. Tuttavia, il suo status di bene archeologico ne imponeva la denuncia e che venisse sottoposto alle normative di legge che ne assicurano la tutela: cosa mai avvenuta. Dal lontano 1992, Grinzato non ha infatti mai dichiarato nulla, finendo così indagato e condannato a pagare una multa di 4.550 euro, in alternativa 15 giorni di carcere e una sanzione di 800 euro. Ma il gestore 59enne si è rifiutatato di pagare e ha scelto la lunga strada del processo, riuscendo infine a spuntarla. Il suo legale, Orietta Baldovin, è infatti riuscito a dimostrare come la denuncia non fosse compito del suo assistito, proprio da codice. A dichiarare l'oggetto avrebbe dovuto pensarci, decenni fa, "chi trasferisce il bene", ovvero colui che diede in gestione il locale a Grinzato, non lui. L'anfora resta dunque dov'è, nel locale di cui continua ad essere lo storico simbolo.



 

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