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Cronaca

Bande rivali si contendevano il territorio dello spaccio: 21 arresti a Padova e provincia

Accoltellamenti, omicidi facevano parte della loro "guerra" per contendersi il territorio. La Squadra mobile di Padova, coordinata dalla Dda di Venezia, ha arrestato 21 persone accusate a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga

Due fazioni rivali, un pacchetto clienti di 230 persone. La polizia ha arrestato 21 persone tra Padova, Abano Terme, Rubano, San Giorgio delle Pertiche e Vigonza accusate a vario titolo di aver messo in piedi un’associazione per delinquere per traffico di stupefacenti.

L’operazione

Nella mattinata di venerdì 21 gennaio la Squadra mobile padovana, coordinata dalla Dda di Venezia, ha arrestato 21 persone tra italiani e tunisini: gestivano un grosso giro di spaccio di cocaina e hashish ad almeno 230 clienti, solo quelli accertati. Quattro di loro erano già incarcere a Padova, Ferrara e Verona. Le indagini hanno avuto inizio nel 2018 sotto la direzione della Procura padovana. Un tunisino era stato accoltellato al Bassanello, un episodio che gli investigatori hanno collegato ad altri simili avvenuti lo stesso giorno come un tentato omicidio a San Carlo, all’Arcella, due accoltellamenti in piazza Mazzini e ancora in via Madonna della Salute a Mortise. L’ipotesi, poi rivelatasi esatta, era che si trattasse di un regolamento di conti. Quando i colpevoli dei fatti sono stati individuati i poliziotti hanno trovato armi, droga, denaro nelle loro case.

Le bande

Era in atto una guerra tra fazioni rivali per contendersi il territorio dello spaccio. Da una parte una banda capeggiata da due fratelli tunisini che si definivano “Gargaria” e occupavano la zona tra San Carlo, Pontevigodarzere, Mortise e Torre. Dall’altra la banda rivale, guidata da giovani tunisini, che agiva tra Prato della Valle, Bassanello e Guizza. Gli inquirenti hanno scoperto tramite le intercettazioni telefoniche che diverse risse erano riconducibili alla loro “guerra”: coltelli, machete e gas lacrimogeno venivano usati sia per aggredire gli avversari, sia durante i pattugliamenti del territorio, per controllare che i rivali non sconfinassero. Due le risse più significative: quella del 31 gennaio 2019 all’Arcella e quella del 7 febbraio dello stesso anno in via Montà. Le indagini sono passate quindi alla Procura distrettuale antimafia di Venezia. «Gli indagati si sono contraddistinti per l'estrema capacità organizzativa (una vera e propria impresa "familiare"), con possibilità di ricorrere all'aiuto di congiunti e collaboratori, quindi di sostituirsi a vicenda e di avvalersi di una ben congegnata organizzazione logistica – si legge nella nota divulgata dalla Dda di Venezia – Disponibili allo scontro, anche fisico, con i rivali sul territorio (con l'impiego di ami, sia pure soltanto da taglio), neppure gli arresti di volta in volta effettuati dalla Polizia di Stato ne avevano potuto sino a oggi interrompere o anche solo rallentare l’attività. Quest’ultima, condotta con perseverante "professionalità" ha consentito a tutti i partecipi di trarne il proprio sostentamento economico». I capi dell’associazione erano due fratelli che reclutavano associati fatti arrivare appositamente dalla Tunisia, a cui veniva offerto vitto e alloggio e anche l’assistenza legale. I proventi dello spaccio venivano gestiti dai fratelli e sono stati usati anche per comprare beni immobili e attività commerciali in Tunisia. E anche quando uno dei due è finito in carcere, continuava a gestire il giro.

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