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Economia

Padova al 30° posto tra le città con l'inflazione più alta: +1327 euro a famiglia all'anno

Praticamente uno stipendio in più a causa degli aumenti. Bertin: «L’auspicio è che rientri al più presto anche perché si riverbera sui tassi bancari e tassi alti sugli investimenti»

Padova trentesima, con oltre 1300 euro in più di spesa all'anno per famiglia da quando sono arrivati gli aumenti e cresciuta l'inflazione. Nei giorni scorsi l’Unione Nazionale Consumatori ha stilato la classifica delle città con più di 150 mila abitanti più care d’Italia. Uno studio basato sull’inflazione media dello scorso anno resa nota dall’Istat ha consentito dunque di individuare la spesa che una famiglia nel 2023 ha pagato effettivamente in più rispetto al 2022.

I numeri

Non sorprende che in testa alla classifica delle città più care del 2023 ci sia Milano, dove l’inflazione media è stata pari a +6,1% con una maggior spesa aggiuntiva annua, pari, per una famiglia media, a 1656 euro in più rispetto al 2022. Sul poco invidiabile podio anche Varese (+6%, con un incremento di spesa sul 2022 pari a 1582 euro a famiglia) e Bolzano, con un +5,8% e dove una famiglia tipo, nel 2023, ha speso in più 1541 euro annui. E Padova? Padova, come detto, si insedia al 30° posto che, di per sé, non è una pozione bruttissima. Se si esclude Venezia (16^ posizione, +5,8% e 1395 euro in più per famiglia), Padova è però la seconda città del Veneto: 5,7% il tasso di inflazione e 1327 euro in più per famiglia.

La preoccupazione di Bertin

Ovviamente niente a che vedere con la città più virtuosa, Potenza, che ha l’inflazione più bassa d’Italia (+3,7%) e dove in media si sono spesi “solo” 731 euro in più nel corso del 2023. Ma bene anche Reggio Emilia che condivide con Catanzaro il secondo posto tra le città più virtuose con un’inflazione al +4,4% e una spesa a +822 euro.
«L’inflazione - commenta il presidente dell’Ascom Confcommercio, Patrizio Bertin - non è ancora sotto controllo e questo preoccupa, oltre che le famiglie, anche le nostre categorie che sono tra l’incudine dei costi a monte che salgono e la riduzione dei consumi a valle che penalizzano i fatturati. Per quanto riguarda la nostra città, conforta che il differenziale tra dicembre e gennaio si sia limitato al +0,3% e che il tendenziale annuo si fermi all’1%. L’auspicio - conclude il presidente dell’Ascom Confcommercio - è che l’inflazione rientri al più presto anche perché un’inflazione alta si riverbera sui tassi bancari e tassi alti (attualmente in calo ma comunque ancora ben oltre il 4%) zavorrano gli investimenti».

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