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Export, Padova tiene ma i segnali sono allarmanti: «Colpa di interessi e inflazione»

Confapi: «I dati Istat registrano infatti ciò che è già accaduto, ma la sensazione è che le prossime rilevazioni siano destinate a essere meno confortanti. Dopo la ripresa generale c’è stato un rallentamento palpabile»

Lo conferma anche l’Istat: l’export italiano nel secondo trimestre del 2023 si è spostato in area negativa. La riduzione è molto ampia per il Centro (-15,7%), più contenuta per il Nord-Est (-2,6%) e per Sud e Isole (-2,4%), mentre il solo Nord-Ovest risulta stazionario. Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, ha preso in esame nello specifico la situazione del territorio di riferimento. La contrazione è più modesta per il Veneto, che segna -2,1%, a 21,02 miliardi di euro, e più netta (-9,5%), per il Friuli Venezia Giulia. Il bilancio diventa meno pesante per il Veneto se lo sguardo abbraccia l’intero semestre gennaio-giugno, che registra una variazione del +3,2% rispetto allo stesso periodo del 2022, con 42,04 miliardi di esportazioni a fronte dei 40,7 miliardi dello scorso anno.

La provincia di Padova

Passando alle singole province, si segnala che Padova va in controtendenza, totalizzando 6,9 miliardi di vendite estere nel semestre e un rincuorante +7,3% sullo scorso anno, ma anche un saldo positivo nel confronto tra primo e secondo trimestre del 2023, con giugno che si chiude con 3,49 miliardi di esportazioni contro i 3,43 di marzo. In testa per valori assoluti tra le province venete c’è Vicenza, con 11,85 miliardi di esportazioni tra gennaio e giugno, e un +0,4% rispetto allo stesso semestre del 2022; seguono Verona con 7,8 miliardi (+5,92%), Venezia (3,4 miliardi, +0,7%) e infine Belluno, che mette a segno l’incremento percentuale più consistente, +14,7%, salendo 2,88 miliardi. Male Rovigo, che perde il 2,6% (938 milioni di esportazioni), ma anche Treviso cede lo 0,5% nel raffronto tendenziale (8,15 miliardi). Nello specifico, risultano in contrazione i prodotti della siderurgia, della lavorazione dell’acciaio e l’elettrodomestico. Mentre resta trainante la voce dell’aggregato “macchine”, da quelle utensili a quelle speciali, con una crescita del 13% in regione.

La versione di Confapi

«La flessibilità che ha sempre contraddistinto il nostro modello territoriale ci permette di restare a galla. Una struttura che non ha eguali in Italia e in Europa e che sta consentendo alle nostre aziende di “regolarsi” meglio di altre. E tuttavia dobbiamo prepararci a un’inversione di tendenza anche nel nostro territorio», commenta il presidente di Confapi Padova, Carlo Valerio. «I dati Istat registrano infatti ciò che è già accaduto, ma la sensazione è che le prossime rilevazioni siano destinate a essere meno confortanti. Dopo la ripresa generale c’è stato un rallentamento palpabile, che ha dietro più cause. In primis l’aumento dei tassi di interesse e più ancora l’inflazione, perché se rimane così alta è inevitabile che i consumi frenino. So che è impopolare dirlo, parlando a nome di un’associazione di categoria, ma gli aumenti dei prezzi sono stati esagerati e non sempre motivati, e se non tornano ad abbassarsi è impossibile che la situazione generale migliori. Dietro a questo aumento c’è una spirale innescata in buona parte dalla paura, per cui nessuno si prende carico per primo del rischio di abbassarli, per non trovarsi penalizzato. E a queste considerazioni se ne aggiunge un’altra», prosegue Valerio, «ovvero il fatto che non siamo isolati dal resto dell’Europa: la condizione è generalizzata. Dietro al rallentamento della nostra economia c’è infatti anche la riduzione della domanda internazionale in diverse filiere e la crisi della Germania, partner commerciale primario per il Veneto, la cui recessione influisce in prospettiva anche su di noi».

Mario Pozza

Sul tema, Confapi Padova ha intervistato Mario Pozza, presidente di Unioncamere del Veneto e di Venicepromex, Agenzia per l’internazionalizzazione. Dal suo osservatorio privilegiato, Pozza concorda con l’analisi dell’Associazione delle piccole e medie imprese ed evidenzia come «in prospettiva futura non possiamo che essere preoccupati, perché gli imprenditori che si rapportano con la Germania confermano che lì non si vende più come prima. Dopodiché teniamo anche conto di come il quadro cambi da settore a settore e consideriamo qual è il particolare tessuto del nostro mondo imprenditoriale», sottolinea il presidente di Unioncamere in uno dei passaggi della sua disamina, disponibile integralmente nell’intervista allegata. «La Germania conta su grandi imprese, su una macchina che può viaggiare a ritmi elevati quando le cose vanno bene e subisce un rallentamento più pesante quando vanno male. Da noi invece le imprese sono in media più piccole, ma questo significa anche che sono più vivaci, hanno costi di produzione inferiori e tempi di reazione più rapidi. Senza considerare che fortunatamente il Veneto non dipende da uno o due settori, ma da tantissimi: tutto ciò ci rende nel complesso meno vulnerabili perché fa sì che il processo produttivo da noi non venga mai interrotto del tutto. E ci induce a pensare che il quadro congiunturale dei prossimi mesi possa prevedere sì un segno negativo, ma meno marcato rispetto ad altre realtà».

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