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Aumento dei prezzi delle materie prime, a rischio due maxi cantieri per la sicurezza idraulica

Si tratta del “Tubone”, condotta di adduzione di acque Pfas-Free a servizio dei distretti irrigui Gua, Monastero e Fratta nell’area compresa tra Cologna Veneta e il basso Montagnanese, e dello “Sbarramento antintrusione salina sul Brenta”

Due “fiori all’occhiello” della progettazione del Consorzio di Bonifica Adige Euganeo sono a rischio a causa dei rincari delle materie prime. Due interventi, tra l’altro, molto attesi dal territorio, in quanto destinati a risolvere le gravi emergenze causate dall’inquinamento e dalla risalita del cuneo salino, rispettivamente nell’alveo del Fratta Gorzone e del Brenta: si tratta del “Tubone” e dello “Sbarramento antintrusione salina sul Brenta”.

"Tubone" e sbarramento antintrusione salina

Nel primo caso, ossia la Condotta di adduzione di acque Pfas-Free a servizio dei distretti irrigui Gua, Monastero e Fratta, nell’area compresa tra Cologna Veneta e il basso Montagnanese, l’intervento scongiurerebbe l’utilizzo di acque prelevate dal fiume Fratta, come noto pregiudicate dalla presenza di sostanze perfluoralchiliche, in un’area di circa 25 mila ettari di campagna, in cui si trovano i vigneti della Doc Merlara. Nel secondo caso, invece, sarebbe l’area di produzione del Radicchio di Chioggia Igp, e non solo quella, ad essere messa al sicuro dalla risalita del cuneo salino. Durante i periodi di magra del Brenta, infatti, l’acqua marina risale l’asta del fiume e minaccia le colture e le falde superficiali compromettendone la natura, tanto che il rischio di desertificazione del territorio tra Padova e Venezia è una minaccia concreta. Il progetto per la sua realizzazione è esecutivo dal lontano 2016 e ora l’opera è di fatto pienamente cantierabile, dopo che per quasi un decennio è stata bloccata a causa di una serie di ricorsi giudiziari.

Michele Zanato

«I rincari delle materie prime schizzati alle stelle dopo lo scoppio della guerra russo/ucraina - spiega il presidente del Consorzio di bonifica Adige Euganeo, Michele Zanato - hanno di fatto lievitare i costi della posa del “Tubone”. Ai 42 milioni di euro stanziati dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo nell’agosto del 2019, oggi dovremmo aggiungerne altri 9. E altrettanti si renderebbero necessari per la realizzazione dello “sbarramento sul Brenta”, in questo caso per rivedere le stime di spesa di un progetto esecutivo che ha ormai quasi vent’anni. L’intervento era stato cofinanziato, per un importo appena superiore ai 20 milioni di euro, dal Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali per il tramite del Consorzio di bonifica, dalla Regione del Veneto, dal Comune di Chioggia e dal Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche, incaricato di svolgere le funzioni di soggetto attuatore».

Risorse e costi

Complessivamente 18 milioni di euro che tuttavia il ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste non si trova nelle condizioni di finanziare, se non nella parte residuale di circa mezzo milione di euro messo a disposizione per l’anno 2023. Risorse che non possono nemmeno essere stanziate attraverso il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) in quanto dalla graduatoria chiesta alla Regione per stabilire le principali priorità del Veneto, la Condotta di adduzione di acque Pfas-Free è stata inserita al 238° posto, su 250, dopo che lo stesso Luca Zaia in una lettera del 2018 ne aveva sancito la priorità. “In ordine alla richiesta di conferma della priorità dell’intervento in oggetto nell’ambito della programmazione regionale - riporta la missiva inviata in data 6 agosto 2018 al Ministro dell’Agricoltura di allora - Le segnalo che lo stesso è stato inserito con priorità “Alta” all’interno della Banca dati degli interventi strutturali per l’irrigazione trasmessa al Suo Decastero con nota del 15 febbraio u.s., prot. n 59026; pertanto alla luce di quanto sopra illustrato, ritengo di dover ribadire tale priorità nell’ambito degli interventi finanziati con Legge 11 dicembre 2026, n. 232, art. 1. comma 140 (esercizio 2018)”. Aggiunge Zanato: «Dall’incontro avuto con il Ministero in occasione della recente Assemblea Nazionale dell’Ambi, tenutasi il 4 e 5 luglio all’Hotel Sheraton di Roma non abbiamo ottenuto risposte rassicuranti. Nel caso del “Tubone” ci è stato chiesto di cercare economie d’intervento che non è possibile attuare, anche perché procedere in modo differente da quanto previsto dal progetto esecutivo, significherebbe perdere l’intero stanziamento. Servirebbe un nuovo progetto per la parte di completamento, da inserire tra le ipotetiche voci di finanziamento future. Ciò, oltre a costituire una mera supposizione, richiederebbe molto tempo e quindi l’inevitabile slittamento della chiusura dei cantieri. Invece, ci sarebbe tutta l’urgenza a procedere con speditezza, si consideri che proprio in virtù della priorità assegnata al progetto, la parte degli espropri è già stata completata, qualcuno ha già tolto i vigneti dall’area interessata. Il cantiere è stato aperto ad aprile del 2022 con la realizzazione delle opere di presa sul canale LEB e la posa della tubazione nel comune di Cologna Veneta e di Pressana».

Aree agricole

Urgenza motivata anche dalla necessità di intervenire per sanare situazioni pericolosamente invalidanti per le due aree agricole. Complessivamente si tratta di quasi 50 mila ettari che racchiudono parte della Doc Merlara e parte dell’area di Produzione del Radicchio di Chioggia Igp. «In entrambi i casi - continua il Presidente del Consorzio di Bonifica Adige Euganeo - si tratta di opere progettate per superare problematiche decisamente penalizzanti sia per l’agricoltura che per gli insediamenti civili. A tal proposito aggiungo un elemento temporale: si tratta di emergenze che esistono da anni, il progetto della condotta Pfas-Free è del 2017, quello dello sbarramento sul Brenta addirittura risale al 2003. Quindi questa è la tempistica con la quale riusciamo a rispondere alle sollecitazioni urgenti che provengono dal territorio in condizioni normali – non proprio la tempestività – se poi a queste opere - ripeto assolutamente necessarie perché rispondono alla necessità di aggiornare le strutture consortili al ‘climate change’ e di combattere l’inquinamento – si tolgono le prerogative necessarie alla loro realizzazione, il rischio è quello di rimanere fortemente arretrati e penalizzati rispetto ad altre aree del Veneto e dell’Italia stessa». Il problema della risalita del cuneo salino, del resto, non riguarda più solo il Brenta, ma anche l’Adige ne risente in forma sempre più grave. Basti pensare infatti che, mentre negli anni ’50 – ’60 l’intrusione salina era limitata a circa 3 km dalla foce dell’Adige, negli anni 2000 la presenza del sale è stata rilevata a circa 20 km dalla foce, mettendo sostanzialmente in crisi anche gli approvvigionamenti acquedottistici, in quanto le centrali di potabilizzazione non sono in grado di desalinizzare l’acqua. «Anche per l’Adige si stanno spendendo grandi risorse per la progettazione di uno sbarramento - conclude Michele Zanato - anche se in realtà il prototipo è lo stesso del Brenta. Viene da chiedersi quanto questa attività di programmazione sia utile se poi mancano i soldi per realizzare i progetti già in fase esecutiva, se non addirittura quelli già cantierati. Da parte nostra continueremo a cercare le risorse necessarie al compimento di queste importanti strutture, tra i prossimi appuntamenti ci sarà l’incontro con il commissario straordinario nazionale per la scarsità idrica, Nicola Dall’Acqua, vedremo se potranno essere inseriti nel Piano strategico degli interventi».

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