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Ondate e isole di calore: una ricerca dell'Università sulla nostra città mostra i rischi che stiamo correndo

Il gruppo di ricerca del Centro di Eccellenza Jean Monnet sulla giustizia climatica (Dipartimento ICEA, Università di Padova) e del Master di II livello in GIScience e SPR mostra l'impatto delle ondate ed isole di calore a Padova: «Una questioni di salute e di giustizia climatica». La mezzanotte scorsa registrati 8 gradi di differenza tra il Portello e il Basso Isonzo, dato che dice come all'interno della stessa città ci siano aree più a rischio

«I risultati delle analisi territoriali dell’estate 2022 mostrano che l’intensità delle isole di calore è notevolmente più elevata in settori della città con ampie e continue aree di suolo consumato. Sono stati individuati, in particolare, sei hotspot all’interno delle seguenti unità urbane: Zona industriale, Fiera, Stanga, Arcella, il settore sud della Mandria e le piazze. In queste unità urbane le anomalie di temperatura superficiale (Land Surface Temperature, LST) possono variare da 3.1 a 8.7 C». E' il professor Salvatore Pappalardo del Dipartimento ICEA, Università di Padova che spiega l'importanza e il valore delle ricerche del Centro di Eccellenza Jean Monnet sulla giustizia climatica (Dipartimento ICEA, Università di Padova) e del Master di II livello in GIScience e SPR. «Nelle nostre due ricerche pubblicate sono state identificate delle importanti criticità legate al numero, alla frequenza e durata delle ondate di caldo ed all’intensità delle isole di calore urbano, sia all’interno della città di Padova che nei 30 comuni limitrofi. L’impatto degli estremi climatici è enormemente differenziato a causa sia dell’eterogeneità dell’uso del territorio (settori cementificati, aree vegetate, corsi d’acqua) che della distribuzione e compresenza di categorie deboli, sensibili alle temperature estreme». A mezzanotte scorsa, quella tra il 21 il 22 agosto, si sono registrati 6 gradi di differenza tra il Portello e il Basso Isonzo. Un dato che deve fare riflettere, non c'è più tempo da perdere se si vuole davvero mitigare questa situazione. Ci sono aree della città dove intervenire diventa prioritario anche perché in UE, lo scorso anno, l'estate torrida ha provocato 18mila morti. I paesi maggiormente colpiiti, Italia, Spagna e Grecia. Ma queste che molti sostengono essere anomalie passeggere, mentre invece le temperature e il clima che stiamo vivendo in questi giorni saranno la normalità nei prossimi anni. Anche nella stessa città però, ci sono aree però che sono più o meno soggette, come dimostra anche la  differenza di temperatura restrata ala stessa ora in un'area molto verde come quella del Basso Isonzo, una più cementificata come quella del Portello. 

Isole di calore

«Le aree urbanizzate – per fattori legati in primis alla cementificazione del territorio, ma anche alla capacità delle superfici di riflettere la radiazione solare (albedo) ed alla morfologia urbana – rappresentano delle “casse di amplificazione” per le ondate di calore e, di conseguenza, per il rischio climatico associato. Il fenomeno è ben conosciuto e studiato in ambito scientifico da 50 anni e prende il nome di isole di calore urbane (Oke, 1973). Si tratta di un fenomeno fisico che plasma le temperature superficiali del complesso tessuto urbano formando un “arcipelago” di isole di calore a diversa intensità, con differenze nei valori termici che possono arrivare sino a 10 °C rispetto a quelli registrati nei vicini contesti rurali, al di fuori delle città», ci spiega. «Il territorio urbano di Padova, con circa il 50% di territorio cementificato e l’inarrestabile tasso annuale di consumo di suolo a discapito di aree verdi ed agricole (ISPRA, 2022), non fa eccezione». Una fotografia della situazione in cui ci troviamo che deve giustamente preoccupare. Le ondate di calore sono sempre più frequenti e più estreme. «Durante le ondate di caldo estremo, le isole di calore vanno ad amplificare e distribuire sul territorio urbano – in maniera spazialmente differenziata - gli estremi climatici, in particolare le notti tropicali (temperature minime superiori a 20 °C) e le temperature massime giornaliere. Tuttavia, gli impatti degli estremi climatici non sono equamente distribuiti, né all’interno del territorio urbano né nelle diverse fasce e categorie sociali della popolazione. Come ampiamente documentato in letteratura, la dimensione degli impatti degli estremi climatici sul territorio è asimmetrica, in quanto va a colpire soprattutto soggetti sensibili al caldo estremo come anziani, donne e bambini sotto i cinque anni, ma anche categorie socialmente deboli come migranti, famiglie a basso reddito e situazioni di emarginazione sociale (Kovats et al., 2004; Morabito et al., 2015; Nayak et al., 2018). In questo caso gli impatti locali del surriscaldamento globale vanno ad esacerbare e polarizzare le vulnerabilità sociali preesistenti, aumentando il divario e le disparità e ponendo la questione di affrontare con urgenza di giustizia climatica e del diritto di abitare in zone critiche della città».

Mappa intensità di calore nella nostra città

Come sempre c'è una fetta di società che paga un prezzo più salato, che sono le categorie più a rischio. Per questo quando si parla di innalzamento delle temperature si parla anche di giustiza climatica. Lo spiega bene il professore Pappalardo: «Le nostre ricerche si sono pertanto focalizzate su mappare sia l’intensità delle isole di calore urbane durante le ondate che il rischio associato, con una particolare attenzione alle vulnerabilità sociali correlate ed alla dimensione distributiva della giustizia climatica. Tali elementi diventano fondamentali se inseriti ed attuati nell’ambito della pianificazione urbana resiliente e nei piani di adattamento climatico. Chi vive a Città Giardino non si trova certo nella stessa situazione di chi vive all'Arcella». Le aree maggiornente colpite dal fenomeno delle ondate di calore sono quelli più cementificati: zona industriale. e Arcella su tutte. «L’obiettivo generale è indagare l’impatto delle ondate di caldo estremo sulla città di Padova, sulla base della distribuzione sul territorio urbano sia dell’intensità delle isole di calore che delle vulnerabilità sociali associate, proponendo un indice di rischio climatico a supporto di strategie e piani di adattamento ai cambiamenti climatici che siano resilienti ed inclusivi. Le vulnerabilità sociali integrate nel modello per il calcolo del rischio climatico si basano sulle seguenti variabili: i) anziani (con età superiore ai 65 anni e anziani che vivono da soli), bambini (con età inferiore ai 5 anni), famiglie con reddito inferiore ai 10.000 euro, migranti».Ci sono quindi aree che subiscono meno questo fenomeno, anche se non ne sono immuni: «Nella nostra città le unità urbane più “fresche”, con anomalie termiche negative, sono quelle situate principalmente nella frangia nordovest- sudovest della città, ovvero Ponterotto, Sacro Cuore, Montà, Brentelle e Città Giardino. Per una completa analisi di dettaglio delle temperature superficiali e dell’intensità delle isole di calore (anomalia termica), con valori calcolati sulla media di ciascuna unità urbana». E' chirao che la cementificazione smodata di questi ultimi trent'anni ha non solo trasformato il territorio ma creato delle zone che ora sono maggiormente a rischio: In generale, i Comuni con la più alta densità abitativa e con la percentuale più elevata di anziani sono quelli più a rischio, per esempio Teolo (32.8% di anziani sopra i 65 anni), Battaglia Terme (27.9%), Abano Terme (26.8), Padova (25.5%).

L'arcipelago delle isole di calore in città

«Le analisi - prosegue Pappalardo -hanno inoltre indagato il rapporto tra aree con consumo di suolo ed isole di calore, trovando tra loro una correlazione positiva; il modello di regressione OLS (Ordinary Least Squares) utilizzato indica, per la città di Padova, un aumento medio di temperatura di 0.3 °C ogni 10% di suolo consumato (vedasi grafico). Tali risultati sottolineano la necessità di intervenire, con urgenza, sulle politiche di pianificazione urbana al fine di ridurre drasticamente il tasso di consumo di suolo annuale e di contenere le numerose deroghe alla legge regionale del 2017 (LR 14/2017) che già attribuisce, al Comune di Padova, un limite di 262,48 ettari di consumo di suolo al 2050. A tal proposito risulta utile ricordare che Padova è la quinta città in Italia per consumo di suolo (50% delle superfici cementificate), con alcune aree del territorio urbano estremamente critiche in termini di cementificazione e di scarsa presenza e distribuzione di spazi verdi, indispensabili per la mitigazione dell’intensità delle isole di calore urbano (Peroni 2020; Pristeri 2020, Pristeri 2021; ISPRA 2022). La recente “Strategia del Suolo per il 2030” (EU Soil Strategy 2030, adottata dalla UE il 17 novembre 2021) rimarca, inoltre, come sia prioritario evitare nuovo consumo di suolo, di mettere in atto sia misure di compensazione che prevedano anche la depavimentazione di aree critiche che quelle di mitigazione e adattamento, adottando le cosiddette soluzioni “Nature-based”, come la realizzazione di parchi, tetti e pareti verdi, ma anche la valorizzazione di corridoi fluviali e canali urbani».  Spiega il professor Salvatore Pappalardo che insieme ai colleghi Carlo Zanetti, Valeria Todeschi, Andrea Santaterra, Francesca Peroni, Edoardo Crescini, Daniele Codato, Francesco Facchinelli, Giuseppe Della Fera e Massimo De Marchi hanno condotto le ricerche: «Purtroppo, in Europa, la “forza” del cambiamento climatico è assai maggiore rispetto alla media globale: l’aumento di temperatura, comparata con valori preindustriali (1800), risulta essere attualmente quasi il doppio, ossia un incremento di +2.2 °C rispetto a quello medio globale di +1.2 °C (WMO, 2023). In tale contesto, il continente europeo sta diventando un “hotspot” per le ondate di calore, mostrando una tendenza all’aumento della frequenza di 3-4 volte maggiore rispetto ad altre aree delle medie latitudini», 

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