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Emergenza aviaria: una positività in un allevamento di tacchini

L’istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie (IZSVe) ha confermato ieri 20 febbraio un caso in un allevamento di circa 39mila tacchini da carne nel comune di Piove di Sacco. Le autorità sanitarie hanno immediatamente disposto le azioni di gestione del focolaio

Emergenza aviaria a Piove di Sacco. L’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) continua ad essere una seria minaccia per la sanità pubblica e la sostenibilità dell’industria avicola a livello globale. Il Centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria presso l’istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie (IZSVe) ha confermato ieri 20 febbraio una positività da virus H5N1 HPAI in un allevamento di circa 39mila tacchini da carne nel comune di Piove di Sacco. Le autorità sanitarie, a seguito della convocazione dell’unità di crisi regionale, hanno immediatamente disposto le azioni di gestione del focolaio e il monitoraggio negli allevamenti avicoli siti nelle zone di restrizione.

Rischio elevato

Si tratta di un evento molto particolare in questo periodo in Italia, anche se gli esperti considerano elevato il livello di rischio per gli allevamenti almeno fino a metà marzo. La vicinanza geografica degli allevamenti avicoli alle zone umide della laguna veneta, maggiormente frequentate da uccelli acquatici, impone di rafforzare l’applicazione delle misure di biosicurezza nel pollame e la sorveglianza nei volatili domestici e selvatici. Il centro di referenza sta monitorando con estrema attenzione la circolazione e l’evoluzione del virus HPAI, attraverso un’intensa attività di sorveglianza. «In Europa si è osservato un cambiamento delle specie di uccelli selvatici coinvolte e una maggiore diversificazione genetica del virus H5N1 – dichiara Calogero Terregino, direttore del laboratorio di referenza europeo (EURL) per l’influenza aviaria presso l’IZSVe – mentre in Italia quest’anno il numero di soggetti positivi tra gli anatidi è stato inferiore rispetto agli anni precedenti, nonostante l'epidemia di HPAI in Europa nel biennio 2022-2023 abbia nel complesso superato l'anno epidemiologico precedente. Gli esatti motivi non sono ancora del tutto chiari ma è probabile che molte specie aviarie stiano acquisendo una graduale resistenza verso i virus HPAI, il che rende la loro circolazione ancora più subdola e difficile da intercettare se non con un grande sforzo di campionamento».

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Cambiano le specie coinvolte, aumentano i genotipi virali

Tra le novità di questa ultima stagione invernale, in Europa si è assistito a un cambiamento delle specie più coinvolte dall’infezione dei virus HPAI. Se da un lato c’è stato un drastico crollo dei casi identificati nei gabbiani e nelle sterne, che lo scorso inverno erano stati decimati dal virus, altre specie sono state invece pesantemente colpite, come nel caso delle gru cenerine, morte a migliaia in tutta Europa. Sul fronte virale è stato osservato un forte calo dei rilevamenti del genotipo H5N1 denominato BB, che ha circolato ampiamente in Europa negli uccelli marini durante i mesi estivi. Da ottobre 2023 invece è aumentato il numero di altri genotipi in circolazione, molti dei quali non erano mai stati rilevati in Europa. Il cambiamento nella prevalenza dei genotipi individuati e l'aumento della loro diversità, probabilmente è dovuto alla diminuzione del numero di casi nei gabbiani e all'aumento della prevalenza nelle anatre e in altre specie di uccelli selvatici.

Ulteriori problemi

Altra novità rispetto agli anni precedenti è l'aumento ritardato del numero di positività ai virus HPAI negli uccelli acquatici, probabilmente a causa di un inizio più tardivo della migrazione invernale di diverse specie di uccelli selvatici per le alte temperature registrate in autunno; ad esempio, la migrazione autunnale del fischione nei Paesi Bassi ha raggiunto il suo picco circa 2-3 settimane più tardi nel 2023 rispetto ai tre anni precedenti. Negli anni precedenti questo aumento era già stato osservato all'inizio di ottobre, mentre quest'anno si è verificato solo a partire da novembre. Tra le specie più pericolose per la diffusione dei virus HPAI ritroviamo sempre le anatre selvatiche (germani, alzavole, fischioni, codoni, mestoloni, canapiglie). Queste specie sono in grado di trasportare virus anche molto patogeni per il pollame senza manifestare sintomatologia. Per questo motivo la cosiddetta sorveglianza attiva, ossia quella rivolta sugli animali apparentemente sani, è fondamentale 
per identificare il virus.

Collaborazione massima

Negli ultimi due anni i laboratori di virologia di Padova e Verona dell’IZSVe hanno svolto un’intensa attività di sorveglianza negli uccelli selvatici per acquisire informazioni essenziali sulla diffusione dei virus HPAI. Ancora Terregino: «Tra le armi di cui disponiamo per combattere l’influenza aviaria c’è sicuramente la sorveglianza negli uccelli selvatici, in particolare degli uccelli acquatici migratori, perché ci permette di intercettare precocemente la presenza del virus in un determinato territorio e di prendere le appropriate misure di prevenzione. La sorveglianza nei selvatici è importante anche per ampliare le nostre conoscenze sulla dinamica di diffusione di questi virus, capaci di adattarsi facilmente a nuove specie attraverso le quali possono colonizzare nuovi territori». Per le attività di sorveglianza sono state coinvolte le associazioni venatorie, i singoli cacciatori, le valli da pesca della laguna veneta i centri di recupero della fauna selvatica (CRAS). La collaborazione con queste realtà si è rivelata molto preziosa ai fini dell’individuazione precoce della circolazione di virus influenzali aviari HPAI nell’avifauna selvatica su tutto il territorio. Le associazioni venatorie e i singoli cacciatori hanno messo a disposizione i carnieri per cercare il virus che gli uccelli cacciati possono albergare al loro interno o trasportare sul piumaggio. In Veneto, gli animali conferiti tra ottobre 2022 e febbraio 2024 sono stati 2.809, dalle province di Verona, Padova, Rovigo e Venezia. Sono stati eseguiti 3.229 esami, con una positività del 2,3%. Sono state inoltre coinvolte le valli da pesca della Laguna Veneta che rappresentano delle ottime aree di svernamento per molti volatili selvatici. Qui, con la collaborazione dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), sono state installate delle gabbie utilizzate per catturare e poi rilasciare gli uccelli acquatici dopo essere stati inanellati, al fine di studiare i loro spostamenti durante le migrazioni. Anche da questi soggetti si prelevano campioni (tamponi) per ricercare i virus influenzali. Grazie anche al contributo dei Centri di recupero della fauna selvatica, sono stati identificati alcuni casi di infezione da virus HPAI in Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna in queste specie. Su 1.992 campioni analizzati, è risultato positivo il 2,36%, valore che conferma quanto osservato negli animali cacciati.

Cia Padova

«Nel corso degli anni gli allevatori hanno effettuato ingenti investimenti in termini di biosicurezza all’interno delle loro attività. Non è, dunque, da imputare loro l’arrivo dell’influenza aviaria in provincia, bensì alle migrazioni degli uccelli selvatici». Così Cia Padova sul caso di positività da virus H5N1 HPAI registrato in un allevamento di 39mila tacchini da carne a Piove di Sacco. «Le imprese non hanno mai abbassato la guardia, anzi – sottolinea il direttore di Cia Padova, Maurizio Antonini – I controlli da parte delle autorità competenti sono doverosi in una logica di massima sicurezzai». Come da ordinanza, sono state decretate una “zona di protezione” in un raggio di 3 chilometri in linea d’aria dal focolaio, e una “zona di sorveglianza” in un raggio di 10 chilometri. «Ora chiediamo celerità relativamente alla rendicontazione dei danni diretti e indiretti. Serve, in ultima analisi, una sburocratizzazione al fine di garantire i ristori in tempi congrui».

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