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Lo sportivo - ricercatore, Stefano Benetton: «I ghiacciai hanno "la febbre" e mutano velocemente»

«Il forte disequilibrio - spiega il geologo - in atto tra ghiacciai e clima ci suggerisce che anche se diminuissero le temperature, per un periodo significativo verrebbe mantenuta un'inerzia nella flessione dei giganti bianchi»

Lo abbiamo incontrato e intervistato qualche anno fa, Stefano Benetton. Laureato in geologia all'università di Padova con tesi magistrale su "Il ritiro del ghiacciaio della Marmolada: l'evoluzione della fronte dopo la Piccola Età Glaciale": «Dal 2012 segue le campagne glaciologiche per misurare la variazione di alcuni ghiacciai delle Alpi Orientali. Il ghiacciaio della Marmolada, come i ghiacciai alpini in genere, è in fase di ritiro e perdita di area e massa dalla fine della Piccola Età Glaciale, all'incirca a metà dell'Ottocento. Secondo gli studi svolti, dal 1874 al 2015 il ghiacciaio si è ritirato mediamente tra gli oltre 200 metri della fronte orientale e gli oltre 600 metri della fronte centrale, con l'area totale che si è ridotta del 69,4%. Sono stati poi condotti studi sull'altezza delle fronti glaciali, sulle velocità di scorrimento del ghiacciaio, sull'archivio fotografico, ecc». Lo avevamo conosciuto in occasione di una impresa sportiva, compiuta proprio sulla Marmolada, Stefano Benetton. 

Marmolada

«La strage avvenuta sulla Marmolada - ci spiega - si è verificata per una serie di motivazioni, tra cui le temperature molto elevate di questo periodo, che hanno portato lo zero termico a quote superiori ai 4000 metri e talvolta ai 4500 metri, con valori arrivati ad oltre 10 gradi sulla cima della Marmolada dove sono rimasti sopra gli 0 gradi anche durante la notte. In prossimità della zona di innesco della valanga, la temperatura era presumibilmente ancora un po' più elevata, essendo situata ad una quota inferiore rispetto a Punta Rocca, poco a nord della stazione a monte della funivia che da malga Ciapela porta nelle vicinanze della vetta più alta delle Dolomiti». Benetton spiega anche che tipo di valanga si è quindi creata: «La pendenza elevata del pendio nella zona di distacco dell'ammasso di ghiaccio e la presenza di crepacci trasversali, sono altre cause che hanno contribuito ad innescare il crollo. Inoltre la presenza di una pellicola d'acqua creatasi per le temperature elevate, situata fra il ghiacciaio ed il substrato roccioso, potrebbe aver agito da lubrificante favorendo il movimento di scivolamento gravitativo lungo il pendio. La valanga della Marmolada inoltre è stata diversa da quelle invernali, coinvolgendo prevalentemente ghiaccio e rocce anziché neve, determinando una densità e pericolosità maggiori».

Mutazioni

Ora, anche se forse è un po' tardi, ci si interroga su cosa potrebbe riservarci il futuro: «Il miglior modo per tentare analisi sul futuro è lo studio del passato. Ed il trend registrato dalla metà degli anni Ottanta ad oggi è di un forte riscaldamento globale, di cui i ghiacciai sono fedeli termometri, variando la loro dimensione sulla base della temperatura. Ora i ghiacciai hanno la febbre. Ed il forte disequilibrio in atto tra ghiacciai e clima ci suggerisce che anche se diminuissero le temperature, per un periodo significativo verrebbe mantenuta un'inerzia nella flessione dei giganti bianchi, come ci dicono gli studi. Molti sono già scomparsi, altri stanno scomparendo, altri si stanno trasformando in rock glaciers, altri più grandi, a quote più elevate o maggiormente protetti dai raggi solari ancora resistono. Potrebbe essere un tempo irripetibile, ecco perché è importante monitorare i ghiacciai che veloci come non mai, mutano ogni anno».

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