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Cronaca

Mose, il tesoro di Galan porta a galla il "nero" degli imprenditori veneti. Sequestri per 12 milioni

Dal tesoretto di Giancarlo Galan a quelli degli imprenditori veneti. Le tangenti del Mose hanno permesso di scoprire il “nero” di molti altri professionisti, soldi che approdavano nei paradisi fiscali grazie a quattro padovani ora indagati. A loro e ad altri due intermediari sono stati sequestrati oltre 12 milioni di euro

Sei gli indagati nella maxi inchiesta condotta dalla guardia di finanza di Venezia. Mercoledì il blitz decisivo, che su disposizione del Gip ha portato al sequestro di 12 milioni di euro in conti correnti, quote societarie e immobili. Sono i proventi incassati dai professionisti che hanno aiutato l'ex governatore a nasondere il tesoretto guadagnato con il Mose.

Il via alle indagini

L'inchiesta è nata sulla scorta di quella che nel 2014 ha portato all'arresto di 35 persone nell'ambito del giro di mazzette e corruzione attorno al progetto Mose. Al centro dello scandalo Giancarlo Galan, ex governatore del Veneto e sottosegretario del governo Berlusconi che aveva patteggiato due anni e dieci mesi. Mancavano però all'appello i soldi intascati da Galan, circa un milione e mezzo di euro. Soldi ad oggi non sono stati recuperati: pedinando i suoi movimenti bancari, gli inquirenti sono risaliti alle cifre intascate dai commercialisti e collusi compiacenti (circa 300mila euro) scoprendo parallelamente altre maxi evasioni.

Non solo Galan

A quanto appreso, il denaro di Galan sarebbe approdato in un conto corrente croato. Dal 2015 però, con l'indagine che ha coinvolto l'ex governatore e il suo commercialista di fiducia Paolo Venuti, del gruzzolo si sarebbero perse le tracce. Si è scoperto dove era nascosto, ma non dove effettivamente il denaro si trovi ora. A quanto appreso, il denaro sporco veniva trasferito su dei conti svizzeri grazie ad alcuni prestanome, poi di nuovo su un conto aperto alla Veneto Banka di Zagabria. E li sarebbe rimasto, al sicuro. Ma la ricerca dei soldi dell'ex governatore ha portato a galla un groviglio di riciclaggio che coinvolge molti altri professionisti e imprenditori veneti. Il blitz di mercoledì ha infatti permesso di squestrare circa 323mila euro, denaro che i prestanome e commercialisti assoldati da Galan avrebbero guadagnato trasferendone il tesoretto su conti esteri. Oltre 11 milioni appartengono invece a imprenditori e professionisti venti e padovani, che avrebbero nascosto il denaro "nero" in conti esteri che fanno capo a paradisi fiscali. Dall'Italia passavano per i conti svizzeri intestati a società di Panama o delle Bahamas, per poi tornare in possesso degli evasori che li reinvestivano in immobili tra Dubai, il Veneto e la Sardegna.

Cupola padovana

Operazioni complesse, che richiedono la mano di professionisti. Ma chi ha reso possibile la scomparsa del tesoretto dell'ex governatore e di quelli degli altri presunti evasori? Da ieri i responsabili, tutti accusati a vario titolo di riciclaggio ed esercizio abusivo dell'attività finanziaria, hanno un nome. E i vertici sono tutti padovani. Christian e Guido Penso, commercialisti con studio a Padova, Alessandra Farina, insegnante e moglie di Paolo Venuti, commercialista di fiducia di Galan e i suoi due fiduciari svizzeri, Bruno De Boccard e Filippo Manfredi San Martino di San Germano d'Agliè.

Una padovana nascondeva i soldi dell'ex governatore

Burattinai del maxi riciclaggio erano i Penso, Guido 77enne e Christian 50enne, prestanome e gestori della fuga all'estero delle tangenti. Tra il 2008 e il 2015 i due avrebbero acquistato quote della Adria Infrastrutture (azienda riconducibile a Galan durante lo scandalo Mose) con la loro società Pvp (di cui erano soci di maggioranza). Autentici prestanome, che poi hanno trasferito in Svizzera il tesoretto da 1,5 milioni successivamente spostato sul conto corrente croato. E qui entra in scena Alessandra Farina, 60enne insegnante padovana moglie di Paolo Venuti, commercialista e amico di Galan oltre che collega dei Penso. A lei era intestato quel conto, dove è stato depositato il gruzzolo incriminato e che le è costato l'accusa di riciclaggio. Questo dunque il percorso delle mazzette di Galan, che però dal 2015 risultano irreperibili. Cercando quei soldi è venuto a galla il giro di riciclaggio che coinvolge gli altri imprenditori.

Indagini internazionali

Il collegamento con Venuti (anch'egli nuovamente indagato) ha portato alla luce il più ampio giro di denaro “nero” non solo di Galan ma di molti altri furbetti del Mose ed evasori dell'imprenditoria veneta. Tra questi anche il titolare di una nota impresa calzaturiera padovana che avrebbe evaso 33 milioni. Con i Penso, Venuti faceva transitare il denaro evaso su conti esteri di società con sede nei paradisi off-shore, uno dei quali appartenente alla Mossak&Fonseca celebre per l'inchiesta Panama Papers. Li hanno scoperti grazie a numerose rogatorie in paesi come la Svizzera, il Principato di Monaco e l'Indonesia. Una perquisizione in Svizzera ha fatto emergere una lista di società italiane che avevano affidato i loro soldi sporchi ai professionisti padovani. Nel paese elvetico i Penso e Venuti si affidavano a due uomini di fiducia, Bruno De Boccard e Filippo Manfredi San Martino anch'essi indagati.

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