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Cronaca

La cooperativa sociale Gruppo R e il progetto rivolto agli uomini maltrattanti

Alice Zorzan: "Una volta erano visti solo come servizi che tolgono soldi ai progetti per le donne, oggi se ne è invece capita l'utilità. La priorità però rimane sempre la vittima"

“Noi abbiamo una casa di accoglienza dal 2011, per donne vittime di violenza”, spiega Alice Zorzan, del Gruppo R.  “Il nuovo progetto che abbiamo presentato riguarda la messa in rete di enti che lavorano con gli uomini maltrattanti e le realtà del pubblico, quindi i comuni, per svolgere degli incontri di informazione che andremo a fare nei territori. Un'altra fase è quella della supervisione riguardante gli operatori impegnati in queste attività per condividere le metodologie. Anche gli operatori hanno bisogno di continua formazione e aggiornamenti”.

Gli uomini maltrattanti

Gli uomini maltrattanti. Come entrate in contatto con loro? “Dopo il contatto iniziale sono previsti dei colloqui introduttivi, propedeutici all’inserimento in un percorso di gruppo, in cui gli uomini possono confrontarsi tra loro. Durante questa fase si possono prevedere dei colloqui sia per valutare l’andamento del percorso, sia nel caso vengano riportati comportamenti violenti. Il percorso prevede un contatto obbligatorio da parte degli operatori con la donna maltrattata, allo scopo di informarla relativamente ai percorsi di sostegno presenti nel territorio e contribuire all’attivazione di interventi che garantiscano la sua sicurezza”.

Le diverse facce della violenza

La violenza ha tante sfaccettature: “Si tratta non solo di violenza fisica ma anche psicologica, economica, sessuale, assistita, intesa come figli che assistono alla violenza familiare. I maltrattanti giustificano e razionalizzano il proprio comportamento violento attraverso la negazione, la minimizzazione, la colpevolizzazione della vittima. La colpa può ricadere su specifiche problematiche della relazione di coppia, su fattori di stress o altro. Nostro compito è individuare queste criticità e lavorare per arrivare a correggere certi gravi comportamenti”.

La violenza non è una malattia

Si può curare, un uomo dedito maltrattante? “La violenza non è una malattia, ma un modo di porsi nelle relazioni che fa leva su un’importante componente culturale; ha a che fare con il potere e con la disparità. La violenza domestica è parte delle consuetudini sociali e culturali ed è quindi spesso considerata come un comportamento normale ed accettabile. Per queste ragioni, il percorso che proponiamo parte proprio dall’importanza del cambiamento culturale. Un cambiamento culturale favorito dal confronto con altri uomini che vivono situazioni simili alla propria: lo scambio di esperienze e la condivisione del disagio può favorire la comprensione e l’accettazione del problema”.

I progetti

Cosa c’è di nuovo nel progetto che proponete? “Per quanto riguarda l’aspetto innovativo del progetto c’è un’attività di analisi che mette insieme i dati raccolti dai centri anti violenza e il lavoro fatto con gli uomini maltrattanti. Questo lavoro è fatto nell’ottica della prevenzione”. Senza perdere mai di vista le vittime, si fa tutto questo: “L’obiettivo primario rimane sempre quello di eliminare la violenza, mettere le donne in protezioni insieme ai loro figli”. Incontri di aggiornamento e confronto tra queste realtà nell’ottica di uno studio di un possibile modello integrato di intervento che faccia dialogare i servizi proposti alle donne e quelli proposti agli uomini. “C’era parecchia sfiducia sul fatto di lavorare insieme i due servizi, i risultati che stanno arrivando però hanno fugato i dubbi anche dei più scettici. Una volta erano visti solo come servizi che tolgono soldi ai progetti per le donne”.

I percorsi

"Dopo il contatto iniziale sono previsti dei colloqui introduttivi, propedeutici all’inserimento in un percorso di gruppo, in cui gli uomini possono confrontarsi tra loro. L’obiettivo è che lui prenda responsabilità e consapevolezza rispetto ai suoi agiti violenti. Durante questa fase si possono prevedere dei colloqui sia per valutare l’andamento del percorso, sia nel caso vengano riportati comportamenti violenti. Il percorso prevede un contatto obbligatorio con la donna maltrattata allo scopo di informarla relativamente ai percorsi di sostegno presenti nel territorio e contribuire all’attivazione di interventi che garantiscano la sicurezza

La violenza non è una patologia

La violenza non è una malattia, ma un modo di porsi nelle relazioni che fa leva su un’importante componente culturale; ha a che fare con il potere e con la disparità. La violenza domestica è parte delle consuetudini sociali e culturali ed è quindi spesso considerata come un comportamento normale ed accettabile. Per queste ragioni, il percorso che proponiamo parte proprio dall’importanza del cambiamento culturale. Un cambiamento culturale favorito dal confronto con altri uomini che vivono situazioni simili alla propria: lo scambio di esperienze e la condivisione del disagio può favorire la comprensione e l’accettazione del problema. 

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