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«Le donne devono essere uccise per meritare un ricordo?»: si riaccende la polemica sulla statua in Prato

La recente proposta dell'assessorato alla Cultura, Andrea Colasio, di dedicare una statua alle vittime di femminicidio in Prato della Valle, oltre ad essere stata stoppata già sul nascere ha innescato una potente reazione da parte di diverse associazioni non solo patavine

La recente proposta dell'assessorato alla Cultura, Andrea Colasio, di dedicare una statua alle vittime di femminicidio in Prato della Valle, oltre ad essere stata stoppata già sul nascere ha innescato una potente reazione da parte di associazioni, cittadine e cittadini, che scrivono all’Amministrazione di Padova in merito a questa, per sopperire all’assenza di statue di donne in Prato della Valle.

Tra dicembre 2021 e gennaio 2022, montò a Padova un enorme dibattito sull’assenza di donne tra le 78 statue che popolano il pantheon cittadino di Prato delle Valle, soprattutto dopo che i consiglieri comunali Margherita Colonnello e Simone Pillitteri proposero di riempire uno dei plinti vuoti con la statua di Elena Cornaro Piscopia. La vicenda esplose sui giornali nazionali e internazionali tanto da arrivare al New York Times. A febbraio 2022 il consiglio comunale approvò all’unanimità una mozione che impegnava l’amministrazione a realizzare una statua a una figura storica femminile, padovana, in Prato della Valle: Elena Cornaro appunto.  

Associazione Mi Riconosci?, Toponomastica Femminile, Arci Padova, Circolo Nadir, Spazio Catai.Gruppo di lavoro “Storie di sessualità e genere” - Dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità dell'Università di Padova, Società Italiana delle Storiche, Rete dei Beni Comuni di Padova, Break the Silence Italia sono tra i primi firmatari di un documento diventato poi petizione che sta raccogliendo davvero tante adesioni oltre che rilanciare la discussione sul tema. Un documento che è stato anche sottoscritto da Chiara Gallani e Marta Nalin, consigliere comunali di Coalizione Civica, Alessandro Tognon, consigliere comunale del Partito Democratica e Nadia Filippini, Università Ca’ Foscari di Venezia. «Dopo l’approvazione della mozione, la proposta cadde nel vuoto e seguì un lungo silenzio fino a martedì 5 dicembre, quando una commissione consiliare è stata convocata per chiedere chiarimenti sullo stato del progetto. L’assessore alla Cultura Andrea Colasio, rifacendosi alla storia del busto dedicato nel 1654 a Lucrezia Dondi dell’Orologio, vittima di femminicidio, ha paventato tra le righe l’idea di dedicare un monumento a una donna - o a più donne? - che ha - o hanno? - subito lo stesso destino, associando il memoriale seicentesco alla vicenda di Giulia Cecchettin. Nonostante la proposta non abbia trovato nessun consenso, il giorno seguente l’assessorato sui giornali rilanciava la stessa idea respinta in commissione, con esplicito riferimento al recente femminicidio. Una soluzione che non va a scardinare i problemi culturali che ci racconta anche Prato della Valle: la supremazia maschile e la sistematica cancellazione delle donne dalla storia. Una statua a una vittima di femminicidio andrebbe infatti solo a rafforzare questa prospettiva maschilista: rappresentare la donna in quanto vittima, congelandola in questo ruolo con un monumento, non può infatti che confermare, rafforzare, celebrare la violenza e la mentalità che ha portato a questo ennesimo femminicidio. C'è un modo molto migliore per rendere onore a Giulia Cecchettin e ce lo ha già indicato la sua famiglia: promuovere un cambiamento culturale attraverso percorsi educativi mirati e trasversali. Ci sono tante grandi donne nella storia di Padova, pittrici, scrittrici, benefattrici, attrici, professoresse, figure politiche che meritano un ricordo pubblico ma che sono state rimosse dalla memoria collettiva.I risultati del censimento dei monumenti femminili italiani realizzato dall’associazione Mi Riconosci? dimostrano che, senza un percorso di autocoscienza partecipato, condotto da associazioni e persone che si occupano dei temi che si vuole trattare, i monumenti commissionati dall’alto rischiano di risultare offensivi, stereotipati e svilenti delle categorie di persone che si vanno a rappresentare. Per soddisfare la richiesta di rappresentanza femminile sul suolo della nostra città, è necessario innanzitutto acquisire insieme la consapevolezza di cosa significhi dedicare un monumento e capire perché, sino ad ora, la città non abbia mai pensato ad una donna per farlo. Abbiamo bisogno di capire chi, dove e perché, di farlo insieme attraverso il coinvolgimento di tutti i cittadini e tutte le cittadine, dopo un’adeguata riflessione collettiva. Diciamo no ad un ennesimo monumento alle donne in quanto vittime. Chiediamo all’amministrazione comunale di farsi promotrice di un processo partecipato con la cittadinanza, che porti a un prodotto artistico dignitoso, attraverso linguaggi contemporanei che parlano alla nostra comunità e diano finalmente visibilità all’intelligenza, alla creatività, all’impegno delle donne».

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